6th

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Caro Ian,
tu sai, meglio di chiunque altro, quanto le parole mi affascinino e mi facciano schifo allo stesso tempo.
Un insieme di lettere che arrivano dritte al cervello, dritte al cuore.
Le parole sono la cosa più bella che l'uomo potesse aver mai creato: un sistema di suoni e segni che formano nella nostra mente un'idea precisa; capaci di convincerci di una cosa che ritenevamo sconvenievole; a volte petali di rose per il cervello, a volte lame per il cuore.

Le parole, quelle giuste, quelle belle, possono portare un umano a provare una forza talmente forte verso che le ha dette, tanto da mostrarsi per quello che veramente è, senza barriere, senza maschere.
L'amore è probabilmente una delle dirette conseguenze di queste parole belle, brillanti. L'amore stesso è brillante, prezioso, e quello che tutti i poeti hanno sbagliato, nel corso dei secoli, era cercare un paragone e collegare l'Amore alla luce, alle stelle, alle cose più belle che la natura ci offre ogni giorno.
Ecco, l'errore. Le cose preziose, come l'Amore e le belle parole, non vanno paragonate alle cose normali. Non puoi paragonare un diamante a un semplice anello di Accessorize, non puoi paragonare la più bella canzone che conosci a un semplice Jingle di una pubblicità scadente, non puoi paragonare l'Amore a qualcosa che abbiamo tutti i giorni.
L'amore è l'amore, una cosa di per sé, troppo forte, troppo bella per essere normale, come tutti il resto.

L'amore è l'amore, come le parole sono le parole. E tu ci sapevi fare con le parole. Con la tua voce bassa e calda, sussurrata contro il mio orecchio, ogni parola suonava la più bella che avessi sentito fino ad allora.
Ma quello che ti mancava, a quanto pare, era l'amore. Magari per un po' ce l'avevi anche, non posso —e non voglio— saperlo, ma era evidente che non ci fosse più ad un certo punto. Svanito, come le mie ragioni dopo che mi ha lasciato in quella maniera così squallida.
Sai, però, non sei l'unico paroliere abile che conosco. Joe, anche se non sembra, nella sua semplicità sa colpire il punto giusto nel momento giusto.

Un giorno in cui io, Joe e Con dovevamo incontrarci a Chicago, mi ammalai. Tutte le sfighe del mondo erano su di me, sotto forma di tosse, raffreddore, mal di testa, febbre e ciclo. Avevo deciso di annullare tutto, ricevendo anche insulti poco carini da Connor, ma dopo meno di un'ora il campanello suonò. Non era Gloria, la domestica, perché aveva una settimana libera, non era papà, perché stava in Giappone in tour. Così, mi diressi lentamente verso la porta, per vedere chi fosse. Davanti mi ritrovai Joe e Con, con in mano mille buste e zaini pieni.
"Ragazzi, cosa-"
"Se tu non puoi venire alla festa, la festa viene da te" rispose Connor, entrando in casa senza chiedermi permesso. Mi girai per parlare a Con, ma nel frattempo Joe si sporse e mi diede un bacio sulla guancia. Poi mi superò, e seguì Connor in salotto.
"Abbiamo preso tutto il necessario per ogni tuo male". I due capovolsero le borse in coordinato, con un sorrisone in faccia memorabile. Un miliardo di dvd, coperte, cuscini e schifezze del supermercato finirono per terra.
Tre ore dopo, stavamo distesi sui due divani che avevo in salotto, io e Joe su uno, Con e il gelato sull'altro. Ad un certo punto, Connor si alzò dal divano, per andare in bagno, e Joe si voltò verso di me.
"Puoi stare male quanto vuoi, ma sei sempre una rosa in un campo di papaveri". Non cercai nemmeno di nascondere la sorpresa, quando quelle parole mi colpirono le orecchie, e Joe scoppiò a ridere, tirandomi poi in un abbraccio stretto.
Stavamo parlando, e Joe aveva quel sorriso smagliante tipico, mentre Connor, nascosto dal corridoio davanti al salotto, ci faceva una serie di video che pubblicò su snapchat. Dopo un po', Joe se ne accorse, e senza darlo a vedere, prese un cuscino tra le mani, per lanciarlo verso Connor. Lui scoppiò a ridere, mentre Joe scuoteva la testa divertito.

Non ci sono parole per descrivere come il mio cuore si sentisse leggero, in pace con tutto, in quel momento. Non rendono la sensazione, non riescono a dipingere l'effetto benefico che produsse quel pomeriggio nella mia mente. Anche il lessico più dettagliato, appropriato e completo risulterebbe una limitazione delle vere sensazioni che mi provocarono quei due ragazzi.
Le parole sono belle, piene di significato e infinite, ma la maggior parte delle volte, una sensazione o una situazione particolarmente significative non hanno parole, intorno a loro, per essere descritte in tutta la loro magnificenza.
Tre giorni fa, per esempio, quando la guida venezuelana mi ha portato davanti al monte Roraima. A primo impatto, un tuffo al cuore mi ha fatto quasi spaventare alla vista di quel tepui senza cima circondato da nuvole. Mentre salivamo, la guida mi ha spiegato il mito che gli Indios affibbiavano alla forma particolare del monte.
E oggi, dopo tre giorni, siamo arrivati sulla cima della montagna. Lunga fino all'orizzonte, mi sentivo così piccola rispetto alla magnificenza del posto.
"Si quieres, puedes gritar. Muchísimos turistas lo hacen" mi ha detto la guida, con un sorriso divertito. Mi sono poi voltata verso il vuoto nuvoloso, e ho gridato, per far capire a tutti che mi sentivo estremamente bene, in quel momento.

Ma ancora, le parole non bastano, non riescono a descrivere l'immagine di avere i piedi su quel piano rialzato di 2000 metri, così magico e quasi anormale.

Certe cose vanno vissute e basta, senza sentire il bisogno di raccontarle agli altri.

dal Venezuela con furore,
ROnnie.

___[N/A]___
eeeeeeeeeehila,
eccomi.
commentate? (:
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