Jesse piomba di volata nella mia stanza d'ospedale, gocce di sudore sul suo ispido labbro superiore,
le braccia in aria.
«Ma che cazzo!»
Mi copro il viso con la mano buona.
«Avevo detto a Naomi che non doveva chiamarti.»
«Ah sì? E io dico a te di non azzardarti più a fare una cosa simile. Sono serio, Jonah, che cazzocombini? Non t'era bastato il giro di stamattina al pronto soccorso?»
«Tecnicamente è stato ieri» farfuglio.
Ci aveva messo quasi un'ora di macchina ad arrivare. Questa è una lurida clinica privata appenafuori città - sai com'è, devo sempre cambiare ospedale.
Lui cammina avanti e indietro, agitando i pugni.
«Questa cosa deve finire. Porca puttana, Jonah.
Tutto questo deve finire.»
«Lo so.»
Si appoggia alla parete gialla con lo sguardo rivolto al soffitto, come se cercasse una soluzione.La lentezza con cui la morfina scende nella flebo è atroce.
Attraverso il citofono l'infermiera Glenda viene richiamata all'accettazione.
«Come stai?» chiedo.
«Io sto bene, fratello, ma sono fuori di me... Dio mio, Jonah, sono preoccupato per te.» Si siedeai piedi del letto e si tira via il giubbotto con noncuranza.
«Assurdo. Naomi dice che piangevisinghiozzando.»
Muovo il braccio e mi tiro su a sedere portandomi le ginocchia al petto, dato che non so dovemettere il mento che trema.
«La spalla è uscita e s'è rotta. Sono cose che fanno male, più di unasemplice frattura.»
Allunga una mano e mi tocca la fascia che ho intorno al collo. Tutto questo dolore e non mimerito nemmeno un gesso nuovo. Solo una fascia da sfigato.
«E il gomito?»
«Rotto.»
«Altro?»
«Altre tre costole.»
+ 1 spalla
+ 1 gomito
+ 3 costole. Totale = 24.
Lui mi guarda di sbieco.
«Ma non te l'eri già rotto il gomito?»
«Sì, l'altro.»
Sospira e si abbandona all'indietro passandosi una mano fra i capelli ricci. «Mamma e papà
s'incazzeranno a morte.»
«Non c'è bisogno che vengano a saperlo. Non mi metteranno un altro gesso. Solo questa fascia.Dirò loro che mi faceva male il polso. Non devono per forza saperlo, e nemmeno Charlotte, così
come Max e Antonia. Nessuno deve saperlo.»
«Jonah. Capiranno che hai qualcosa che non va al braccio.»
«Non se m'impegno. Ascolta. Ce la posso fare» insisto. «Sistemerò tutto.»
Continua a scompigliarsi i capelli.
«Senti ancora molto dolore?»
Scuoto la testa con gli occhi fissi sulla trapunta.
«Hai avuto paura?»
Rivedo in un flash la caduta come uno spaventoso film in clay animation. Vedo il mio corpofondersi col cemento, con Naomi, fino a riempire la piscina intera.
Lui abbassa la voce - il tono, non il volume.
«Ehi, stai bene, fratello?»
La quarta sensazione è l'ansia.
«Puoi rimanere qui finché non torna Naomi? È andata a prendermi del ghiaccio.»
«Uh-huh.»
Mi sposto subito a lato e gli faccio cenno di sedersi accanto a me. Lui si siede con i pugni sulle
ginocchia, non tossisce. Non ci tocchiamo ma il conforto della vicinanza ci unisce.
Nessun rimpianto.