half.

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Mi fermo con le mani in tasca. Gli occhiali da sole calati sul naso. La giacca di pelle addosso. Il borsone sulla spalla.
E l'aria che inalo è la mia preferita. L'aria dell'Italia. L'aria della vita.
Comincio a camminare appena fuori dall'aeroporto di Napoli. Mi guardo attorno attraverso le lenti scure degli occhiali. Le tonalità sono diverse, ma da lontano scorgo comunque un cumulo di colori che attira la mia attenzione.
Un gruppo di palloncini sgargianti mi chiama verso il ragazzo che li regge, fermo appoggiato alla portiera di un'auto.
Mi avvicino in fretta, e distinguo gradualmente meglio le forme. I palloncini sono legati malamente al finestrino dell'auto, e un filo di vento in più e sarebbero volati via. Il ragazzo, capelli biondi davanti agli occhi e maglietta nera troppo grande per lui, accende per l'ennesima volta una sigaretta girata, e fa un tiro troppo lungo. Quando alza lo sguardo dalla punta rossa della cicca, mi squadra velocemente senza attenzione. Poi capisce. La sigaretta gli cade dalle dita, così come l'accendino. Si alza subito dalla macchina, attirando l'attenzione di una ragazza dentro l'auto. Genn prende i palloncini con distrazione e le mani tremanti.
Continua a guardarmi fissa negli occhi, senza dire una parola, senza battere ciglio. Io mi avvicino ancora un po', fino a quando lui allunga il braccio libero, e mi chiude in un abbraccio. Una stretta carica di sollievo e disperazione, attesa e desiderio, malinconia e agitazione. Chiudo gli occhi appena sento la sua pelle fredda entrare in contatto con la mia, e un miscuglio di emozioni mi destabilizza il cuore, tanto che quell'abbraccio mi fa quasi piangere.
Poi, la ragazza esce dalla macchina.

"Rori" sussurra, come se stesse aspettando da tanto di dirlo. Genn si allontana senza il bisogno di dire niente. Rachele si avvicina quasi correndo a me, con un sorriso sempre più grande. "Rori sei di nuovo qui".
Non faccio in tempo a dire niente, quando i capelli mori di mia sorella mi coprono il viso, spinti da uno slancio contro il mio corpo che li fa muovere senza vita nell'aria calda. Stringo le braccia intorno al suo busto, finalmente al completo con l'altra metà di me. Io continuo a non dire niente, completamente incapace di parlare in un momento del genere. Mia sorella continua a stringermi, dondolandosi a destra e a sinistra. Nessuno dice niente, ora. Neanche le voci dei tassisti lontani arrivano più. Ci allontaniamo e io non faccio altro che guardare mia sorella. Quella gemella eterozigote che essendo nata dopo, è andata con mamma qua in Italia. Quella ragazza di nove minuti più giovane di me, più simile a papà che a mamma. Quella sorella che ho sempre sentito da lontano, che solo per pochi istanti, in confronto alla quantità di tempo passato lontane, riuscivo a stringere.
Ogni volta, in un abbraccio del genere, c'è tutto questo e molto altro.
Rachele mi sorride, soddisfatta ed eccitata.
"Devi forse dirmi qualcosa, Rach?" domando, riuscendo per la prima volta a parlare oggi. Lei sorride ancora di più. Abbassa la testa.
"Te lo dico con mamma". Scoppio a ridere passandole una mano fra i capelli. Poi mi giro verso Genn, che guarda la scena con un lieve sorriso sulle labbra.
"È un piacere vederti, Genn". Lui si avvicina e mi abbraccia ancora. Un po' più forte e per meno tempo.
"Anche per me, Ronnie".

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hello, c'è ancora qualcuno qua?
Lu.

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