Schizophrenia

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*È la mia storia preferita*

Acqua che gocciola dal soffitto, cadendo nella pozza sottostante, marrone e putrida, emanatrice di un tanfo nauseabondo, come le carcasse di animali nel deserto.

Rinchiuso ormai da 10 anni in questo edificio decrepito, dove i muri si sgretolano come tessere di un puzzle infinito e privo di qualsiasi colore, sei convinto che prima o poi rivedrai il tuo vecchio compagno di giochi, ma per il momento, sei bloccato da quella maglia biancastra e stretta da cinture un cuoio.

Puoi solo alzarti o sederti, in quell'angusto spazio di 5x5 metri quadrati. La luce lunare passa attraverso quei vetri sudici e crepati in alcuni punti, il letto ricoperto da lenzuola sporche ed umide, stracciate, fatte a brandelli, il muro solcato da frasi senza un nesso logico.

''Miele.''

''W...''

Per te hanno un senso forse? Cerchi di spiegarlo ai medici che ti legano ad un lettino e ti fanno domande private o difficili da rispondere, cercando riparo nella tua ''fantasia'' contorta dalla malattia che ti perfora lentamente, come una trivella che entra nel terreno.

''Si calmi signor Robin, andrà tutto bene.''

Ogni giorno, ogni ora, ogni dannato minuto ti ripetono questa frase mentre ti iniettano del sedativo color giallastro. Quel colore attanaglia la tua mente, i tuoi ricordi, la tua gioventù infranta.

''Perché mi fate tutto questo? Voglio andare a casa.''

Ripeti fino a che la tua gola non si secca e non riesci a dire nemmeno una vocale.

Casa. E' proprio da li che ti hanno ''rapito'' e rinchiuso qui.

Perché?

I dottori dicono solo che tu sei molto malato e vogliono curarti.

Menzogne. Menzogne su menzogne.

Non tornerai mai a casa, questa sarà la tua prigione, il tuo futuro Limbo dal quale non potrai mai uscire. Puoi solo piangere ciò che hai perso da tempo ormai, ma anche le lacrime bruciano, graffiano la tua pelle come artigli, soffochi delle urla di rimpianto e rancore, ti dondoli avanti e indietro.

Ti addormenti, distrutto dal sonno e dallo stress. Qualcosa disturba il tuo sonno poco dopo.

Uno statico.

Un ombra si erge dal fondo della stanza e con uno scatto si gira verso di te.

La sua testa si inclina a destra e sinistra, tremante, ti guarda con occhi vitrei e un ghigno da far rabbrividire. Ti graffia le braccia e il volto, ti morde il petto, cerca di trascinarti giù dal letto, ma riesci a resistere, impedendogli di portarti via.

Urli in preda al panico.

I medici arrivano in fretta e furia, tentando di calmarti.

''E' li, mandatelo via, mandatelo via!''- urli.

''Signor Robin, qui c'è solo lei. Sedatelo.''

Quel liquido giallastro si propaga nuovamente nelle tue vene e in poco tempo ti addormenti sereno.

''Credi che un banale sedativo possa fermarmi? Sciocco di un ragazzino.''

Ti risvegli in un bosco, il tuo bel bosco soleggiato, con alberi rigogliosi, cespugli verdeggianti, fiori di ogni colore, quel vecchio ponte in legno. Ed ecco li i tuoi amici, che girano in cerchio cantando e sorridendo.

Ti avvicini, ma loro si allontanano.

''Amici, non andate via, non lasciatemi qui.''

Ti risvegli, sudato, con un blocco alla gola, senti l'aria mancare. Mordi il pollice con tutta la forza che hai nei denti, così da farlo sanguinare. Inizi a scrivere sul muro con il tuo sangue e ridi sguaiatamente. Dopo qualche minuto, il muro è imbrattato da scritte prive di significato.

''Miele.''

''Orsetto.''

''Non lasciatemi.''

''Voglio tornare a casa...''

Non sei ancora contento della tua opera. Inizi a colpirti contro il muro, cercando di ferirti il più possibile. Sbatti la testa contro uno spigolo, causandoti una profonda e sanguinante ferita. Ti macchi la mano e inizi a disegnare qualcosa contro la parte imbrattata. Il tempo passa, il dipinto prende forma e tu inizi a sentirti debole. Cadi inginocchiato sul tuo letto, perdi i sensi. Eccoti di nuovo nel tuo Bosco dei Cento Acri, con il tuo caro e sciocco di un orsetto.

Soggetto: Christopher Robin. Stato attuale: Deceduto. Tipologia di malattia: Schizofrenia.

(Se non avete capito, Christopher Robin è il bambino del cartone di Winnie The Pooh)

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