Una bella ragazza dai lunghi capelli castani era seduta su una panchina nel giardino interno, era circondata da allegre amiche chiacchierone, ma il suo sguardo era perso tra le minacciose nuvole raccolte nel cielo sopra il college. Grossi sospiri le gonfiavano il petto abbondante quasi ogni due minuti, i pensieri si aggiravano per la bella testolina e la tenevano lontana dalla realtà.
«Daphy? Daph!» dopo qualche richiamo fu subito con i piedi per terra.
«Eh? Sì?» o quasi... «Cosa c'è?»
«Su dai, non pensarci. Non sa cosa si è perso. È stato solo un malinteso. Hai provato a spiegarglielo?» le chiese una biondina con una faccia tra il preoccupato e il supplichevole.
«Sì, ma... Voglio dire... ci ho provato. Non vuole stare ad ascoltarmi, quel cretino!» esclamò visibilmente irritata. «Cosa vuoi che m'interessi di lui? È solo un ammasso di muscoli... giusto?» domandò conferma alle amiche attorno a lei. Tutte quante annuirono con vigore, aggiungendo anche qualche futile commento come «Certamente.», «C'è di meglio.», «Il mare è pieno di pesci.» che non facevano che angosciarla. Era sul punto di scoppiare a piangere, gli occhi erano ormai traboccanti di lacrime e le pacche affettuose e gli abbracci non l'aiutavano più a sostenere quella sofferenza amorosa, ma fortunatamente tutto quell'orribile teatro fu interrotto in tempo.
«Ehi...tu sei la ragazza della quattrocentotré, con il numero rotto.» affermò un tipo tanto alto che le faceva ombra pur non essendoci un filo di sole, con una massa di riccioli scomposti che dondolavano al vento come piccoli soffioni estivi.
La ragazza disperata alzò il viso e si trovò di fronte lo studente nuovo e sbadato di qualche giorno prima.
«Daphne.»precisò lei.
«Giusto. Daphne.» sorrise timidamente. «Tutto bene? È successo qualcosa?» domandò notandole gli occhi lucidi e l'espressione sofferta in viso.
«No, niente. Mi hai solo rovinato la vita, tranquillo.» rispose lei con finta noncuranza e accentuata teatralità. Il ragazzo pietrificò.«Sto scherzando!» lo rassicurò lei in seguito. Sbatté le palpebre un paio di volte per scacciare le lacrime e si stampò un sorriso bianco e splendente sulle labbra. Sospirò come risollevata, poi guardò le amiche con uno sguardo accusatorio da sotto le folte ciglia che, fortunatamente, lo nascosero al ragazzo. Tornò infine a squadrare l'arrivato con i suoi grossi occhioni blu. Ovviamente lui arrossì per così tanta attenzione. Rimasti soli, pensò di prendere posto sulla panchina accanto a lei, biascicando prima un flebile «Posso..?».
«Damien, giusto?» e gli fece segno con la mano di accomodarsi.
«Esatto. O meglio dire, Colui-che-ti-ha-rovinato-la-vita.» puntualizzò lui.
Daphne scoppiò a ridere. «Ma no, scemo! Stavo scherzando. Non è successo chissà cosa.» specificò guardandolo divertita. Damien notò però una venatura di malinconia negli oceani blu.
«E cosa è successo, allora? C'entro io?» si informò serio.
«Beh, no... voglio dire. Tu non potevi saperlo.»
«Sapere cosa?» incalzò subito vedendo che lei stentava a proseguire.
Un grosso sospiro per inspirare un po' di coraggio e si mise a raccontare. Gli spiegò che nel momento in cui aveva bussato alla sua porta, lei si era preparata per il suo ragazzo, Jason, siccome l'aveva chiamato e invitato nella sua camera per fare pace dopo uno dei loro litigi. Arrossendo, ammise di non aver avuto "molto addosso", per quello si era precipitata a cercare una vestaglia.
Adesso capisco il perché dei tacchi fuori luogo. Non era appena uscita dalla doccia come aveva detto. -ricordò il ragazzo. Daphne prese l'espressione pensosa sul viso di lui come quella di chi non collegava le vicende; si affrettò quindi a proseguire il racconto.
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Irish coffee and northern poppies
Ficción GeneralUna fredda cittadina finlandese. Un papavero emigrato e un boccale di birra irlandese. Una storia turbolenta di vite normali, talvolta complicate, di fiducia messa alla prova, di legami difficili da saldare e di sentimenti creduti spenti per sempre...