Ventitre

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I posti per le famiglie sono proprio dietro la panchina. Riusciremmo a vedere Jesse da vicinissimo, se solo non giocasse sempre.


Prima venivamo sempre tutti insieme ma ora la mamma rimane a casa col bambino. Non lo fanno


mai uscire. Credo sia perché hanno paura di cosa potrebbe dire la gente se lo sentisse piangere in


quella maniera.

Do a papà un colpetto sulla spalla. «Guardalo.»


Lui smette un secondo di urlare e si volta verso di me. «Sta andando alla grande.»


«È così pallido.»


Papà si tira su le maniche del giubbotto di jeans.
«Sta bene.»


«Sembra malato.»


«Non esagerare.»


«Ah, sono io che esagero.»


Il disco punta dritto verso il bastone di Jesse e noi esultiamo guardandolo mentre scivola sul


ghiaccio.


«Non pattina bene» dico.


«Non è vero.»


«Barcolla.»


«Jonah. Ti dico che sta bene.»


Papà non capirà mai. Non m'importa se ha avuto una sorella allergica. Lei non era Jesse e non

aveva nemmeno la sua forza di volontà. Nessuno ce l'ha.


Distolgo lo sguardo da Jesse e do un'occhiata alle gradinate.
«Vedi Charlotte?»


«No. E nemmeno Naomi.»


Ma proprio mentre dice così, vedo Naomi in piedi sullo zaino, che si sporge dal divisorio di

plastica tra le gradinate e la pista. È lì che batte le mani avvolte nei guanti e grida:
«Vai, Jesse!». Ha

le guance fucsia per il freddo.


Sarebbe davvero carina, se solo non fosse pazza come un cavallo.

La squadra avversaria ferma il gioco e Jesse si piega in avanti con le mani sulle ginocchia. Sono


sicuro che sta respirando a fatica. Le sue spalle vanno su e giù dentro la divisa.


Do di gomito a papà. «Guarda.»


«Jonah, smettila di mettermi paura.»


«Non dovrebbe essere lì a giocare.» Mi alzo e urlo «Jesse!», finché non si volta a guardarmi.


Sollevo i pollici e lui fa subito lo stesso.


«Vedi» fa papà.
«Sta bene.»


Jesse fa l'occhiolino a Naomi e ricomincia a respirare affannosamente.


«C'è qualcosa che non va.»


«Abbi fede. Andrà tutto bene.»


I miei tendono a indirizzarti alla fede, quando non hanno consigli migliori da darti. Il fatto è che

loro stessi sembrano raramente ricorrere a essa. Vogliono che lo faccia io per loro. Forse questo è il

motivo per cui hanno fatto dei figli.


«Prendi fiato, Jesse!» gli urlo.


Lui mi urla qualcosa a sua volta ma non riesco a sentirlo. È troppo lontano, ma il mio sensore per

Break - Ossa RotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora