Jay era già sparita alla sua vista, si era rifugiata nella camera da letto più piccola della casa e aveva chiuso la porta.
Facilmente interpretabile. - pensò Mark.
«Tesoro, tutto a posto?» domandò rivolgendosi alla porta stessa. Una voce arrivò in ritardo da dietro il vetro oscurato: «Sì.»
Certo che andava tutto bene, si disse l'uomo sarcastico. Gettò momentaneamente la spugna, si diresse in cucina e prese una birra. Con ancora il giubbotto addosso, andò in terrazzo e si sedette a fissare la foresta innevata in lontananza. Mancava ancora del tempo al disgelo, rifletté.
Il telefono fisso squillò, a Mark si rizzarono i capelli sulla nuca. La testa scattò in direzione del telefono, si alzò in fretta e andò alla porta di Jay: la sua ombra era ancora lì.
Calmati, vecchio, sarà Damien.
Rassicuratosi un poco da solo, sollevò la cornetta e rispose.
«Pronto?»
«Mark! Eccoti. Ascolta, la prima udienza è tra sei giorni, deve presentarsi anche Jay, è preferibile. Cerca di non venire da solo. Il vostro avvocato verrà dopodomani a parlare un po' con lei e poi...» Nickins continuava a parlare senza interruzione, ma l'amico lo fermò.
«Aspetta, cosa? Avvocato? Quale avvocato?» domandò Mark confuso.
«Ascolta, Mark, tu sei mio amico e ci tengo a Jay, altrimenti non l'avrei accolta nonostante la sua situazione, lo sai bene. Voglio uscire da questo intoppo il più presto possibile ed il più puliti possibili. Ho pagato io un avvocato, è tutto ciò che posso fare per ora, mi dispiace.» spiegò Nickins mortificato. Attese in silenzio, infine chiese: «Ci proviamo?»
Mark era indeciso, gettò un'occhiata verso la stanza di Jay, poi asserì: «Non ti assicuro la sua collaborazione. È in uno stato disastroso e potrebbe persino peggiorare l'atmosfera in aula. Però ci proviamo.» concluse. Abbozzò un sorriso debole, che nessuno vide, ma che tentò di riscaldarlo.
Sì, ci proviamo.
Posò la cornetta e rimase immobile per qualche minuto, alla fine si decise.
Bussò alla porta, nessuno rispose. Provò ad entrare, spinse piano sulla maniglia. «Jay? Piccola, ha chiamato Nickins.» la trovò sul letto raggomitolata su se stessa in posizione fetale, dava le spalle, ma era sicuro non stesse dormendo. Mark si sedette sul letto, allungò un braccio per accarezzarle la piccola testolina nera. «Te la senti di presentarti in tribunale?» le sussurrò.
Jay tirò su con il naso e scosse la testa.
Certo che no. - si disse Mark. Sospirò e si stese accanto a lei, con la pancia all'aria per poter osservare il soffitto. Anche lei si girò sulla schiena, allungò il braccio destro e afferrò la mano sinistra dello zio.
Stettero così fino all'ora di cena, si scambiarono qualche parola ogni tanto, ma per il resto regnò solo il silenzio.
«Hai fame, piccola?» si informò lo zio, poco speranzoso.
«No.» rispose lei prontamente. Poi fece una pausa. «Mi fai le frittelle?» lo pregò innocentemente.
Qualcosa trapassò l'uomo dalla testa ai piedi e gli fece spuntare un sorriso che cercò di nascondere. «Solo se schiodi il tuo culo da qui.» la stuzzicò. Lei sbuffò apparentemente indispettita, poi si alzò.
Si diressero entrambi in cucina e presero a maneggiare con ciotole e ingredienti. Mark si aprì una birra e mise in riproduzione sul telefono alcune sue canzoni in modo che risuonassero per tutta la stanza; mise anche una pentola d'acqua sul fuoco e si preparò del riso in bianco. Jay gustò dal suo piatto, ma decise che era troppo insipido persino per una come lei, attenta alle calorie.
STAI LEGGENDO
Irish coffee and northern poppies
Genel KurguUna fredda cittadina finlandese. Un papavero emigrato e un boccale di birra irlandese. Una storia turbolenta di vite normali, talvolta complicate, di fiducia messa alla prova, di legami difficili da saldare e di sentimenti creduti spenti per sempre...