È notte nel grande appartamento. il buio si è insinuato in ogni angolo. l’assenza di luce è forse riflesso dell’assenza dei sentimenti, dell’assenza delle parole e più in generale dell’assenza stessa. non c’è. fine.
L’uomo apre gli occhi e non vede niente. cioè vede il buio, che non è esattamente la stessa cosa. il buio è una condensazione di assenza davanti alle retine scoperte. le palpebre scostate hanno rivelato questo nero sciropposo che si è subito appiccicato agli occhi aperti. e l’uomo è rimasto cieco.
Ha per prima cosa tentato di allungare una mano tremante verso l’interruttore della luce. quella mano trema perchè l’uomo non si è svegliato per caso. è sicuro di aver sentito un rumore provenire da una stanza non meglio identificata. comunque un rumore che in piena notte non si dovrebbe sentire in una casa occupata in quel momento da persone che dormono e ricolma di buio. il rumore è sembrato un tonfo leggero. un piccolo colpo sul legno del pavimento ben lucidato. forse seguito da un tenue scricchiolio. non è certo. alcuni minuti passano. sembrano ore ma il suono non si ripete. l’uomo pensa di aver sognato ma il buio tutto intorno rimane. persiste col suo peso immenso e incorporeo.
L’uomo cerca di convincersi di aver sognato. cerca di concentrarsi sul suono del respiro di lei, che si sente appena perchè il suo viso è rivolto dall’altra parte. quando le palpebre stanno per richiudersi, il buio per un attimo palpita. sussulta. freme.
Una scarica di adrenalina viene pompata in tutto il corpo di quell’uomo che adesso ha tutti i sensi allertati al massimo. le orecchie tese allo spasimo. gli occhi fitti in quell’oscurità densa. tenta di avvertire persino una variazione negli odori dell’aria. niente.
A terrorizzarlo è un attimo dopo ciò che percepisce col tatto. sul suo petto che si alza e abbassa con un ritmo elevato per la tensione, avverte una pressione. leggera da principio ma poi sempre più chiara e netta. il buio si posa sul suo petto e lo preme. il corpo del buio, che prima era incorporeo e quasi etereo, ora si fa sempre più presente. sempre più presente. e preme e preme.
Il fiato dell’uomo si fa mozzo. il peso sul suo petto gli impedisce di respirare liberamente. il suono che sente di più è quello del suo stesso respiro che si fa strada dalla bocca ai polmoni con sempre maggior fatica. poi un altro suono si insinua nel suo terrore. è il suono di un altro respiro. come di vento tra le colonne di un tempio e l’odore è quello di ere innumerevoli stratificate l’una sull’altra e imputridite insieme, fino a mescolarsi in un titanico passato ormai concluso. l’odore è quello delle stesse profondità dell’abisso, spalancatosi ed ansimante sopra di lui. e preme.
L’uomo sta per cedere. sente che il terrore è più grande di lui. capisce che il buio sta entrando dentro di lui. lo sta prendendo. lo sta strappando dalla vita per trascinarlo in un incubo infinito. il suo cuore pompa all’impazzata. calde lacrime di pura paura gli sgorgano dagli occhi ciechi, quando al suono si aggiunge l’eco lontana di una coro demoniaco che stride in quella che sembra essere una lontana sala di oblio.
L’uomo sente dita scheletriche affondargli nell’anima per ghermire la vita calda che ancora si nasconde dentro di lui. e lui sta per lasciarla andare. il mondo non è mai esistito, niente esiste solo il terrore e ciò che lo provoca. l’uomo è completamente paralizzato e solo.
D’un tratto tutto si ritrae. l’aria fredda della notte gli entra nei polmoni raggelandoli dolorosamente. il silenzio ha preso il posto di quella cacofonia delirante. il buio terribile si è ritratto. lo ha lasciato.
L’uomo ha sentito accanto al suo, il caldo piede di lei. e si è salvato.