Harry's pov
L'unica cosa di cui sento in questo momento, sono solamente i battiti del mio cuore che, accelerano man mano che vado avanti.
Incredibile, ma vero.
È inversamente proporzionale quanto un umano debba soffrire.
Fai un passo falso, soffri.
Sei felice, soffri. In qualche modo, per un insensato modo, soffri, indipendentemente di quello che succede nelle nostre vite.
Ho dedotto che soffrire è inevitabile. Che il dolore ci starà accanto, finché alla fine cesserà di esistere, insieme a noi.
Nella vita commettiamo degli errori, che in qualche modo riteniamo irrimediabile. Gettiamo ,con troppa facilità, la spugna senza neppure tentare.
Odiamo profondamente tanto che ci è difficile ammettere per quale motivo lo facciamo.
Seppur stai lontano dalla gente, seppur sarà in capo al mondo, lo incontrerai.
L'unica cosa che ci dividerà sarà la morte. Quella che noi consideriamo inevitabile . Quella che ci perseguita per tutta la vita. Quella che rischia di essere la nostra ombra. Quella che si diverte a vederci soffrire. Quelle che si prende le persone a me più care, facendomi sprofondare ancora di più nel mio baratro di dolore e soprattutto di false speranze.
Camminavo molto lentamente lungo quel corridoio interminabile. Non volevo correre, quello che avrei visto poco dopo sarebbe stato il colpo finale. L'odore di disinfettante mi nauseava,tant'è che cominciò a girarmi poco la testa. Mi avvicinai ad un muro e mi ci appoggiai per poter prendere fiato. Ero stanco,come se avessi fatto una maratona. Quello che provavo non era ciò che dimostravo. A volte l'indifferenza aiuta, vero?
Aiuta a non soffrire, aiuta a non farti convincere che l'impossibile possa diventare possibile. Era da anni che combatteva. Nessuno era geneticamente compatibile con lei, e per trovarne uno che lo fosse, sarebbero dovuti passare anni,se non secoli.
Il pianto costante di mia madre mi lacerava fin dentro la mia anima. I suoi capelli rossi erano stropicciati e portati sempre alla rinfusa. In casa si respirava un'aria pesante e di certo non portava un bene. Mio padre era perennemente al lavoro. Non riusciva a capacitarsi del perché e del come fosse successo a noi. Eravamo consapevoli che a queste domande, non avremmo ottenuto mai una risposta. A volte alcune domande, alcuni dubbi,meglio che restano nel dubbio, nell'ombra. Non avremmo sopportato un'altra tragica realtà, perché questa era una fottuta realtà che ci avrebbe costretti sopravvivere e non a vivere.
Ripresi a respirare regolarmente,con più fatica. Le mie gambe chiedevano pietà, ma non potevo permetterle di farmi arrivare in ritardo. Ero l'ultimo componente della famiglia che mancava, e dovevo sbrigarmi.
Avevo paura di vederla. Avevo paura di come fosse fatta. Se avesse ancora le sue folte ciglia, se avesse quel sorriso da togliere il fiato, se avesse ancora quelle fossette che la rendevano più adorabile di quanto lo fosse già, se mi amasse ancora .
Negli ultimi mesi, ogni volta che mi ritrovavo davanti a questa struttura imponente, scappavo. Scappavo dalle mie paure. Scappavo perché avevo paura di piangere. Ero stato uno strazio. Non mangiavo, mi rinchiudevo nella mia camera e, facevo dei monologhi talmente insensati che, mi scappava perfino da ridere.
Cosa pensavo? Che se le fossi stato lontano, sarebbe guarita?
Ero perfino partito, ma non riuscii a stare lontano nemmeno due giorni che scappai, di nuovo.
Dai vetri della sua cameretta si intravedevano dei macchinari che, erano in quel momento la sua salvezza.
Stava ridendo con i miei genitori.
Era incredibilmente forte e testarda che, anche di fronte alla morte rideva. La prendeva per il culo, come se fosse stata una lunga passeggiata, come se avesse preferito dormire un'eternità, come se avesse preferito andarle incontro e non sconfiggerla, in fin dei conti, la sí può sconfiggere?
La risposta è no, la sí può evitare, ma non sconfiggere.
Le mie mani cominciavano a sudare, i miei piedi a non muoversi.
Cercavo di preparami mentalmente cosa avrei dovuto dirle, ma in realtà non c'era una preparazione, non c'era una giustificazione per poter giustificarmi.
Aprii la maniglia, esitante. I miei genitori si girarono verso di me,con un sorriso spento. Mia sorella si girò e, appena mi vide fece un sorrisone facendo comparire le fossette, ancora ce l'aveva,
Mi avvicinai e mi misi di fianco a lei.
Portava un oggetto nelle narici per far sì che potesse respirare. Le sue esili braccia erano coperte di tanti lividi dovuti alle troppe flebo. Era coperta fino a metà coscia da un lenzuolo di cotone bianco. Le presi la sua mano, e la strinsi. Mi scappò una lacrima, cercai di scacciarla, ma ormai dovevo cedere, non potevo più scappare. Cercò di accarezzarmi la mia guancia, ma non la lasciai fare. Le spostai le mani e mi avvicinai a lei, abbracciandola.
La strinsi forte a me. Non volevo lasciarla. Avrei voluto che fosse tutto così semplice. Avrei voluto che questo durasse per un'eternità, senza che potesse mai finire. Il suo profumo era ancora impresso nella sua pelle candida e morbida. Non portava i capelli, ma era ugualmente e incredibilmente bella. Cercò di parlarmi, ma non la feci nemmeno respirare, per prendere fiato e quindi per poter parlare, che lo feci io, però prima mi rivolsi ai miei genitori.
-Mamma, papà, lasciateci soli.-Loro annuirono, essendo consapevoli del fatto che avessimo bisogno di coccolarci, di dirci un ultimo addio, prima che fosse troppo tardi.
-Come stai?.-Che domanda stupida!
Mi uscii d'improvviso senza neanche accorgermene. Era sul punto di morte, come poteva stare? Non di certo bene.
-Bene, Harry. Adesso che tu sei qui con me, bene.-
Un'altra lacrima.Un ennesimo frammento spezzato.
-Non voglio che mi lasci,Gem. Come faccio senza di te?
Questi mesi sono stati orribili senza di te, senza il tuo sorriso, senza la tua protezione nei miei confronti.
-Gemma,non voglio dirti addio. Non ce la faccio. Sono venuto tante di quelle volte che, non riesco nemmeno a contarle.
-Non riesco più a vivere senza di te. Non sono forte, come lo sei tu. Voglio che tu vivi per sempre, che tu ti preoccupi per me. Voglio che sei sempre lì, a rompermi le palle su come mi devo comportare e, soprattutto su come devo vestirmi.
-Chi l'avrebbe mai detto, io e te , che parliamo senza urlarci contro?
-Sono scappato tante di quelle volte. Ho fatto finta che tutto andasse per il meglio, che tu non fossi qui, ma fossi in un altro posto, magari a divertirti. Ho provato ad immaginare una vita senza di te, ma non posso. Non ci riesco. Il mio fottuto cuore cerca te, cerca la mia sorellina, cerca il suo affetto, la sua dolcezza. Come farò ora io senza di te? Perché sei stata così ingiusta a lasciarmi? Perché te ne devi andare?
Devi ancora conoscere tuo marito. Devi ancora avere i tuoi figli. Devi ancora vivere.
-Mi sono chiesto più e più volte perché fosse tutto così dannatamente difficile. Se ciò fosse un castigo nei miei confronti, per non essermi comportato in un modo giusto e adeguato. Per non essermi preso cura di te, prima di me. Voglio averti ogni singolo momento con me, ogni fottuto secondo a chiedermi per quale strano motivo ti trattavo male. Per quale ragione fossi così arrogante. Gemma, voglio che tu vivi. Lo capisci?
Non puoi lasciarmi cazzo, non lo puoi fottutamente fare. Non puoi essere così egoista da pensare solo a te stessa. Se muori tu, muoio anche io.-Mi abbandonai alle lacrime. Singhiozzavo ripetutamente e, il mio respiro divenne nuovamente irregolare. La mia fronte era imperlata dal sudore e i miei ricci si erano appiccicati su di essa. Mi davano terribilmente fastidio, ma in quel momento non gli diedi la priorità, come potevo farlo?
Mi staccai per potermi asciugare le lacrime. Nel frattempo Gemma, aveva sorriso e pianto allo stesso momento, sempre con quella sua aria innocente.
Mi si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio, facendo fatica a parlare.
-Harry sarai sempre nel mio cuore. Sii buono, sii paziente e soprattutto abbi cura di te stesso. Ti voglio bene Harry.-
Sentii la mia spalla bagnata, segno che anche lei stava piangendo. Mi abbracciò ed io la strinsi forte a me, fino a quando non sentii i bip rallentare, fino a quando non sentii mollare la presa, fino a quando non la sentii esalare l'ultimo respiro.
Scoppiai a piangere , senza più fermarmi. Non riuscivo a staccarmi da quel suo corpicino. Non volevo lasciarla, se l'avessi fatto, l'avrei persa per sempre. Mi dondolavo ancora con il corpo stretto nelle mia braccia. Mi sentii toccare le spalle da dietro. Non mi girai.
-Harry, lasciala.-mi disse sussurrando mia madre. Stava piangendo, ma allo stesso tempo voleva essere forte,forte per me.
-No. No. Non la posso lasciare. Come posso fare io, senza di lei?-
Mi sentii trasportare da mio padre fuori da quella stanza. Mi tenne stretto fra le sue braccia, nonostante gli avessi dato ripetuti pugni, nonostante l'avessi pregato di lasciarmela baciare un'ultima volta.
Con ancora le lacrime agli occhi, mi trascinai a terra, con ormai senza forze.
Non riuscivo a dirle addio. Non potevo farlo.
Mia sorella era solo in una fottuta vacanza, con il suo fidanzato. Si stava divertendo.
Doveva essere così. Lei era lì, pronta ad abbracciarmi, ad insultarmi e a baciarmi.
Dovevo solo tornare a casa, andare nella sua camera, e fiondarmi tra le sue braccia. Perché lei sarebbe stata lì.Aggiustai meglio la cravatta nera. La giacca era un po' stropicciata, ma non me ne curai. Misi un po' di gel nei capelli per tenerli un po' più mossi.
Stringevo forte il polsino della camicia , tirandola più volte, consapevole del fatto che fosse perfettamente aggiustata. Mi guardai allo specchio e vidi due occhi scavati. Mi appoggiai sul lavandino, e con la testa bassa , cercai in tutti modi di non piangere, dovevo essere forte.
Uscii dal bagno, e scesi velocemente le scale. Mio padre e mia madre erano lì ad aspettarmi. Ci stringemmo tutti e tre le mani, come per darci forza.
Eravamo davanti al cancello del cimitero. C'erano tutti, parenti, amici e amici degli amici.
Non mancava nessuno.
Seppur ci fosse tanta gente,mi sentivo solo. Non guardai in faccia nessuno. Se qualcuno stesse per avvicinarsi a me, mi scansavo. Dovevo essere gentile, lo so, ma non ci riuscivo. Sentirlo dire dalle loro bocche che non ci fosse più, faceva terribilmente male.
Sentire il prete che pronunciava quelle fottute parole, era mortale. Mi alzai e, sotto lo sguardo di tutti ,me ne andai.
Andai lontano da lì, da tutti, lontano da lei. Mi accostai vicino ad un albero, e mi appoggiai al tronco, non curandomi del fatto che fosse sporco e quindi, di conseguenza mi avrebbe sporcato la giacca.
Non appena mi accorsi che tutti se ne fossero andati, mi alzai e mi avvicinai, barcollando.
Cercai di sistemare la giacca, ma ormai era rovinata.
Lessi il nome, una lacrima.
Guardai la foto, un'altra lacrima.
Quella foto la ritraeva mentre era nel giardino della nostra vecchia casa ,mentre stava giocando con Mason, il nostro vecchio cane.
Mi piegai e baciai la foto, come se fosse stata lei. Non dissi niente, avevo consumato le parole.
Mentre ero ancora piegato, mi sentii toccare le spalle. Mi girai di scatto, per vedere chi fosse rimasto oltre a me.
Non appena mi girai, venni accolto da un forte e grande abbraccio.-Infondo, il per sempre è per sempre, Harry.-
Leggete l'avviso scritto sotto il prologo, per favore. Un bacio
-Ross
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I have a dream #Wattsy2018 (IN REVISIONE)
FanfictionCamminava a passi lenti,indecisi. Si sentiva oppressa in quella città sconosciuta, si sentiva sola. In quella città estranea ci viveva,ma era come se fosse invisibile. Scappava ogni volta che le si paravano davanti problemi. Scappava perché altrimen...