Una fredda cittadina finlandese. Un papavero emigrato e un boccale di birra irlandese.
Una storia turbolenta di vite normali, talvolta complicate, di fiducia messa alla prova, di legami difficili da saldare e di sentimenti creduti spenti per sempre...
Era passata appena una settimana da quando il nuovo ragazzo aveva calpestato la proprietà dell'università Albert Schepherd. Anche l'autunno proseguiva lento. Il sole riscaldava ancora quanto bastava per starsene fuori in maniche corte, toglieva colore alle foglie smorte e le prosciugava di vita. Il vento spirava dal tardo pomeriggio fino a sera, momento romantico in cui le ultime anime verdi cadute a terra, invitavano i fiori a piccoli passi di valzer.
Immerse nel silenzio della natura, dal ramo più basso di una quercia, penzolavano nel vuoto due gambe abbronzate e nude fin sopra il ginocchio. Si alternavano anch'esse lentamente in una danza di coppia, come due farfalle innamorate. Percorrendole con lo sguardo dalla punta dei piedi fino alle ginocchia, si poteva andare a imbattere nelle fauci di un drago, nello sguardo di un elfo o nel riflesso di un volto sulla lama di una spada rappresentati sulla copertina poggiata in grembo. Dipendeva sempre dai giorni e dai gusti della lettrice dalle gambe marshmallow.
Era immersa nel suo libro dalle nove di quella mattina e non era scesa nemmeno per sgranchirsi le gambe. Verso le dodici fissò l'orologio da polso, chiuse il libro dopo aver messo un segnalibro e percorse un breve tragitto tra i rami per trovare la via più agevole per tornare a terra. Qualche secondo e stava già volando sul vialetto lastricato che conduceva dietro l'edificio, verso i dormitori.
Non ne sono certa, ma dovrebbe essere già il ventotto e questo pomeriggio arriverà Nickins. Mark non riuscirà mai a finire in tempo, quel polentone! Rifletté la ragazza per metà esasperata. Si affrettò su per una scalinata di dimensioni più ridotte di quella principale e poi su altre interne più piccole che conducevano ai piani alti. Prese fiato e gridò in cerca del bidello.
«Mark! So che sei stufo tanto quanto me della solita ramanzina di Nick. Ci vogliamo dare una mossa?» Ma la risposta non arrivò. Eh, sì. Stai di nuovo con la musica a volume spacca-timpani, pensò sospirando. Passò di camera in camera per controllarne l'ordine e di bagno in bagno per vedere fin dove era arrivato lo straccio dell'uomo, alla fine ridiscese in fretta un paio di rampe e si fermò al piano terra, di fronte ai giardini interni. La vista delle prime foglie ribelli che si erano abbandonate all'ultimo volo non fecero che innervosirla.
«Mark!» Fu il secondo richiamo, troncato dall'apparizione di un carrello blu e una tuta color crema. Guardandola perplesso, l'arrivato si chiese cosa mai avesse combinato ancora. «Dov'è il rastrello?» Fu la prima domanda, ma non ultima. La sapevano a memoria quella scena. La mettevano in atto ogni anno e con sempre meno entusiasmo, quasi fossero due vecchi attori esausti di fare del teatro quello che in gioventù era stata la loro ragione di vita.
«Fuori, nella capanna degli attrezzi, credo» replicò l'uomo con una punta di incertezza.
«Ho controllato i piani di sopra, sei già passato in tutte le aule?» Fu la battuta di Jay.
«Suppongo di sì. Mancano la segreteria e l'ufficio di Nickins sulla lista.» Un'altra replica piatta, la cui risposta fu solo un breve accenno di testa.
Calato il sipario senza accompagnamento di applausi, Mark si diresse verso il corridoio principale mentre l'aiutante ripercorse la strada indietro per uscire dalla porta sul retro e andare a prendere il necessario per il giardinaggio.
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Damien, steso sul freddo marmo di uno scalino, fissava il gioco delle candide nuvole che scappavano dal fresco venticello autunnale. Un batuffolo si scostò e mostrò il sole che aveva tenuto nascosto fino ad allora e il ragazzo, per istinto, chiuse gli occhi e si lasciò accarezzare le palpebre dai blandi raggi giocherelloni. Sentiva il canto di qualche tardo uccello estivo e un'immensa pace riempirgli il cuore. Le ali ventose di un invisibile drago lasciarono le alte vie del cielo e scesero in picchiata sul ragazzo per trapassarlo e lasciargli un brivido addosso, un brivido come quello che aveva provato qualche giorno fa quando Jay l'aveva inchiodato sul posto con il suo sguardo gelido.
