Capitolo 25

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Al posto mio avresti fatto la stessa cosa! 

Le parole di Sakura riecheggiavano ancora nelle orecchie di Sasuke che, date disposizioni a Kakashi affinché il suo ufficio fosse risistemato, aveva preso la carrozza per dirigersi a casa dell'unica persona che poteva aiutarlo: Naruto.
Il duca era consapevole della veridicità delle parole di sua moglie: al suo posto avrebbe fatto la medesima cosa. Eppure nel suo cuore era deluso da tanta diffidenza e mancanza di fiducia, inoltre si sentiva di nuovo ingannato da una persona che amava, perché era indiscutibilmente amore quello che provava per lei, inutile ingannarsi e negare, ma, proprio come Itachi, lei non si era fidata di lui, non lo aveva messo a parte di cose importanti, non lo aveva ritenuto capace di aiutarla, lo aveva sottovalutato.
Si sentiva un idiota per essersi fatto ingannare in quel modo, era sempre stato abile a comprendere le persone, eppure quando si trattava di qualcuno di così vicino a lui, il suo istinto si assopiva, come se l'affetto diventasse una membrana attraverso la quale non riusciva a scorgere la verità. 
La rabbia che provava per l'inganno e il tradimento di Sakura però era infinitesimale se confrontata a quella che provava per il vile ricatto dell'avvocato e del dottore, i due uomini si erano approfittati della loro fiducia, li avevano fatti conoscere solo con lo scopo di poter ricattare Sakura una volta sposata e quindi divenuta in grado di pagare un'ingente somma per il loro silenzio. Fino a quel momento quel segreto era stato taciuto e messo nel dimenticatoio, ma era evidente che la sua idea di prendere moglie aveva innescato un meccanismo di cui i soli a guadagnarci sarebbero stati loro. O almeno Orochimaru e Kabuto la pensavano così.
Sasuke era sicuro che i due uomini fossero sicuri del fatto che sua moglie non avrebbe confessato mai, per paura di ripercussioni sulla madre, invece lui l'aveva messa alle corde, scoprendo da solo dei furti e costringendola a confessare. 
Non sapeva se credere o no alle sue parole. Davvero era stata sul punto di confessargli tutto di sua sponte? La partenza di Ino e Mebuki era davvero un modo per metterle al sicuro, per aggirare i suoi ricattatori e confessare ogni crimine? 
Una parte di lui, quella debole e bisognosa di affetto, voleva disperatamente credere a sua moglie, tornare indietro e stringerla fra le braccia, superando quel muro che aveva eretto tra loro; l'altra parte, governata dall'orgoglio del suo sangue nobile, voleva solo punire lei e i due vigliacchi che avevano tramato alle sue spalle. 
Chi gli diceva che non fosse tutto un piano di Orochimaru? Che sua moglie non fosse stata a conoscenza di ogni dettaglio del piano dell'avvocato?

No, non è possibile. Se fosse stato così avrebbe inventato un'altra storia per giustificare i furti e avrebbe aspettato che io morissi per sposare uno dei due, magari quel Kabuto per cui ha lavorato tanto a lungo. Questi furti sarebbero stati inutili.

Quando la carrozza finalmente si fermò, ponendo fine ai suoi ragionamenti, scese di corsa, senza aspettare che Kiba gli aprisse e cominciò a bussare alla porta di casa Uzumaki dapprima piano e poi sempre più forte, finché un Naruto incazzatissimo non aprì la porta, imprecando.
"Chi diavolo è che bussa come un pazzo?"
Vedendo l'espressione tesa e gli occhi cupi del suo migliore amico, l'Uzumaki si calmò e si fece da parte, facendolo entrare.
"Che succede, teme?"
"Dobbiamo parlare."

