Capitolo 12 - James

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"Grent! Per favore, mi apri?" continuo a frugarmi in tasca ma della tesserina per la porta, nemmeno l'ombra. Dovrei averla lasciata sopra il letto vista la foga che avevo di raggiungere la stanza di Bridget. Busso più forte nel caso sia a farsi la doccia e aspetto cinque minuti appoggiato al muro. Busso ancora: "Grent, non è divertente. Apri questa cazzo di porta."

Rassegnato al fatto che il mio compagno di stanza non c'è e che molto probabilmente non tornerà per la notte, decido di uscire all'aria aperta.

Non ti conosco, ha detto. Niente di più vero. In questi sei anni sono diventato un'altra persona. Più macabra, più solitaria, più triste, più irresponsabile. Ho iniziato a fumare, ho preso la droga, non mi importa di niente e di nessuno, rivolgo parola solo a chi voglio e ignoro chi mi sta indifferente. Ma non mi piaccio. Vorrei tanto avere la forza di tornare indietro, di buttare via il sacchetto di erba che ho in tasca, di eliminare ogni pacchetto di sigarette, di tornare a sorridere. Ma non ho una ragione per farlo, a nessuno interessa più quello che faccio.

Quando sono uscito non mi ha degnato ne di un saluto ne di un espressione. Ma alla fine è ciò che mi merito: lei non tornerà da me, ho dato per scontato il fatto che ci sarebbe sempre stata. Forse la vita l'ha cambiata ma sono stato io ad uccidere il nostro rapporto. Io che ero troppo impegnato con l'occasione della mia vita –poi sprecata- per stare dietro a lei e io che l'ho abbandonata quando aveva bisogno di certezze.

Mi siedo su una panchina, quella più appartata, ormai con l'idea che la nostra amicizia non potrà più riprendere forma. Tiro fuori il sacchettino dalla tasca e mi guardo intorno diverse volte prima di stendere una cartina sulla coscia e di posizionarci sopra l'erba.

Alzo lo sguardo di nuovo, giusto per controllare che nessuno veda quello che sto facendo.

I miei occhi la catturano, sembrano non volersi staccare da quella figura esile che sta osservando distrattamente un cagnolino quasi invisibile che salta tra l'erba.

Velocemente e senza dare nell'occhio scatto in piedi, infilo quello che avevo preparato in tasca e mi avvicino a lei con la convinzione che sia scesa nell'atrio per venire a riprendermi, per occuparsi di me.

Quando mi vede i suoi occhi sono attraversati da una striscia di emozioni infinita che però non riesco a decifrare. Si guarda più volte intorno come se prendesse in considerazione l'idea di scappare. Vuole scappare da me. Non appena il mio cervello lo realizza, i miei passi si fanno più lenti, la mia mente inizia a escogitare vie di fuga pur di non parlarle. Lei non mi vuole.

"James!" esclama sicuramente con più enfasi del dovuto. Sicuro che non ti voglia? Reprimo la vocina che mi distrae e comincio ad allungare il passo verso di lei. Ci sono solo pochi metri a dividere i nostri corpi.

"Cosa ci fai qui fuori tutta sola? Potrebbe essere pericoloso!" dico, accorgendomi troppo tardi di quanto sono patetico.

Infatti Bridget ride: "In effetti, potrebbe entrare uno stupratore, quel cagnolino potrebbe mordermi, quel ragazzo laggiù potrebbe venire a imbavagliarmi.."

"Okey, okey" alzo le mani in segno di resa "Ho detto uno stronzata."

Scoppiamo a ridere insieme e poi ci guardiamo negli occhi. Anche lei probabilmente sta pensando quello che penso io: erano un sacco di anni che non ridevamo così. Insieme.

"Che ci fai qui?" domanda dopo essersi ripresa dallo stato di trance.

"Te l'ho chiesto prima io" ribatto.

"Avevo bisogno di aria" tira corto mentre i suoi lineamenti si fanno tristi ma recupera subito: "Adesso sta a te."

"Oh, beh.."

I forget to forget youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora