Dato che rompersi le ossa non ha funzionato, proverò un nuovo metodo di difesa: sparire.
Fuggo dalla pista di ghiaccio troppo velocemente perché qualcuno lo noti. Sono una macchia sfocata. Fanculo le dita dei piedi - sono un fulmine.
Macché.
Sono solo uno scoppiato, ecco cosasono.
Arrivo al parcheggio prima che riescano a prendermi.
«Jonah!» Naomi mi corre dietro tutta traballante su quelle gambine.
«Ma che diavolo t'è preso?»
Sento tanto caldo, nonostante il vento freddo della sera. Mi strappo la giacca di dosso e gliela
porgo. Lei la prende. La fascia trema al vento e la mia spalla cigola avanti e indietro.
«Pensano che sia pazzo. Tutti pensano che io sia pazzo.»
«Ehi, rallenta.»
La luce della luna brilla sui tettucci delle auto. Sono solo le sette, perché diavolo è così buio?
Odio l'autunno.
«Prima o poi faranno caso alla tua spalla» dice.
«Non m'importa. Puoi portarmi via di qui?»
Naomi - la mia complice. La mia via di fuga.
Si lecca le labbra e alla fine dice:
«Ok, andiamo. Però volevo vedere Jesse».
Mi scaravento verso la macchina.
«Si sta ammazzando!»
«La squadra si prenderà cura di lui.»
«Nessuno ha idea di come prendersi cura di lui. È proprio questo il problema» dico spalancando
violentemente la portiera e buttandomi sul sedile. Nuvole di rabbia mi escono dal petto ogni volta
che espiro.
«Ho solo bisogno di andarmene di qui.»
Lei s'incasina con le chiavi.
«Ti dài una mossa? A quest'ora mi staranno già cercando.»
Mentre guida, le racconto tutto quello che mi ha detto Mockler.
«Oh, cazzo!» esclama tirando pugni al volante.
«Charlotte gliel'ha detto...?»
«Lei... ma che ne so.»
«Non ti ha dato nemmeno modo di spiegarti! Non te ne ha dato neanche la possibilità!»
In effetti sembrava proprio il minimo che avrebbe potuto fare. Bastava che mi stesse vicino...non c'era bisogno di ricorrere a un gesto così vile.
Il mio petto è un blocco di ghiaccio.
«Che stronza» fa Naomi.
«Nom, lo so già! Lo so che non è perfetta! Dacci un taglio!»
Naomi alza le braccia.
«Non urlare con me! Sono l'unica che è ancora dalla tua parte, chiaro?»
Mi prendo la testa fra le mani.
«Guida e basta.»
«Dove andiamo?»
Deglutisco. Pensa, Jonah. Devo mettere a posto le cose. Devo trovare il modo, con o senza
Charlotte. Ce la devo fare. Con le mie sole forze.
«Lavoro» dico.
«Al videonoleggio.»
Lei strabuzza gli occhi.
«Sul serio?»
«Vai. Ho bisogno di parlare con Max.»
Naomi arriva al parcheggio molto più velocemente di quanto Charlotte abbia mai fatto. Ilcampanello che suona quando apro la porta non aiuta per niente il mio mal di testa.
Antonia si alza alla svelta dalle ginocchia di Max. Oddio, ma qui ci sono dei clienti. Nonpotevano aspettare? Devono sempre sbattere le loro cose in faccia a tutti?
«Devo parlarti» dico.
Max si alza in piedi.
«Jonah, siediti.»
«No, non posso. Dobbiamo parlare. E alla svelta.»
«Hai un aspetto terribile. Siediti.»
Antonia si alza e lo prende per un gomito.
«E zoppica pure.»
«No, non è... non è questo che importa. Senti, Max, ho bisogno... di una via d'uscita, un modoper evadere, uno di quei bei film col lieto fine...»
Max alza le mani e inizia a indietreggiare, un passo dopo l'altro, come se mi stessi trasformando
in lupo.
«Jonah, forse è il caso che te ne vada.»
«No, io non...»
Tutti i clienti mi tengono gli occhi incollati addosso.
«Che c'è?» urlo.
«Io non sono pazzo! Non sono pazzo!»
«Jonah, vattene!» esclama Antonia.
Poi mi ricordo solo di essere uscito nella notte nera, fredda, interminabile, e mi ricordo di Naomi
che mi dice:
«Jonah, dobbiamo andare a casa», e quelle parole formano il suono più meraviglioso einsieme disgustoso che abbia mai sentito.