* § 🌙 § *

Naruto aveva ascoltato ogni parola del suo migliore amico, camminando nervosamente per tutto il salotto, mentre l'Uchiha, seduto su una poltrona, gli raccontava ogni cosa, dalla prima diagnosi del suo male fino al ricatto di Orochimaru e Kabuto.
Quando finalmente tacque, si sentì più leggero, ma anche sfinito. Non era abituato a parlare tanto, nemmeno con lui.
"Finalmente ti sei deciso a dirmi tutto!" sbottò Naruto, fermandosi di fronte a lui.
"Sai che mi ci vuole tempo per digerire le code e comunque volevo evitare di sentirmi compatito. Soprattutto da te."
"Non ti compatisco, ti voglio bene come un fratello, quindi sapere che stai male non mi fa provare pena per te, ma dolore. Quel peso lo porto anch'io" gli rispose, diretto.
"Non mi sembri tanto sorpreso..." affermò il duca, osservando il volto teso, ma deciso del suo migliore amico.
"Lo sapevo già della tua malattia, le tue richieste urgenti di trovare Itachi mi hanno insospettito, soprattutto perché in circostanze normali saresti andato direttamente tu a cercarlo, non avresti delegato un simile compito a nessuno. Nemmeno a me.
Alla fine Neji mi ha raccontato tutto, sapevo che da te non sarei riuscito a sapere nulla quindi ho interrogato chi mi sembrava sapere qualcosa."
"Tsk. Conoscendoti gli avrai dato il tormento."
"Ehi! Io non tormento nessuno!"
"Certo come no! Sai essere molesto come nessun altro" rispose Sasuke. Dopotutto lo conosceva bene.
"Quando ho saputo la verità mi sono arrabbiato molto, anche tu hai mancato fiducia nei miei confronti come Sakura nei tuoi e lei ne ha motivo visto che ti conosce da pochi mesi,... 
Ma io e te siamo amici da anni. Come hai potuto nascondermi una cosa così grave?" gli chiese, arrabbiato.
"Perché non ti sei precipitato a casa mia allora?"
"Volevo farlo. Volevo prendere una carrozza e farmi tutte quelle ore di viaggio solo per il piacere di darti un pugno per farti sputare fuori la verità "
"Tsk. Come se io mi favessi colpire tanto facilmente"
Avere l'ultima parola in una discussione con un'Uchiha era impossibile, soprattutto se l'Uchiha in questione era Sasuke.
"Alla fine però Hinata è riuscita a farmi ragionare. Ormai dovrei essere abituato ai tuoi modi di fare contorti.
Mi ha detto che è proprio perché abbiamo un legame forte che non volevi farmi sapere della tua malattia, lasciandomi all'oscuro di tutto mi sarei risparmiato mesi di agonia e preoccupazione" disse il biondo, puntandogli addosso i suoi occhi azzurri e mantenendo il contatto visivo.
Dopo minuti di silenzio in cui i due uomini continuarono la sfida di sguardi, il duca decise di cambiare argomento. 
"Non sono venuto qui per un chiarimento o una predica!"
"Ah, no? Eppure non ti farebbe male! Come hai potuto trattare in quel modo tua moglie? Sei tanto cieco da non aver capito che lei ti ama davvero?"
"Come fai a dirlo? L'avrai vista sì e no, quattro volte in totale!" urlò il moro, stanco di essere messo all'angolo come se fosse lui il colpevole e non lei.
"Sono bravo a giudicare le persone e comunque è evidente da tutto quello che mi hai detto. Sakura viene da una famiglia caduta in disgrazia, è stata tradita dal padre che voleva venderla come merce di scambio e da Kabuto, che le ha dato un lavoro conquistandosi la sua fiducia e poi l'ha ricattata. Davvero non riesci a metterti nei suoi panni? Manchi così tanto di empatia?"
"Come ti ho già detto, non sono qui per una predica" replicò l'altro, duro.
"E allora perché sei qui?" decise infine di abboccare Naruto, soddisfatto di essere comunque riuscito a dire la sua sulla questione 'Sakura e i suoi furti'.
"Mi serve una mano per sistemare una certa questione" affermò l'Uchiha, inarcando le labbra in un sorriso diabolico e... pericoloso.

* § 🌙 § *

Un leggero bussare alla porta distolse l'avvocato dai documenti che ingombravano la sua scrivania, erano giorni che tentava di venire a capo di un caso in cui il suo cliente, un poliziotto di nome Morino Ibiki, aveva torturato a morte uno dei suoi prigionieri, peccato che il morto in questione fosse niente di meno che il figlio di un giudice e quindi avesse bisogno di aiuto per non finire sulla forca. Orochimaru era sicuro che non sarebbe riuscito a salvarlo almeno non agendo per vie legali. Una fuga dal tribunale, posto meno sorvegliato delle prigioni, era la scelta migliore e l'aveva subito proposta all'uomo, ma doveva comunque essere convincente come avvocato della difesa e preparare il materiale necessario al processo.
"Avanti!" disse, lasciando cadere la penna nel calamaio, grato di poter avere una distrazione da quel noioso ed inutile compito.
"Buongiorno! Ho portato quello che mi hai chiesto" disse Kabuto, entrando nello studio con una valigia in mano.
Orochimaru lo osservò, perplesso,"Di cosa stai parlando?"
"Di questi!" rispose il medico, mostrando il denaro stipato nel suo bagaglio,"Sono una bella cifra, ma niente in confronto a quelli che avremo una volta che sarò riuscito a sposare la cara Sakura. Povera sciocca, quando il suo maritino tirerà le cuoia sarà costretta ad accettare la mia proposta di matrimonio o sua madre finirà sulla forca per aver ucciso il marito. Non vedo l'ora di averla tra le mie mani e poi... Noi due potremo goderci i frutti di questi mesi di attesa" aggiunse, ridendo sadicamente. 
"Perché hai portato qui i soldi? Avevamo deciso di tenerli alla clinica" gli chiese il suo complice e amante, guardandolo con espressione greve e contrariata.
"Mi hai inviato un messaggio qualche ora fa in cui mi chiedevi di venire qui stasera alle otto" gli rispose l'altro, sorpreso dalla reazione dell'avvocato.
"Io non ho fatto nulla del genere!" gli rispose Orochimaru, alzandosi dalla sua poltrona per fissarlo meglio negli occhi.
"E allora cosa..?"
Kabuto non riuscì a finire la frase, sorpreso da un forte rumore proveniente dalla porta che era stata divelta sui cardini per far entrare Sasuke Uchiha con in mano una rivoltella puntata contro di loro.
"Sono stato io ad inviare il messaggio" affermò il nuovo arrivato,"Eravate così sicuri del fatto che Sakura non mi avrebbe mai detto la verità, per paura delle conseguenze, che avete abbassato la guardia".
"E cosa vorreste fare Uchiha? Consegnarci alle autorità? E con quale accusa?" chiese l'avvocato, senza celare la boria pur restando sul chi vive.
"Non si preoccupi di questo, una scusa la troverò! Fabbricare prove false non è una vostra prerogativa. Arrendetevi!" 
"Non ci penso neppure!" rispose il medico, facendosi scivolare nella mano destra il bisturi che teneva sempre nascosto nella manica e lanciandoglielo contro.
Sasuke non si fece prendere alla sprovvista, si scansò, evitando di essere ferito, ma perse la mira sui suoi avversari e Kabuto cercò di disarmarlo con un calcio.
Nemmeno Orochimaru perse tempo, anzi prese il pesante fermacarte a forma di serpente che era sulla sua scrivania e si avventò contro il duca, deciso a spaccargli la testa.
Nella concitazione del momento nessuno notò l'uomo biondo che si era affacciato alla porta, almeno finché non sparò col moschetto che reggeva tra le mani, colpendo il viscidolegale ad una spalla.
Kabuto e Sasuke si immobilizzarono nelle loro posizioni.
"Allora... Devo sparare anche a te o vieni con noi senza fare storie?"
Il dottore si allontanò dal duca, alzando le mani in segno di resa e Naruto si fece avanti con le manette in una mano. Mai gesto fu più avventato perché i due malviventi erano tipi piuttosto coriacei e poco avvezzi alla resa: non appena il biondo fu vicino, il dottore tirò fuori un altro bisturi e lo colpì al braccio destro, mentre contemporaneamente l'avvocato si rimetteva in piedi e si lanciava contro Sasuke. 
Nella concitazione del momento, tra pugni, calci e schivate, nessuno dei due gruppi prevalse sull'altro almeno per qualche momento, poi si sentì l'ennesimo colpo d'arma da fuoco, esploso questa volta dalla rivoltella dell'Uchiha.
Kabuto si accasciò a terra con una ferita al cranio, ormai privo di vita.
La pallottola era partita inavvertitamente mentre i due uomini lottavano per il possesso dell'arma. 
Sorpreso da quanto successo, Orochimaru si distrasse un secondo, dando uno spiraglio d'azione al duca che lo spedì a terra con un pugno e a Naruto che riuscì a mettergli le manette, pur impedito dal braccio offeso.
"Spero tu non voglia fare la stessa fine del tuo socio" gli disse il nobile, cercando di riprendere fiato.
Non ottenne risposta dall'uomo che continuava a guardare la pozza di sangue che si allargava sul pavimento.
Fu solo quando, costretto a rimettersi in piedi per essere portato da Neji che l'uomo si decise ad aprir bocca.
"Me la pagherai cara, Uchiha!"

* § 🌙 § *

Nella taverna dell'Akatsuki intanto, Itachi e Pain sorseggiavano l'ennesima birra, leggendo gli ultimi rapporti di Sasori e Deidara che ormai da mesi pedinavano Zetsu, il traditore dell'organizzazione, scoprendo sempre di più i loschi traffici che lo legavano a Madara.
Quando scoccò la mezzanotte, Konan si avvicinò loro, facendo scivolare un biglietto sul tavolo, senza dire nulla.
La rana è nella pentola lessero i due uomini, che, soddisfatti della notizia, si alzarono in piedi, sotto lo sguardo preoccupato della donna e si diressero verso l'uscita.
Era il momento di agire.

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