Fuori dal "Kaleido Bar", Damien sospirò arreso e inviò il messaggio appena scritto. "Niente nemmeno qui, torno a casa".
Si sbottonò i primi due bottoni della camicia e si infilò una mano in tasca accompagnando il telefono. Si diresse verso la più vicina fermata dell'autobus con l'amarezza nell'animo.
Perché è così difficile trovare un cavolo di lavoro? Cosa c'è di sbagliato in me, cos'ho che non va? Si chiese affranto. E la coscienza a rimproverarlo non lo aiutò. Hai voluto sfuggire a tuo padre, alla sua azienda e a tutte le comodità. Ora vivi come le persone comuni.
Damien salì all'arrivo dell'autobus, intanto il dibattito nella sua mente continuò. Avresti potuto avere il futuro già spianato, avresti potuto continuare gli studi...
Gli occhioni azzurri, da qualche tempo più spenti che mai, fissavano nel vuoto oltre il finestrino senza vedere realmente.
Cos'ha questo posto che l'Italia o la Germania o il Giappone non hanno? Dolore?
All'improvviso il suo cervello registrò il flash di un'immagine familiare oltre i vetri. Un solo attimo e passò, ma si diresse verso il retro dell'autobus per continuare a seguirla. Mentre il luogo dell'immagine si allontanava, si rese conto di conoscere quel posto. Scattò verso un campanello e prenotò la prossima fermata sperando non fosse troppo lontana. Per una volta la fortuna tornò a sorridergli timidamente. Aveva da poco superato la più vicina e l'autista intuì che volesse scendere al più presto possibile. Damien ringraziò esaltò in fretta e furia giù dal mezzo, corse per recuperare terreno, un lembo di camicia gli sfuggì dai jeans e i capelli si scompigliarono nel vento.
Infine, si fermò. Cercò di domare il fiatone regolarizzando il respiro, mentre una valanga di ricordi e di pessime idee gli travolse la mente.
Magari solo un bicchierino, sempre a quel tavolo, gli suggerì una vocina maliziosa.
Damien non indugiò oltre ed entrò nell' "Irish Rover Pub". Un campanellino trillò come la prima volta, come quelle seguenti e come la volta in cui ci aveva portato Jay. Lo sguardo esplorò tutto il locale, sapendo bene dove finire di posarsi: sul loro tavolo.
Il barista, il solito omaccione corpulento, attirò la sua attenzione.
«Ti offro qualcosa, ragazzo?» Damien distolse gli occhi e decise fosse meglio optare per il bancone. Prese posto su uno sgabellino di noce levigato come un palmo femminile e ordinò una vecchia "amica".
«Sì, grazie. Ce l'hai la Guinness?» In tutta risposta, l'uomo rise divertito. Gli spillò un bel boccale con una magnifica corona di schiuma densa e si mise a fissare il giovane.
«Io ti conosco. Sei già stato qui altre volte» commentò indicandolo con un indice spesso e bitorzoluto. Damien prese un lungo sorso. «Anche con quella ragazzina. La sorellina?» Il rossiccio riportò lo sguardo sul tavolo alla finestra, negò con debolezza. «Ah, tutto chiaro. È finita male?» Continuò l'uomo profetico.
«Naturalmente» rispose il giovane, che bevve un altro sorso riducendo la birra a un quarto. Il barista sorrise dell'ingenuità di Damien.
«Non disperare, ragazzo. Nessuna donna merita il lutto sulla tua faccia.»
«No, non è quello» lo interruppe subito con un gesto infastidito della mano.
«E allora cosa ti affligge?»
«Ho bisogno di soldi, ma non riesco a trovare lavoro.»
L'uomo smise di pulire il bancone e si pulì le mani nello stesso straccio, più per vizio che per reale bisogno. Si prese il tempo di pensare mentre fissava il cliente, lasciò che finisse il suo boccale e glielo porgesse chiedendogli di riempirlo. Schiaffò il panno sul ripiano lucido e acconsentì.
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Irish coffee and northern poppies
General FictionUna fredda cittadina finlandese. Un papavero emigrato e un boccale di birra irlandese. Una storia turbolenta di vite normali, talvolta complicate, di fiducia messa alla prova, di legami difficili da saldare e di sentimenti creduti spenti per sempre...