Ventisei

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A casa dormo per due ore, poi mi sveglio e vorrei uscire, ma mamma e papà me lo impediscono.


Vogliono starmi vicini! Vogliono parlare! Papà non è nemmeno andato a lavorare per rimanere a casa


accanto al suo caro figliolo.


Mi fanno sedere sul divano accanto a loro e vogliono che guardiamo dei quiz in tv. Che il mio

cervello si spappoli all'unisono con il loro.

Ma non mi guardano negli occhi quando me lo chiedono.


«Ho bisogno di parlare con Charlotte.» Indosso una vecchia t-shirt grigio sbiadito troppo stretta.


Mi tira sulle spalle.
«Devo sistemare alcune cose prima di andarmene.»


Papà indossa vestiti da casa, per la prima volta da settimane, e la cosa non fa che renderlo ancora


più goffo.
«Jonah, perché non rimani qui con noi? È il tuo ultimo giorno a casa. Non vuoi che Jesse ti

trovi qui quando torna da scuola?»


Oddio, allora non hanno proprio capito nulla.


Mi verrebbe da dire:
«State scherzando? Cosa vi fa pensare che voglia vedere Jesse? Da quando

in qua me ne frega qualcosa di Jesse?», così, tanto per vedere la loro reazione.


E invece dico:
«Eddai. Charlotte è una brava ragazza. È stata lei a dire tutto a Mockler,


ricordate?».


La mamma si arrotola una manica.
«Lascialo andare.»


Lui si gira di scatto. «Dannazione, Cara, secondo te questo è il momento giusto?»


Poi iniziano a urlarsi in faccia e io sgattaiolo fuori. Nessuno sforzo. Auguro a tutti dei genitori

snaturati come i miei.


Scherzo.


Casa mia è lontana da scuola, ma non ho scelta. Non c'è Jesse a darmi un passaggio. Non so se

glielo lascerei fare in ogni caso.


Ho freddo con addosso solo la t-shirt e la fascia, ma non ci faccio troppo caso. Guardo tutte le

case e mi immagino la gente felice che ci vive. Me la immagino che prepara dei panini, chiama i

parenti o... be', non so bene cosa fa di solito la gente normale.


Ma che diavolo ho che non va?


Non mi è mai passato per la testa di essere pazzo. Ma da quando ho parlato con la Schneider non

riesco a smettere di pensarci... cioè, in fondo lo sapevo che quel che facevo non era proprio una

cosa normale, ma non avrei mai detto d'essere matto.


Non lo pensavo affatto.


Volevo solo essere più forte. E invece tutti pensano che mi manchi qualche rotella. Persino

Charlotte, Naomi e Jesse - proprio le ultime persone che dovrebbero pensarlo.


Camminare mi fa un male cane. A ogni passo mi viene da vomitare. Mi pulsano le dita dei piedi -mi sta venendo via la fasciatura del piede sinistro. A un certo punto non ce la faccio più e mi fermo alla più vicina fermata dell'autobus. Mi sento come uno che tenta di nascondersi in una cabina di

vetro. Che ci prova ma non ci riesce.

Da una casa poco distante proviene una specie di musica rap, sembra la colonna sonora di

Break - Ossa RotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora