Capitolo 12

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L'odore di bruciato appestava l'aria, appiccicandoglisi ai vestiti e alla pelle, e riempiendogli i polmoni, costringendolo a tossire.
"Coff! Coff!"
Ma imperterrito il giovane uomo cercava di entrare nella Villa, ormai avvolta dalle fiamme che aveva visto levarsi in alto nel cielo mentre tornava a casa in groppa al suo cavallo.
Sconvolto, aveva spronato al galoppo il suo fedele Chidori, sperando di trovare i suoi genitori e i servitori ad aspettarlo là fuori, illesi, anche se spaventati. Invece aveva trovato il pesante cancello di ferro aperto e il giardino e i dintorni deserti, mentre l'incendio divorava ogni parete, ogni mobile, ogni vita, illuminando l'oscurità della notte con una luce incantevole quanto letale.
"Sasuke!"
Una voce sovrastò il crepitio del fuoco, mentre una delle finestre del primo piano andava in pezzi ed una figura avvolta dalle fiamme si lanciava attraverso di essa, atterrando sul prato.
"Itachi!" gridò il ragazzo, avvicinandoglisi di corsa. Si tolse la giacca e la usò per aiutarlo a soffocare il fuoco, mentre si rotolava a terra.
Non appena l'ultima fiammella si spense, l'uomo si fermò a prendere fiato.
"Grazie, fratellino!", riuscì a dire alla fine.
"Itachi... nostro padre e nostra madre?" gli chiese con angoscia crescente.
Guardando con espressione sofferente suo fratello minore, scosse la testa. Per poi aggiungere: "Mi dispiace, Sasuke... non sono riuscito ad arrivare in camera loro."
In quel momento il tetto crollò, seppellendo ogni cosa tranne l'urlo di disperazione di Sasuke.

Il duca di Remington si svegliò di colpo, in un mare di sudore, imprecando tra sé e sé. Odiava quei sogni che lo tormentavano periodicamente, erano ormai passati dieci anni dalla morte dei suoi genitori, ma ancora non riusciva a farsene una ragione.
Cercando di calmare il battito impazzito del proprio cuore, passò una mano tra i capelli umidi e sollevò il busto, appoggiandosi meglio al cuscino e sfiorando inavvertitamente qualcosa di caldo e morbido.
Girando lo sguardo alla propria sinistra, prese ad osservare sua moglie che giaceva accanto a lui, avvolta solo dal lenzuolo di raso bianco, con la testa abbandonata sul cuscino, i lineamenti distesi nell'incoscienza del sonno e i capelli sparsi attorno a loro come una coltre rosa.
Un improvviso senso di trionfo prese il posto della rabbia e del dolore che avevano pervaso i suoi sogni. Aveva compiuto un altro passo verso la realizzazione del suo desiderio.
Finalmente si era sposato e aveva fatto l'amore con Sakura.
Durante quella settimana di "conoscenza" aveva pensato più volte a come sarebbe stato, ma non avrebbe mai immaginato di provare una passione tanto intensa da perdere la ragione. All'inizio aveva preso in mano la situazione, sentendosi come un maestro che si trova davanti un'alunna timida e ignara, l'aveva dileggiata, sedotta, ma ogni bacio e ogni carezza si era ripercossa su di lui e quando finalmente era entrato in lei, si era sentito completo, capito, accettato,... a casa.
Quando la prima luce del mattino colpì le delicate spalle di sua moglie, dovette trattenere l'impulso di toccarla.
Quella pelle alabastrina tinta di rosa e arancione era una vera tentazione. Avrebbe voluto svegliarla e fare di nuovo l'amore con lei, ma sapeva che lei probabilmente sarebbe stata dolorante per la notte appena trascorsa, dopotutto era stata la sua prima volta, quindi con uno sbuffo si alzò, cercando di non svegliarla, scostò leggermente le tende del baldacchino e si diresse verso la camera attigua.
Aveva bisogno di un bagno, preferibilmente tiepido, visto che la stagione non gli permetteva di farne una fredda senza rischiare di morire congelato, anche se sarebbe stato più utile per placare i bollenti spiriti che la vista di sua moglie nuda nel loro letto aveva risvegliato in lui.
Tirando la corda del campanello, suonò per chiamare la servitù e, nell'attesa, rimase a fissare il panorama fuori dalla finestra.
L'antico orologio della camera da letto batté le sei.

* * *

Un'ora dopo, Sakura si svegliò da sola nell'elegante camera da letto del duca.
Sbadigliando, sbatté le ciglia, nel tentativo di scuotersi dallo stato di torpore indotto dal sonno e mise piano piano a fuoco la stanza.
Dove sono?
All'improvviso i ricordi della sera precedente si fecero avanti, riportandole alla mente la visione di ogni dettaglio di quello che era successo.
Il duca che entrava nella stanza... il dolce e ritmico toccarsi dei loro corpi durante la danza,... la sensazione delle fresche lenzuola di seta sulla pelle nuda in contrasto col calore del corpo di suo marito,... la compattezza di quel torace premuto contro il seno,... i gemiti di Sasuke sussurrati all'orecchio... il dolore seguito dal piacere e da un senso di comunione e pace che non aveva mai nemmeno sognato di provare.
Quando lo aveva visto muoversi per la stanza per spegnere le luci si era fatta quasi prendere di nuovo dal panico, ma vederlo spogliarsi lentamente sotto la luce fioca dell'unica candela rimasta accesa, l'aveva lasciata preda di un desiderio così intenso che il resto era venuto da sé in modo naturale.
Il duca aveva ragione, pensò. Anzi... Sasuke. Devo smetterla di considerarlo un estraneo, ormai siamo sposati.
Era quasi incredula di aver vissuto tutto quello. Non immaginava che potessero esistere simili sensazioni. Se non fosse stato per il peso della vera al suo anulare e per le lenzuola che recavano ancora l'impronta e l'odore del corpo di Sasuke, avrebbe potuto pensare di aver sognato tutto.
Si stiracchiò pigramente, poi si sollevò e cercò di alzarsi.
Una fitta leggera la colpì al basso ventre, si sentiva molto indolenzita per tutta quell'attività fisica. Un'unica macchia di sangue tra le gambe testimoniava la perdita della sua verginità.
Ripensando alle ridicole raccomandazioni che le erano state inculcate fin da ragazzina riguardo il sesso, scosse la testa. Era proprio vero che finché non si provavano le cose sulla propria pelle non si poteva sapere cosa si provava.
Scostate le tende, prese la camicia da notte, caduta ai piedi del letto e la indossò per poi dirigersi verso la toeletta per rinfrescarsi il viso con l'acqua del catino e tirò la corda del campanello per chiamare Matsuri.
Un leggero bussare indicò il suo arrivo.
"Posso entrare madame? Sono Matsuri."
"Entra pure," rispose la duchessa.
"Il duca l'attende per la colazione."
"Scenderò subito. Puoi aiutarmi a raccogliere i capelli in un semplice chignon?"
"Certamente, madame. Avete scelto quale abito indossare?"
"Quello di mussola blu andrà benissimo."

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