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          «Si sente già l'odore della neve, vero?»

Daphne e Damien erano seduti sui gradoni principali e guardavano le grigie nuvole sopra di loro. Erano minacciose e scure e avevano oscurato il cielo rabbuiando l'aria ancora prima del tramonto del sole.

«Che ore sono?» chiese ancora la ragazza cercando di distogliere il nuovo amico dai pensieri.

«Hmm... le cinque e venti.» riferì dopo aver guardato l'orologio da polso. «In inverno a quest'ora sarebbe già buio.»

«Non è che adesso ci sia molta più luce.» ironizzò Daphne. Entrambi sorrisero. Abbandonarono il cielo per guardarsi. Un magnete teneva i loro occhi incollati: un paio di un blu scuro seducente, quasi regale, l'altro paio di un grigio-azzurro quasi trasparente. Non riuscendo più a sostenere la tensione creatasi, lei tornò a fissare il parco. Il rossore sulle guance accese fece sorridere nuovamente Damien. Il suo era un sorriso gentile, puro, senza alcuna intenzione nascosta. Gli piaceva la compagnia di quella ragazza. Ed era altrettanto felice di fare nuove amicizie; piano piano, con il tempo, avrebbe conosciuto almeno una decina di persone da frequentare, sperava. Anche in aula era stato accolto abbastanza bene dai vari compagni, ma siccome molti di loro si mescolavano per formare nuove classi ad ogni lezione, diventava difficile instaurare una conoscenza più approfondita con almeno uno di loro. Sospirò. Daphne se ne accorse e gli chiese se ci fosse qualcosa che lo disturbasse.

«Che mi disturba niente, figurati. Sono solo leggermente preoccupato percome sarà quest'anno. Ho cambiato posto quasi ogni anno; mio padre ha un'azienda conosciuta un po' ovunque, per cui si sposta per lavoro. Io lo devo sempre seguire. Spero solo di non dover lasciare l'anno a metà. Non sarebbe la prima volta.» rivelò il ragazzo dagli occhi di ghiaccio con una voce spenta che sembrò commuovere l'ascoltatrice.

«E tua madre? Non puoi stare con lei? O forse si sposta anche lei?» realizzò all'improvviso.

«I miei hanno divorziato quando avevo undici anni. Mia madre non sopportava di vedere papà solo un paio di volte al mese, a volte anche meno, per cui chiese il divorzio. Sono rimasta con lei e i miei fratelli per qualche anno, poi, dopo un litigio violento, le ho esplicitamente urlato contro il mio disprezzo. E fine. Mi ha spedito via da casa. Immagina la felicità di quel povero amministratore sempre solo e triste quando venne a sapere che sarei dovuto rimanere con lui.» spiegò Damien avvolto dai ricordi.

«Quindi sei felice.» La domanda di Daphne suonò come un'affermazione, per lo più scontata.

«Non posso dire di stare male, pesa un po' trasferirsi tutte le volte, ma nemmeno per mio padre è così facile. Se lui ci si è abituato, posso farlo benissimo anch'io. No?» cercò la conferma in un sorriso della bella ragazza.

«Certamente. Sembri proprio un carattere versatile al cambiamento e aperto a nuovi incontri e nuove esperienze.» gli risposero le labbra lievemente tinte di un rosso antico.

Stava per aggiungere qualcosa, ma lui la interruppe inaspettatamente: «Il nostro è un nuovo incontro.» sembrò voler precisare.

«Una nuova amicizia.» puntualizzò anche lei, contenta del significato delle parole appena pronunciate.

Amicizia. - la parola riecheggiò nell'aria.

Scese il silenzio tra i due, un silenzio carico di cose che aspettavano di essere dette, ma che non volevano rompere il filo magico intessuto in quell'oretta di rivelazioni e sorrisi.

Le note di Somebody got murdered risuonavano nelle orecchie di Mark, che stava lavando in un'aula al primo piano. Ne aveva ancora due per quel giorno e il suo vecchio mp3 si stava già scaricando. Non poteva assolutamente affrontare quella monotonia grigia senza la compagnia di qualche nota, rifletté pensoso il trentasettenne dai lunghi capelli "cremosi", come li definiva Jay. Con la fine della canzone, finì anche lui di strofinare per terra. Ammirò il suo lavoro come sempre, chiuse la porta con la chiave, prese il suo carrello stracolmo di strofinacci e soluzioni scadenti e si avviò allo sgabuzzino delle scope. - Mi pare ci fosse una presa di corrente lì. - cercò di ricordare. Arrivato, aprì con una delle chiavi del suo mazzo personale e ispezionò il locale dopo aver acceso la luce per vedere meglio. La presa c'era. - Beccata! - esclamò vittorioso per poi accorgersi di non avere il caricatore. «Merda, che pazienza.» si lasciò sfuggire. Lasciò ogni cosa com'era, solo con il mp3 in mano si diresse verso la porta d'uscita, perché poco prima dell'ufficio informazioni all'entrata, c'era quello che lui chiamava "Ufficio Personale del Bidello"e lì, nel disordine di qualche cassetto, stava nascosta la sua àncora di salvezza.

Irish coffee and northern poppiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora