L'alba era sorta prima del previsto, Damien ebbe l'impressione che la notte fosse durata solamente un paio d'ore, era così stanco e debole da avere una distorta percezione di tutto. Alzò la testa dal letto e si guardò intorno. Mark non c'era. Che fosse già tornato al college come stabilito la sera prima?
Guardò l'orologio appeso alla parete di fronte a lui: le sei e undici minuti. Tornò a concentrarsi sul viso dell'amica.
Amica... - pensò quasi sorpreso. Era questo che era per lui, no? La considerava una buona amica, forse la migliore che avesse mai avuto. Nonostante si conoscessero da poco riteneva di essersi avvicinato abbastanza a lei. O almeno, a detta di Mark, era forse l'unico che si fosse mai avvicinato tanto da quando la corvina si era trasferita dallo zio. Probabilmente anche prima del "cambio famiglia" i suoi legami con le persone non erano mai stati particolarmente stretti, azzardò a pensare il ragazzo giudicando in base al carattere piperino della corvina.
L'unica cosa di cui Damien era a conoscenza della sua vita passata, era il dramma della madre di cui lei stessa gli aveva raccontato dopo il ritrovamento del ritaglio di giornale. Sapeva anche dell'esistenza di quel Dustin e della serata maledetta, ma nulla più.
Credi che lei, invece, sappia molto di più sulla tua vita passata? - Gli ricordò una voce nella sua testa.
Ora che ci pensava, aveva raccontato più cose a Daphne che a lei. Perché gli era venuto così facile aprirsi con lei e non con Jay?
Il carattere. - Gli rispose secca la voce.
Daphne era così solare, così aperta e socievole. Era normale che gli fosse venuto più spontaneo raccontarsi a lei. Ma cosa ne era venuto fuori da questa improvvisa sincerità che non gli era mai appartenuta?
Questo. - Si rispose stringendo inconsciamente più forte la mano delicata diJay. - E ne è valsa la pena? No. - Continuò a riflettere abbattendosi sempre di più.
Damien avrebbe dato qualsiasi cosa pur di essere al suo posto, in quel letto freddo e asettico, ma cosa poteva fare? Non sapeva come comportarsi in casi simili, avrebbe dovuto chiedere a Mark, ma l'unica risposta sarebbe stata anche poco utile, dato che fare nulla non era nelle sue capacità. Forse era il caso di abituarsi a rispettare i tempi degli altri, le regole e le imposizioni del luogo e della situazione.
Se ci fosse qualcosa da fare sempre, i dottori o le infermiere sarebbero sempre in questa stanza, no? - Tentò di rassicurarsi il ragazzo.
Una doccia è l'unica cosa che dovresti farti in questo momento. - Lo pungolò la sua immancabile coscienza. Damien tentò di annusarsi; non era particolarmente maleodorante, ma almeno gli sarebbe servito per rinvigorire il corpo intorpidito. Si guardò intorno e decise di esplorare la camera. Con cura appoggiò la piccola mano di porcellana sul letto, allontanò la sedia per poter uscire dallo spazio angusto e si fermò, in seguito, in mezzo alla stanza. Si diresse alla finestra, osservò il piazzale di fronte all'ospedale. Era ancora abbastanza deserto, le macchine parcheggiate potevano appartenere sì e no al personale di servizio quella mattina. Dubitava che tutti i dottori fossero già al lavoro a quell'ora e non era nemmeno orario di visite.
Staccò gli occhi dalla desolazione che si estendeva fuori e tornò a guardare nella stanza. Arredamento minimale, osservò per nulla stupito. Una camera armadio accanto alla porta; nell'angolo, una poltrona vicino all'armadio seguita in linea da un tavolino basso di legno scuro e una sedia. La televisione era appesa al muro un metro sopra il tavolino, sulla parete opposta al letto del paziente.
Logico. - Commentò Damien riferendosi alla posizione dell'apparecchio.
Vi era una seconda porta che dava su una stanza adiacente al letto e alla sedia su cui era rimasto tutta la notte. Uno sgabuzzino? Si domandò il ragazzo. Un bagno? E una luce gli illuminò gli occhi. Senza esitazione si diresse verso la seconda porta, ma fece leva piano sulla maniglia, temendo di trovarla chiusa a chiave. Si aprì. Dentro c'era ciò che si era augurato e anche di più. Lo sorprese piacevolmente la presenza di un box doccia in una camera di ospedale. Non che avesse mai avuto chissà quante esperienze di quel tipo, lui il nonno da piccolo lo era andato solamente a trovare per una mezz'oretta e ai tempi di Sarah nemmeno aveva fatto caso ad un dettaglio simile.
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Irish coffee and northern poppies
General FictionUna fredda cittadina finlandese. Un papavero emigrato e un boccale di birra irlandese. Una storia turbolenta di vite normali, talvolta complicate, di fiducia messa alla prova, di legami difficili da saldare e di sentimenti creduti spenti per sempre...