1. Un nuovo inizio

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          Le porte dell'autobus si aprirono con uno scatto automatico. Doveva aspettarselo, era prevedibile che tutto si ripetesse di nuovo, eppure sperava le vecchie abitudini potessero morire, prima o poi. Pregò fino all'ultimo momento che i cancelli del suo inferno privato si bloccassero. Purtroppo di ruggine non ce n'era. Funzionavano anche troppo bene e troppo spesso. Esattamente un anno fa la stessa storia si stava ripetendo, uguale identica. Beh, quasi. Quella volta dovette scendere dal treno ma, come in quell'istante, le porte non stentarono a spalancarsi su un nuovo capitolo.

«Allora ragazzo, scendi o devo portarti giù in braccio?» L'autista interruppe i suoi pensieri e con un calcio invisibile lo scaraventò sul marciapiede. Quanto li odiava i maleducati come lui! Un altro scatto metallico e la vecchia vita prese la Statale 39, sparendo dietro un dosso artificiale. Fece un bel respiro e procedette.

Davanti a lui si stagliava imponente un edificio con un che di autoritario nell'architettura. Probabilmente in stile gotico, somigliava molto alle vecchie cattedrali del XIII secolo. Un'aria un po' troppo beffarda per la descrizione che gli avevano fatto. "La solita università cadente e in crisi con i tipici docenti mediocri stufi di sopportare gli stessi studenti anonimi, anch'essi stanchi della tediosa routine accademica. Ti ci troverai bene, non noterai nemmeno la differenza tra la vecchia e questa."

Afferrò i bagagli e si incamminò sul vialetto lastricato che conduceva alla sua nuova "casa".

Non è così male, in fin dei conti. Ha qualcosa di storico questo luogo, qualcosa di prestigioso, rifletté il ragazzo con un po' di ottimismo. Al posto di "Università delle arti contemporanee di Albert Schepherd" sembra ci sia scritto "Attenzione: qui c'è del mistero". Dannazione! Sto nuovamente iniziando a costruirmi castelli in aria. È solamente come sembra, un posto per figli di papà.

Il brulichio di pensieri s'inceppò nel momento in cui si fermò di fronte alla scalinata principale. Marmo, molto carino, ci sarà da rompersi il collo correndo su questi gradini.

Un altro sospiro e iniziò a salire. Non c'era nessuno attorno e si domandò se non avesse sbagliato istituto o indirizzo, quando notò una ragazza. Era seduta in quella che poteva essere una posizione del loto, esattamente al centro dello spesso corrimano bianco a lato della scalinata. Come sospesa tra due baratri, se ne stava nei raggi del sole con la testa china su un libro abbastanza voluminoso, i boccoli di un intenso nero carbone oscillavano nel lieve vento lanciando, ogni tanto, piccoli guizzi di fiamma. Salì le scale senza smettere di osservarla finché le fu a qualche metro di distanza.

«Oh, una lucertola solitaria.» Molto banale, ma non sapeva come attaccare bottone. «Scusa se ti interrompo. Sai se è passato un uragano di qua? Non c'è anima viva nei dintorni» attaccò il ragazzo scherzando. Sperò di vederla in viso appena lei lo avesse alzato per rispondergli e invece ottenne solo un mormorio stanco appena percettibile e in grado di trapassare il velo scuro che le nascondeva il volto, per poi dissolversi nel vuoto che li separava. Che diavolo ha detto? Incontro solo maleducati in questa città?

«Scusa ma credo di non aver capito una sola parola di quello che...»

«Ovunque siano andati tutti, farebbero bene a non tornare» ripeté con un tono di voce secco come una frustata nell'aria profumata dei colori dell'autunno. Nel parlare, la ragazza aveva alzato lo sguardo, che congelò sul posto il suo interlocutore. Era profondo, freddo e pungente. Il ragazzo si sentì quasi in colpa di averle rivolto la parola. Lei tornò al suo tomo, lui, dopo un breve momento di sgomento, prese le sue cose e si avviò verso la porta, sentendosi uno sguardo addosso, fissato come uno spillo sulla nuca.

Quello che trovò dietro le porte dello Schepherd fu un corridoio immenso, largo quanto un viale, che si perdeva all'orizzonte e si snodava per una miriade di corridoi secondari, impossibili da contare a prima vista. L'immenso corridoio si apriva, in alcuni punti, su giardinetti ben curati e ancora verdi, tenuti intatti dalle vetrate che sembravano conservarli come pellicole trasparenti per alimenti.

Irish coffee and northern poppiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora