Un'altra giornata di lavoro era finita e Damien si stava preparando per tornare a casa. Prese il suo zainetto malridotto e se lo mise in spalla, salutò Biff e uscì dalla porta d'ingresso. Era l'una di notte e Loimaa era avvolta nell'oscurità e nel silenzio. Gli piaceva gironzolare a quell'ora, tutto solo, fino a casa. Abitava a più di mezz'ora di distanza dal pub, ma la cosa non gli dispiaceva. Non perché ci avesse fatto l'abitudine a non avere un mezzo privato o i soldi per un abbonamento dell'autobus, amava proprio camminare perso nei suoi pensieri, adorava avere il tempo di disfarsi di qualsiasi cosa gli avesse gravato sulle spalle per tutto il giorno, e solo lui sapeva quanto ne avesse bisogno.
Il ragazzo era così assorto da non essersi reso conto del tempo volato in un lampo. Si ritrovò a pochi metri dalla palazzina in cui viveva, fece per prendere le chiavi da una tasca dello zainetto, ma il suo sguardo venne attirato da un'ombra nel giardino che circondava l'edificio. Sembrava avere un'altezza umana, la silhouette nera ne mimava le forme, ma non ci avrebbe giurato fosse reale. Eppure, la prima parola che gli venne in mente fu un nome. Jay... Avanzò di qualche passo, inciampò nei sassi di un'aiuola scomposta e si distrasse. Riprese il contatto visivo, ma l'ombra ora rivelava solo una parvenza di fronde pendenti, una forma più da sacco di patate schiacciato che da persona vera. No, lei non sa dove abito, cercò di convincersi.
Fu in casa ancora prima che il nome della ragazza potesse sbiadire dalla sua mente, si lanciò sul divano disfatto.
E se fosse stata davvero lei? Ma non era da lei comportarsi in quel modo, si disse. Mark mi avrebbe avvertito nel caso l'avessero dimessa dall'ospedale. In effetti, rifletté il rossiccio, aveva ricevuto una chiamata da lui, quel giorno, ma non aveva potuto rispondere. Alle sue scuse dovute al lavoro scritte per messaggio, gli aveva risposto solamente raccomandandogli di non preoccuparsi e scusandosi, a sua volta, perché aveva pensato lo avesse chiamato. Che scusa patetica. "Stammi bene, ragazzo," aveva concluso. Non sapeva che il suo amico aveva cercato di troncare per non far proseguire la conversazione, timoroso anche che l'irlandese potesse richiamarlo e magari annunciargli che andava tutto bene e voleva passare a trovarli. Aveva cercato di essere schivo e formale per far desistere il ragazzo da qualsiasi pensiero strano, Jay stava migliorando e un ritorno di Damien avrebbe solo peggiorato tutto. Se ne era dispiaciuto, ma quello non aveva potuto scriverlo al rossiccio.
Il tono del messaggio aveva lasciato Damien interdetto, non aveva saputo cosa rispondere, e non lo aveva fatto. Magari non vuole più avere a che fare con me, posso capirlo, lo giustificò il ragazzo mentre prendeva una birra dal frigorifero. Sovrappensiero, stava per aprire anche uno dei tanti volantini di cibo da asporto abbandonati su un tavolino davanti al divano, ma il rumore di una chiave nella toppa gli ricordò che la notte era già inoltrata e le persone sane, probabilmente, stavano anche già dormendo, cuochi compresi. Non lui, né la persona che rientrava ancora più tardi di lui. Percepì i suoi leggeri passi all'ingresso.
«Ciao, Dan! Indovina un po', ho una novità» annunciò una vocina allegra. Damien era stufo delle novità e non si tirò indietro dal farlo notare.
«Allora non voglio saperla.»
«E invece sì, Danny» ribatté una ragazza dai capelli più ricci e disordinati dei suoi, lunghi fino alle spalle, ma di un biondo ramato incantevole. Il ragazzo la fissò negli occhi scuri e vivaci e ci impiegò qualche secondo a rendersi conto che l'essersi fermata in mezzo alla stanza era un segno di attesa. Per raggiungere la comprensione di Dan, tirò su le braccia e mostrò il piccolissimo gattino nero che reggeva tra le mani. Non aveva nemmeno gli occhi aperti.
«Hai preso un gatto, Fiona? Ti sembra il momento?» Damien era sbalordito dall'ennesimo gesto impulsivo della ragazza.
«No, Danny, me lo hanno regalato e i regali non si rifiutano né si buttano, lo sai» gli rispose lei scocciata e incredula. Poi tornò allegra, prese posto accanto al ragazzo sul divano, gli lasciò un bacio sulla guancia e posò il gattino sul suo petto. Istintivamente, l'animaletto si aggrappò come a una gatta madre. «Mi dispiace» disse lei «devi fartene una ragione. Lui sarà il nuovo membro della famiglia.»
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Irish coffee and northern poppies
General FictionUna fredda cittadina finlandese. Un papavero emigrato e un boccale di birra irlandese. Una storia turbolenta di vite normali, talvolta complicate, di fiducia messa alla prova, di legami difficili da saldare e di sentimenti creduti spenti per sempre...