“Walker, seguimi!” un giovane agente, forse il più novellino all’interno di questo carcere, sforza un sorriso sghembo e inserisce la chiave dentro la serratura della porta.
Lo scatto metallico mi provoca una serie infinita di emozioni che maschero dietro un colpo di tosse. Varcando la soglia di quell’orribile muro di metallo respiro l’aria della libertà, della felicità, della vita normale. Della vita che io avrei dovuto fare se non fossi stato così tanto imbecille.
Il mio cervello viaggia su tutti i possibili fronti: magari qualcuno è venuto a prendermi, qualcuno potrebbe essere venuto per smascherare Jack, oppure proprio lui stesso per farmi vedere quanto è contento che mi abbiano sbattuto dentro al posto suo. O forse Bridget, venuta per ribadire il suo amore per me e ricordarmi che ci sarà sempre, che mi aspetterà là fuori e quando quest’inferno sarà finito continueremo a vivere le nostre vite in maniera pacifica e tranquilla.
In un breve lampo mi viene in mente che possa essere Mark, venuto a vedere come sto e a preoccuparsi per me, ma poi ricordo che lui non fa certe cose.
Il giovane carabiniere mi conduce in un ufficio adornato con fotografie di vari soggetti: in basso, sotto al crocifisso un ritratto della regina mi guarda e mi sorride. Più a sinistra, il maresciallo stringe la mano a David Cameron.
A destra invece troneggiano vari certificati di merito, attestati di partecipazione, diplomi o stronzate varie di cui vantarsene.
Dopo cinque minuti di attesa il maresciallo fa capolino nell’ufficio e si siede nella grande poltrona di fronte a me, coprendo con il suo enorme capo la foto che lo rappresenta insieme al Primo Ministro Britannico.
“Walker.”
“Signor..” ruoto gli occhi velocemente, in cerca di qualcosa che mi suggerisca il suo cognome, poi individuo una targhetta accanto ad una foto che classifico ‘ritratto di famiglia’ e finisco la mia messinscena: “..Anderson, buongiorno.”
Il maresciallo arrangia un sorriso e i suoi occhi dicono ciò che la sua bocca non può dire: ‘Non mi intenerisci così, Walker’.
“Nonostante abbiamo delle prove da analizzare per poterla rimettere in libertà, dobbiamo ancora svolgere dei controlli e analizzare a fondo la questione. Inoltre dobbiamo capire se le prove che sono state rinvenute rivelino la verità oppure una semplice ragazzata.”
“Le prove? E chi le ha portate?”
“Queste non sono cose che la riguardano e ci sono una serie di norme che prevedono di non poter dare informazioni al detenuto per quanto riguarda quello che succede al di fuori di qui dentro.”
“Che grande stronzata!” commento a bassa voce, ma non troppo dato che il Carabiniere mi guarda torvo.
“Comunque, non è per questo che l’ho convocata in quest’ufficio. Anche se lei, in futuro, non risulterà il vero colpevole del caso per il quale è stato arrestato, abbiamo deciso con l’associazione di recupero che collabora insieme a noi che ha messo a disposizione tanti posti nella sua struttura, di mandarla in una clinica apposita per le persone che.. si, che si drogano.”
“Cosa?” balzo in piedi “Come potete rinchiudermi lì dentro se ancora non sapete nemmeno se sono stato io a spacciare? Siete davvero pazzi, non ci metterò nemmeno un piede!”
“E invece lo farà, eccome se lo farà! Se lei si impegna a risolvere il suo problema, in questo caso la droga, sarà più facile che torni in libertà.”
Sconsolato e senza voglia di ribattere mi alzo dalla sedia e abbandono la stanza. Al di fuori della porta, un agente è pronto a prendermi sotto braccio e accompagnarmi alla mia cella. Mi chiedo il perché di tutte queste formalità quando all’interno di questa struttura è impossibile darsela a gambe poiché ad ogni angolo un carabiniere scruta e osserva attentamente il tuo passaggio.
Un’ora più tardi, seduto nella brandina a guardare lo spiraglio d’aria che si intravede dalla piccola finestra, mi trovo a riflettere su come la mia vita subirà ancora un altro cambiamento.
Rinchiuso in una struttura per drogati, con persone ridotte a niente dalle sostante stupefacenti; dovrò interfacciarmi con loro, ascoltare i loro problemi e le loro storie e saranno tutte peggiori della mia.
Rabbrividisco pensando a quelle sedute di gruppo dove ognuno si alza e dice il suo nome e i ‘suoi peccati’: abbiamo sempre scherzato, con quelli che prima chiamavo amici, che prima o poi ci saremmo ritrovati in quelle condizioni e non ci posso credere che sono l’unico che sta per provarlo.
Per la seconda volta in giornata, lo scatto metallico mi provoca un’ondata di sensazioni e mi volto verso la porta della libertà o della reclusione, dipende dai punti di vista.
“C’è qualcuno che vuole parlare con te” mi dice soltanto lo stesso ragazzo di prima che mi ammanetta e mi conduce verso una stanza in cui non sono mai entrato.
‘Il salone degli incontri’ come l’ho sempre chiamato quando guardavo i film polizieschi, assomiglia ad una brutta scena di una pellicola horror. Grandi tavoli di acciaio sono disposti in maniera precisa, quasi maniacale e lunghi neon sono posti al di sopra con lo scopo di illuminare la stanza avvolta nella penombra.
Nel tavolo infondo, intravedo una folta chioma liscia. Capelli castani che si schiariscono sul biondo grazie ad una tecnica da parrucchieri che non ho mai capito come si chiama e una giacchetta nera. Bridget è di spalle, si sta massacrando le mani e si guarda intorno mentre sicuramente starà cercando di capire le vite delle persone che parlano nei tavoli accanto al suo.
“Ciao!” dico cautamente per non spaventarla.
“Jay” mi saluta con un flebile sussurro.
“Come stai?” domando.
Per un attimo mi pare sorpresa dalla mia domanda ma poi si riprende e appare di nuovo disinvolta.
“Oh ehm, sto.. sto bene. però dovrei essere io a chiederlo a te!”
Scoppio a ridere e mi ritrovo improvvisamente nostalgico di fronte ai suoi comportamenti. Sempre, e dico sempre, Bridget si preoccupa prima per gli altri e poi per se stessa. Non riesce ad essere al centro dell’attenzione e ha più a cuore la salute altri che la propria.
“Sto bene, dai” rispondo provando a mascherare l’enorme senso di vuoto che sento dentro di me. Avrei potuto rispondere in altri mille modi ma non riesco a turbarla di quanto più mi sembri già.
“E’ successo qualcosa? Ti vedo sconvolta!” le prendo una mano e lei al mio tocco sorride.
Le farfalle nel mio stomaco cominciano la loro danza vedendo che le faccio ancora lo stesso effetto e che forse i suoi sentimenti nei miei confronti non sono cambiati di una virgola.
Ma ti senti? Ridicolo.
La mia coscienza non accetta il fatto di un cambiamento radicale nel mio comportamento. Da ‘ragazzo scopo tutte quelle che trovo’ a ‘ragazzo super innamorato di un’unica persona’.
“Devo dirti una cosa” annuncia facendo un grosso respiro.
“Anche io.”
Entrambi sorridiamo e per un attimo mi sembra di rivivere tutti i momenti felici che ho passato con lei quando eravamo solo due stupidi adolescenti. Quando TU eri uno stupido adolescente puntualizza la vocina che sembra improvvisamente dalla parte di Bridget; beh, però forse ha ragione.
“Ragazzi, cinque minuti e Walker deve rientrare” ci interrompe una guardia fissando il suo orologio super tecnologico.
Con uno sforzo sovrumano rimango incollato alla sedia con gli occhi su quelli di Bridget e mi impongo di non replicare: le cose potrebbero solamente peggiorare.
“Credo che la tua sia una cosa più importante” le dico iniziando la tiritera che si vede nei film.
“No, vai tu” commenta e mi sembra impaurita.
“Abbiamo cinque minuti, anzi adesso di meno” mi decido “se ci sbrighiamo ce la facciamo entrambi. Inizio io che è breve e coincisa.”
A dire la verità ho una paura colossale a rivelarle quello che sarà il mio futuro per non so quanto tempo ma devo farlo per il nostro bene e per il nostro amore.
“Hanno deciso di mandarmi in uno di quei centri di recupero per la droga.”
Bridget spalanca gli occhi: “Cosa? Ma se tu non c’entri niente con questa storia? E poi per quanto tempo?”
“Io, io.. no, non c’entro niente ma il maresciallo questa mattina ha detto che hanno portato delle prove e devono ancora fare dei controlli per escludere che si possa trattare di una ragazzata.”
Adesso è infuriata: “Ragazzata? ma quello è pazzo!”
“Ne sai qualcosa?” domando e un’ondata di panico si impossessa del mio corpo per la paura che le possa essere successo qualcosa.
“Non dobbiamo parlare di questo, ora” ribadisce “comunque non è giusto che ti mandino là dentro se non sei tu a fare uso di droghe. Perché è così, vero?”
I suoi occhi sono velati, le sue guance rosse e sembra essersi dimenticata del fatto che anche lei deve dirmi la sua cosa.
“Bridget, ascoltami. Avrai sentito tante cazzate sul mio conto: le voci circolano veloci. Però su tutte le stronzate che ti saranno arrivate il fatto che mi faccio le canne potrebbe essere l’unica cosa vera.”
“Okey” sospira, come se volesse calmarsi “ma sono spinelli! Come fanno a rinchiuderti in un posto dove ci sono persone dipendenti da tutte quelle sostante più pese?”
Sospiro, affranto. “Non capisci tu come non capisco io. Purtroppo però devo fare la loro volontà se voglio uscire al più presto di qui dentro e se voglio tornare da te.”
Una lacrima solitaria attraversa il suo volto e un sorriso sghembo le appare sulle labbra.
“Ora sta a te!” annuncio vittorioso e curioso di sapere la sua novità.
“I cinque minuti sono finiti, signorina deve uscire.”
“Eh no, cazzo. La mia fidanzata è venuta per dirmi una cosa e adesso è il suo turno e io sono qui per ascoltare quello che deve dirmi e lei non può decidere quando mandarla via; abbiamo ancora da finire.”
Bridget scoppia a ridere e mi accorgo molto presto della figura da ragazza psicopatico che ho appena fatto.
“Hai appena detto un mucchio di cose ma mi piacerebbe che ripetessi la prima” mi dice lei con un sorriso stupendo stampato sulle labbra.
“Eh no, cazzo” dico stranito e senza capire dove vuole arrivare.
“Dopo?”
“La mia fidanzata.”
Realizzo il perché della sua risata felice, del suo sorriso perfetto e della gioia nei suoi occhi.
“Davvero?” urla.
Il carabiniere ci guarda senza fiatare e sono sicuro che dietro quel volto scuro e quella maschera lavorativa, il suo cuore si sta sciogliendo e le sue labbra si stanno incurvando.
“Si, davvero” affermo.
La prendo tra le braccia e la bacio sapendo che questo sarà l’inizio della mia nuova vita.Ciao a tutti! Sono riuscita a resuscitare e sto pubblicando questo capitolo direttamente dal banchino dei mercatini natalizi e di nascosto dai capi tedeschi :D
Scusatemi i vari errori, spero mi capiate!Ire :)
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I forget to forget you
Romanzi rosa / ChickLitBridget e James. Due amici inseparabili, due cuori legati dal tempo, due anime che sembravano non stancarsi mai di essere sempre vicine, due persone separate da un monotono lunedì di agosto. Ormai le loro strade sembrano non doversi incontrare più m...