Capitolo 4

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Sakura ebbe un'ora intera per riprendersi da quell'incontro a dir poco imbarazzante.
Si perse nella contemplazione della tappezzeria scura della carrozza, delle finiture in oro delle maniglie e delle stoffe pregiate e morbide che foderavano le poltrone di rosso, dando un tocco ancor più elegante e sfarzoso a quello che era un semplice mezzo di trasporto.
Osservare tutta quell'opulenza non le fece lo stesso effetto che le aveva fatto all'andata.
Prima di incontrare il duca si era sentita oppressa da tanto sfarzo, intimidita da tanto splendore e la casa in cui lo aveva incontrato le aveva fatto il medesimo effetto con tutte quelle statue pregevoli che ornavano i corridoi, le sontuose tende alle finestre, i vasi preziosi disseminati qua e là, il delicato tavolino di vetro coi piedi lavorati in bronzo che dominava il salotto, il pesante specchio con la cornice d'oro in cui si era rimirata prima di sentire la sua presenza alle spalle... ogni cosa in quel luogo gridava ricchezza.
Ma quando aveva incontrato i suoi occhi scuri era sparito tutto, la sua persona emanava un'aura tale che sembrava fagocitare ogni cosa lo circondasse.
Sentirsi studiata da lui l'aveva innervosita non poco e i suoi silenzi avevano rischiato di mandarla in paranoia, per non parlare delle sue domande, tanto imbarazzanti che verso la fine era stata costretta a rispondere a monosillabi, faticando a reggere tutta quella tensione, ma aveva tenuto duro, mostrandosi spavalda e forte, nonostante la confusione interiore in cui era sprofondata.
Avere a che fare ogni giorno con pazienti non sempre facili e con un dottore estremamente esigente e autoritario, aveva temprato il suo carattere, ormai sapeva rispondere a tono se ce n'era bisogno, non era più una dolce fanciulla indifesa e di certo lo aveva dimostrato anche al duca, adesso restava solo da attendere la decisione.
Lui era stato così imperscrutabile alla fine, quando era stata sul punto di dargli uno schiaffo, che non sapeva assolutamente se lo aveva convinto oppure no.

E se lui accettasse di sposarsi con me? Come sarebbe essere sposata con un uomo del genere? Passare le giornate con lui? Farsi toccare dalle sue mani come ho sentito dire, un marito tocca la propria moglie?

Quest'ultimo pensiero la fece arrossire tanto che il colore delle sue guance avrebbe potuto far concorrenza a quello del lussuoso sedile sul quale sedeva.
Cercò di scacciare il pensiero, soffermandosi su altre cose. Orochimaru le aveva detto che era malato di cuore e lei si era aspettata di trovarsi davanti un uomo molto più vecchio, almeno quarantenne, invece si era trovata davanti un uomo nel fiore degli anni e molto, molto bello. Trovava strano il modo in cui il gentiluomo aveva deciso di prendere moglie.

Potrebbe avere qualunque donna disposta a sposarlo, prendersi cura di lui e dargli un erede, perché farne cercare una da quel losco avvocato?

Si sentiva stupida a farsi venire tutti quei dubbi solo adesso che il colloquio era terminato, ma in sua presenza sembrava che il cervello avesse smesso di funzionare bene, lasciando il comando ai sensi.
Ripercorse con la mente la linea sensuale del suo volto, il lieve accenno di barba che gli induriva i lineamenti, il naso dalla forma aristocratica, le sopracciglia ben delineate che sormontavano i due occhi ipnotici, le labbra sottili da cui erano uscite parole taglienti come rasoi, la posizione immobile delle sue mani mentre discutevano, il luccichio dei gemelli con incise le sue iniziali ai suoi polsi, le ciocche scure di capelli che sfioravano il colletto della camicia che celava le spalle larghe. Sembrava un angelo all'esterno, ma le sue parole dirette e calcolate le avevano fatto intuire che dietro quell'attraente esteriorità si celava un animo determinato, caparbio e intelligente. Aveva intuito la sua reticenza nel raccontargli tutto, anche se era riuscita a non dire niente di sua sorella. Ce l'avrebbe fatta a nascondere la verità nei mesi a venire?
In quel momento la carrozza si fermò, sentì il cocchiere scendere dalla cassetta e ordinare al valletto che lo accompagnava di aprire lo sportello.
Non appena uno spiraglio di luce penetrò l'oscurità dell'abitacolo, Sakura si riparò gli occhi con la mano destra, poi, abituatasi al cambiamento di luminosità, si alzò in piedi, sollevando leggermente la gonna dell'abito e, accostandosi all'uscita, si allungò per afferrare la mano tesa del valletto che la aiutò a scendere.
Il ragazzo dai capelli castani molto disordinati, le fece un sorriso, mettendo in evidenza gli strani segni rossi tatuati sulle sue guance, e si congedò, tornando a sedersi accanto al cocchiere che era vestito in modo talmente pesante e con abiti così avvolgenti che di lui si riuscivano a vedere a malapena i capelli, visto che anche gli occhi erano coperti da pesanti occhiali scuri.
Dovrebbe essere quasi mezzogiorno, con un po' di fortuna saranno tutti a mensa e non dovrei incontrare nessuno nei corridoi, rifletté Sakura.
Il ticchettio dei suoi tacchi sul pavimento dell'ingresso la innervosì, era un rumore che poteva attirare attenzioni indesiderate, quindi accelerò l'andatura e si diresse verso il grande corridoio sulla destra e proseguì superando una ventina di camere, fino ad arrivare in fondo dove si trovava lo spogliatoio. Chiuse in fretta la porta dietro di sé, sospirando di sollievo e aprì l'armadietto che le era stato assegnato.
Togliersi quel vestito e indossare l'ormai familiare tenuta bianca da infermiera, la fece sentire di nuovo se stessa, la solita Sakura, ma prima di tornare al lavoro, sfiorò delicatamente la seta verde e chiuse l'armadietto celandovi dentro speranze e desideri per il futuro.

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