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La porta della quattrocentototré era semichiusa, Damien la spinse tanto da permettersi di passare senza far rumore. L'aria odorava di buono,le tende tirate mettevano in penombra tutta la camera, ma un filo di luce trapassava comunque dai lati delle finestre e dalla parte centrale dove le tende quasi si univano; risultato? Una piccola figura con il capo chino seduta alla scrivania, incorniciata da un'aura di luce che le disegnava tutto il contorno. A Damien sembrò di ammirare un quadro di qualche impressionista del millesettecento, tanto bella era con quei capelli scompigliati in cui giocavano i raggi del sole.

Sembra così innocente, indifesa... e probabilmente lo dimostrerebbe anche, se non fosse per quella corazza di titanio che si è costruita attorno. - realizzò ad un tratto il nuovo studente non ancora abituato a quel personaggio bizzarro. - Come può qualcuno come Daphne, odiare una persona così solitaria e apparentemente innocua come Jay? - si ricordò pensando alla chiacchierata con la ragazza castana. Si riscosse subito da quei pensieri. Nella stanza semibuia e misteriosa se ne stava in piedi a qualche passo dalla sedia su cui sedeva la sua"coinquilina"; reggeva una ciotola di uva in una mano e una tazza di té nero fumante nell'altra, il suo piccolo regalo per fare pace con quella tormentata.

La luce proveniente dal corridoio attraverso la porta aperta alle sue spalle illuminava il pavimento, qua e là coperto di fogli. Damien si inginocchiò per raccoglierle. Posò la tazza per terra per pote rprendere i fogli e, mentre li metteva in una pila, sbirciò quello che vi era scritto. Alcuni non erano nemmeno interi, vi erano scritte poesie lasciate a metà o cancellate, altri erano stropicciati e nascondevano chissà quali pensieri malsani... o sorprendentemente teneri, pensò il ragazzo senza sperarci troppo. Trovò anche un pezzo di carta scarabocchiato e pieno di cancellature. Sembravano titoli di... qualcosa. Probabilmente poesie. Damien li lesse uno aduno, faticando un po' a capire la pessima scrittura, per di più sbavata:

Pillole di -..el...za, Sudicia lercia società, Il vecchio el bimbo, Papav..., --- piangi, Salice?, A perfect go...g..s Nothing, La falce --- degli uomini, Cantami-, Vivaldi, stronzo!

Leggendo quelle parole incomprensibili, deprimenti e strane, alcune cancellate, Damien sospirò,pensando che ormai, molto probabilmente, sarebbe stato impossibile farle cambiare la prospettiva da cui guardare il mondo. Jay lo sentì e si girò. Gli strappò i fogli di mano e lo aggredì: «Non ti avevo detto di non venire in camera?»

La cui risposta fu soltanto un desolato: «Ti ho portato della frutta e del té. È nero, non so se ti piace. » Dopo aver posato la ciotola e la tazza sulla scrivania coperta di foglietti e fogliettini, staccò un chicco d'uva nera e si sedette sul letto sbagliato, quello di lei. Si aspettò un rimprovero rendendosi conto dello sbaglio, ma siccome non arrivò, se la prese con comodo. Jay tornò a fare quello che l'aveva impegnata fino ad allora: scrivere. Damien si mise a curiosare tra i libri della ragazza.

«Pensavo leggessi solo fantasy.» si sorprese ad un certo punto.

Lei si girò e vide che aveva tra le mani L'interpretazione dei sogni di Sigmund Freud.

«E non lo pensi più?» gli domandò senza alcun reale interesse.

«Beh, non ne sono più così sicuro. Forse sì, divori solo fantasy, mentre di libri come questo potresti aver mal interpretato il titolo e, invece che leggerli, li usi come cuscino.» ironizzò.

«Leggerli? Quella è roba da pivelli. Io ci dormo su e il contenuto lo sogno.» spiegò sarcastica.

«E poi al mattino scrivi quello che hai capito?» tentò di costruire un legame tra i libri e quell'assurdo scarabocchiare alla scrivania che aveva momentaneamente interrotto.

«Non.»

Il rossiccio attese la fine della frase, ma siccome non arrivò, la spronò a continuare: «Non cosa?»

Irish coffee and northern poppiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora