Capitolo 13 - Bridget

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Rimango un attimo interdetta quando il sacchetto pieno di erba cade a terra.

Ho spostato i pantaloni di James per prendere i miei jeans che erano rimasti intrappolati sotto e ho trovato un bel regalino.

'Sto cercando di smettere' mi ha detto ieri sera prima della buonanotte.

E io, da vera cretina ci ho creduto. Mi sono fatta prendere la mano da quel bacio che ho sempre desiderato e non mi aspettavo di certo che arrivasse. Credevo davvero che potesse essere cambiato, che potesse aver smesso di usare quella roba. Invece non l'ha fatto e mi ha mentito. Ancora.

Lo guardo mentre dorme: ha la faccia rilassata e i lineamenti distesi. Se lo osservo meglio riesco a vedere ancora quel bambino innocuo che da piccolo giocava a calcio come se non ci fosse stato un domani e che mangiava gelati alla cioccolata sporcandosi perfino i capelli.

Con un fiume di rabbia che mi attraversa da capo a piedi strappo un frammento di carta dal primo quaderno che mi capita a tiro e inizio a scrivere: Il sacchettino con dentro la tua roba era caduto. L'ho rimesso in una delle tasche dei tuoi jeans. Grazie per l'ennesima stronzata. Bridget.

La mattinata non è iniziata nel migliore dei modi e non migliora certo con la signora Grayson che spiega e Harry che borbotta in sottofondo. Mordicchia distratto il lapis e tentenna la gamba sinistra smuovendo tutta la fila dei banchi facendo un rumore fastidioso di sottofondo. La professoressa lo guarda male ma poi torna a concentrarsi sulla lezione e legge altri pezzi. Penso che se qualcuno la sentisse spiegare si metterebbe le mani nei capelli. Ah giusto, mi sono dimenticata: lei non spiega, legge il libro e lì finisce il suo lavoro.

Il mio compagno di banco sbuffa e poggia il mento da una mano all'altra guardando svogliatamente l'orologio. Si protende lentamente verso di me, cercando di non dare nell'occhio alla professoressa e sussurra: "A che ore hai il turno?"

Io che odio parlare durante le lezioni lo guardo di sottecchi ma non riesco comunque a resistere al suo sguardo da cucciolo che fa ogni volta: "Inizio alle quattro."

Picchietta nervosamente le dita nel tavolo e poi sbuffa di nuovo.

"Harvey e Turner, problemi?" cinguetta la strega al di là della cattedra. Harry alza la testa annoiato e scuote la testa mentre io intanto sorrido. "'Sta zoccola" bisbiglia lui mentre ci rimettiamo a capo chino sul libro. Le ore della signora Grayson sono sempre una palla ma oggi più del solito; sta spiegando le operazioni con le banche che hanno nomi tutti uguali e io fatico a starle dietro.

Non appena suona la campanella mi precipito nel corridoio dove Harry mi afferra per un polso e mi fa girare verso di lui: "Pane e acidità per colazione? Non mi hai quasi rivolto parola!"

"Veramente ancora devo mangiare!"

Non presto molta attenzione alle sue parole: laggiù infondo al corridoio vedo la sua folta chioma. Guarda verso la mia direzione e avanza a passo svelto. Non ho nessuna intenzione di affrontarlo. Non adesso.

"Mi sono dimenticata il quaderno di diritto nell'armadietto, mi accompagni?"

Harry non se lo fa ripetere due volte e gira i tacchi dirigendosi dalla parte opposta. Biascica qualcosa che riguarda l'ora di matematica che deve arrivare ma che io non riesco a capire perché il mio cervello è tutto da un'altra parte. Voglio seminare James e spargere a terra tutte le briciole del nostro rapporto proprio come Pollicino fece con il pane. Perché si, so che infondo al mio cuore c'è sempre un pizzico di speranza.

"Brith" James è accanto a me con il fiatone "Lasciami spiegare."

Guardo Harry e poi riposo lo sguardo su di lui.

I forget to forget youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora