Ganimede e Tantalo

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Ganimede era un bellissimo ragazzo figlio di Troe, re di Troia.

Suo padre lo mandò in Lidia, perché offrisse un sacrificio a Giove.

Tantalo, re del paese, lo trattenne utilizzando la sua autorità e lo destinò a fare da coppiere alle sue mense.

Giove, però, avendolo visto un giorno dall'alto dei cieli, si invaghì di lui e lo fece rapire da un'aquila, che lo portò sull'Olimpo.

Giove, però, avendolo visto un giorno dall'alto dei cieli, si invaghì di lui e lo fece rapire da un'aquila, che lo portò sull'Olimpo

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Lì lo nominò coppiere alla mensa degli dei e lo collocò anche nei cieli, dove formò la costellazione dell'acquario.

Tantalo, invece, per vendicarsi dell'affronto fattogli da Giove, escogitò un terribile piano.

Un giorno invitò gli dei nella propria casa e, per provare la loro virtù divina, diede loro da mangiare a pranzo le carni di suo figlio Pelope.

Nessuno degli dei mangiò quel cibo, tranne Cerere che, essendo affamata, mangiò una spalla.

Giove resuscitò Pelope e gli fece una spalla di avorio, al posto di quella che aveva mangiato Cerere.

Tantalo fu precipitato nel Tartaro e  fu immerso in una vasca con sopra un albero carico di frutti.

Egli non poteva assaggiare nè l'acqua nè i frutti , perché, appena allungava la mano per coglierne, i rami dell'albero si allontanavano e, se tentava di abbassarsi per bere, l'acqua gli sfuggiva.

Egli non poteva assaggiare nè l'acqua nè i frutti , perché, appena allungava la mano per coglierne, i rami dell'albero si allontanavano e, se tentava di abbassarsi per bere, l'acqua gli sfuggiva

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