A questo ricordo, il ragazzo girò la testa di lato in direzione dei giardini, vagando di albero in albero come una rondine che ha smarrito la casa. Niente. Sono già un paio d'ore che è via. Che fine avrà fatto? Non mi pare sia da lei starsene dentro a leggere mentre fuori c'è ancora bel tempo. Tornò a fissare la landa celeste sopra il mondo e a inventarsi innumerevoli imprese eroiche, che la sua misteriosa avventuriera-fantasma affrontava lontano dai suoi occhi. Ma le tiepide coccole del grecale, più timido in quel periodo dell'anno, sommate al silenzio e agli intricati pensieri di un'anima inquieta, portarono ad un sonno profondo e privo di sogni.
Era già tardo pomeriggio quando Damien si riscosse come punto da un'ape. Gli ci vollero un paio di minuti per capire dov'era e cos'era successo. Dalla sua posizione a pancia in su, si erse appena con il busto e si appoggiò sui gomiti, girò la testa con un gesto ormai meccanico e volò ancora tra l'infuocato fogliame degli aceri fino a che l'uccello sperduto trovò finalmente il suo "nido". Alzò il suo sguardo su due gambe a strisce nere e viola alternate orizzontalmente fin sopra le ginocchia, un libro aperto dove le calze finivano e le tenebre, lunghe e scure, arricciate in grossi boccoli, tanto fitti da nascondere gelosamente quel viso di porcellana che gli aveva lasciato un senso di mistero sin dalla prima volta.
Si è cambiata, o forse prima l'ho sognata. Ma come fa? Si domandò il ragazzo, passando poi a pensare a voce alta: «Da quando sono arrivato, non sono riuscito a estorcerle niente a parte il nome, anche quello faticosamente conquistato. Ma perché? Perché si ostina così tanto a restarsene chiusa nel suo mondo di favole?»
«Se avessi modo di andartene da questo mondo, così sbagliato e spesso ingiusto, non lo faresti anche tu?» La voce del bidello apparso appena un gradino più in alto del suo, gli sciolse tutti i dubbi. In effetti, ha ragione. Damien alzò lo sguardo che finì nella massa di capelli di Mark. Alla luce naturale erano ancora più accesi e strani e in più sembrava che sottili fili dorati si fossero intrecciati tra le sue ciocche. Che tipo alternativo, rifletté lui. A osservarlo meglio, Mark aveva proprio l'aspetto di un "figlio dei fiori" catapultato in un secolo diverso. Per l'assenza di persone in quel posto, Damien aveva finito per fare amicizia con il bidello. Lo aveva seguito nei suoi lavori tenendogli compagnia o aiutandolo, l'aveva osservato e analizzato in mancanza di occupazione del suo troppo tempo libero. Solitamente Mark puliva cinque o sei classi al giorno più una decina di stanze degli studenti. Un giorno scoprì anche che musica lo impegnava così tanto da provocare rabbia nella rimproverante Jay. L'uomo, più giovane dentro che fuori, amava gruppi come The Clash, Pink Floyd o Sex Pistols e, quando lo si sorprendeva ballare o imitare qualche assolo di chitarra, si poteva anche scommettere che fosse con la mente sul palco dei Led Zeppelin. Damien aveva iniziato anche lui ad appassionarsi e spesso, dopo che il bidello finiva di lavorare, si rintanavano entrambi nella stanza dell'uomo che istruiva il ragazzo facendogli ascoltare i suoi dischi e narrandogli dei numerosi concerti che aveva visto quando era giovane. Damien l'aveva adorato fin da subito per quella sua aria da "uomo che la sa lunga", come gli disse una volta, per il suo abbigliamento poco curato ma con un certo stile indie. Quel giorno indossava il solito paio di pantaloni larghi rosso mattone, in contrasto con il verde pino della sua canotta smanicata, che risaltava la giada delle sue iridi. La cosa che più lo incuriosiva di quell'uomo era il fatto che sembrava ci fosse un legame tra lui e la ragazza. A quel pensiero tornò a fissare Jay. Su di lei il tramonto aveva un effetto magico. Lei stessa, con quelle scintille di fuoco a incendiare il buio dei boccoli, sembrava una creatura magica.
Per aspetti come quelli, i due si assomigliavano. Il ragazzo finì di contemplarli quando Mark gli picchiettò con il dito di una mano sulla spalla destra e con un altro gli indicò una macchina nera appena arrivata e parcheggiata a una decina di metri lontana da loro.
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.