20.2

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     Un episodio si stagliò netto nella mente di Jay: un ragazzo che la punzecchiava in mezzo ad alcuni studenti dopo la fine dell'anno scolastico, un'amica che la aggrediva a parole e la faceva rimanere di pietra, una telefonata gelida come una secchiata d'acqua. Le lacrime affiorarono ribelli dagli occhi di carbone, scesero veloci sul viso cadaverico e si suicidarono sull'asfalto ai suoi piedi.

Altre scene in sequenza: lei e Damien in mensa, discutevano; lei che urlava qualcosa al ragazzo in mezzo al viale, una macchia di neve sui suoi vestiti; dita intrecciate di due mani, cicatrici e lacrime sotto lo sguardo di una luna candida; un calore nella mano mentre riposava nei suoi incubi a casa di Mark; un sorriso genuino; tanti riccioli di fuoco; té di liquirizia...

Daphne osservava la ragazza inginocchiata di fronte a lei. Aveva il viso bagnato dalle lacrime, due gocce di sangue erano precipitate dal pugno serrato e avevano macchiato un mucchietto di neve bianca. La sua espressione sconvolta e distrutta le ferì la vista: non aveva mai visto quella ragazza in quelle condizioni. Che soffrisse veramente, nonostante le prese in giro che imbrattavano la porta della sua stanza nel corridoio K? Che una vita travagliata si fosse sempre svolta in silenzio a pochi passi dalla sua camera? Kate l'aveva avvertita, le aveva chiesto di essere irremovibile e di non farsi impietosire, poteva essere una vipera quella ragazza. A Daphne, però, non sembrava finzione quella che aveva di fronte, non poteva essere teatro ciò che così tanto la feriva. Qualcuno le parlò da dietro, la scostò con forza e si piegò davanti a lei dandole le spalle. Tentò di prendere in braccio la ragazza dai capelli color carbone, che reagì con una scarica di pugni e una serie di calci. L'uomo che la prese in braccio era troppo forte, lei non riusciva a divincolarsi. Un velo di lacrime le coprì la vista, impedendole di vedere bene la scena di un uomo che si allontanava con un concentrato di furia, dolore e profonda tristezza in braccio.

Mentre Mark si allontanava faticosamente, incontrò il preside ai piedi della scalinata principale, le braccia abbandonate accanto al corpo, lo sguardo perso e l'espressione mortificata. Era accorso al sentire le urla perse nell'aria. Il bidello si fermò accanto all'amico e, senza voltarsi a guardarlo, pronunciò sconsolato: «Sei contento, adesso? Ce ne andiamo. Tutti e due.» terminò secco.

«Ragazzo, hai bisogno di qualcos'altro?» un uomo quanto un armadio si era avvicinato al tavolo di Damien e, con le tazze e la teiera sul vassoio, attendeva una risposta da quel ragazzo con lo sguardo basso. La testa ricciola si sollevò appena, fissò l'uomo senza realmente vederlo e ammise di aver bisogno di un bicchiere di qualche alcoolico forte. Il faccione guardò storto lo studente, si strinse nelle spalle e se ne andò con l'ordine.

Damien si sentiva sprofondare in un abisso, percepiva un peso familiare che lo prendeva per le spalle ricurve e lo spingeva in basso, mentre un'altra sensazione strana, forse di annegamento, lo tirava per i piedi verso il fondo del baratro. Come aveva potuto essere così ingenuo? Come aveva potuto sperare di tornare a volere bene a qualcuno, di tornare a fidarsi? Dopo la telefonata preoccupata di Daphne, tutto era stato più chiaro. Dopotutto, lui era appena arrivato quell'anno, Jay era lì da più di lei e chi aveva frequentato gli anni insieme a lei ne sapevano sicuramente di più. A nessuno era mai importato nulla di lei o delle vittime che ogni anno le cadevano nella tela abilmente tessuta, solo a quella dolce ragazza che più volte l'aveva ascoltato senza pretese, che l'aveva compreso e, non appena aveva scoperto quella tragedia, lo aveva chiamato per metterlo in guardia.

L'omaccione arrivò con una bottiglia di vetro trasparente, con un'etichetta nera recante la scritta rossa Salmiakki a coprire parte del liquido nero che conteneva, e un bicchierino da shot. Ne versò una quantità che Damien ritenne irrisoria, ma l'oste parve non dargli retta e se ne stette lì con un'aria bonaria e soddisfatta. Quando il ragazzo gli chiese di lasciare la bottiglia, sembrò ancora più compiaciuto di se stesso. Il ragazzo avvicinò il bicchierino alle labbra, ma poco prima di bere si accorse di un odore particolare, speziato e familiare. Gustò sorseggiando un poco e capì che l'alcoolico era a base di liquirizia. Il ricordo del té di quella mattina gli diede una carica pericolosa che lo spinse a versarsi un altro bicchierino. Mentre riempiva il terzo, pensava a quante ne aveva passate fino a quel punto dell'anno.

Irish coffee and northern poppiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora