Nella stanza erano presenti solamente le urla, l'odore del sangue e le lacrime ormai asciutte sul pavimento.
Continuava a picchiarla, sfogava la sua ira su di lei. Quel giorno era incontrollabile, non smetteva di picchiare le ormai guance consumate della donna. Era accecato dall'odio forse, ma di sicuro non voleva smettere. Non si curò affatto della bambina che era presente nella stanza, non gli importava niente. Doveva capire cosa si provava quando si disobbediva, ma in realtà sua moglie non aveva disobbedito, aveva fatto tutto ciò che era stato necessario fare. La dolce bambina cominciò a piangere senza sosta, bagnando il suo vestitino celeste. Si avvicinò da sua madre ma questa glielo proibì, la cacciò via, doveva andarsene prima che fosse troppo tardi. Sad decise di obbedire alla mamma. Scappò in cerca di suo fratello. Nel buio era difficile orientarsi specie per una bambina, ma come se fosse guidata da qualcuno si diresse in quel locale, tanto conosciuto. Era un posto malfamato, certo, ma questo ancora non le era cosciente. Le si avvicinarono due ragazzi dal sorriso sghembo.
-Dove vai ragazzina? Vai a casa da mammina. Sei troppo piccolina per questo posto- parlò uno dei due. In realtà era vero, Bronx era di per sé il posto più pericoloso di tutti gli Stati Uniti, per non parlare della sua periferia. Non appena arrivò davanti al locale, con i suoi piccoli piedini si diresse con molta timidezza verso suo fratello. Questo stava scherzando, bevendo e forse anche fumando qualche stupefacente.
-Sad! Che cazzo ci fai qui?-Cominciò ad urlarle contro, senza mai ascoltarla realmente.
-J-Jack, la mamma, la m-mamma-disse balbettando e sull'orlo di piangere.
-Che è successo alla mamma? Parla bene, cazzo!-Cominciò ad arrabbiarsi con sua sorella strattonandola con furia. Per quanta roba si fosse fumato, per quando avesse bevuto, provava un forte dolore. Cosa era successo a sua mamma? Non voleva saperlo,perché forse aveva capito cosa stava succedendo. Sad gli prese la mano e lo incitò a camminare. La seguì fin quando arrivarono a casa.
Fuori c'erano le amiche della donna. Erano allarmate e disperate. Piangevano a dirotto e, a quel punto Jack capì. Scosse il capo come se tutto ciò fosse surreale, un sogno. Si diresse, con ancora la mano della piccola sorella nella sua, verso la casa. Spostò con molta furia quelle donne che si opponevano a non farlo passare. Appena vide la mamma giacente su quel lurido pavimento, si spezzò la sua anima, il suo cuore. Era rannicchiata su se stessa, aveva le braccia sul viso, come una sorte di scudo. Le sue mani erano strette a pugno, i suoi piedi erano sporchi di sangue, le sue gambe ormai diventate fredde, erano piene di lividi. Il corpo giaceva in una pozzanghera di sangue, del suo sangue.
Jack si ricompose velocemente, prese sua sorella in braccio e la portò via da quel posto. Era troppo piccola.
-
Il giorno del funerale arrivò. Non ci fu nessuno se non Jack, Sad e qualche amica anziana della propria madre. Erano vestiti tutti interamente di nero. Sad nelle sue piccole manine portava un fiore, un girasole. L'aveva strappato da uno di quei prati che erano presenti in quella città. Era di un giallo che non esprimeva felicità, ma solo tristezza.
Il padre era stato preso dalla polizia subito dopo, così ora giaceva in una delle tanti celle presenti in un lurido carcere.
Sad ora era nelle braccia di una gracile signora. Aveva i capelli rossi, piccola di statura e molto magra. Con la sua dolcezza la convinceva che era tutto ok. che non ero successo niente, ma Sad ormai aveva capito, sebbene avesse cinque anni. Sua madre l'aveva lasciata. Quando la rossa la prese,non si oppose. Era una bambina obbediente.
La rossa era una delle tanti assistenti sociali che aveva il compito di prendersi cura dei bambini divenuti orfani, anche se non del tutto.
Sad da quel giorno si racchiuse in un mondo che non apparteneva all'indifferenza, al menefreghismo o alla violenza,ma al restare muta. Le sue parole non importavano a nessuno. Era muta. Muta come lo era la sua misera bambola.
Si addormentò su delle braccia così candide e protettive, erano quelle della rossa.Jennifer.
-Piccola tranquilla-Tremava dalla troppa paura.
Il giorno dopo si ritrovò su un candido letto, comodo e alquanto grande. Ci impiegò del tempo per capire dove fosse e appena focalizzò o meglio guardò meglio la stanza in cui era,capì che non era nella sua stanza. Era in un orfanotrofio.Davanti a lei c ' erano delle bellissime bambine, erano due, una delle quali le chiese il suo nome, ma non le rispose.
-Bhé io mi chiamo Nikki. Vieni a giocare con noi?-La piccola bambina ignorò il silenzio di Sad. Questa non rispose nuovamente.Voleva dirle il proprio nome, la propria storia. Voleva conoscere la loro storia, i loro problemi, se anche loro avevano un padre che le picchiava ma, non poteva. Lei era muta. Affianco a Nikki c'era una bambina esile. Aveva dei capelli scompigliati, neri con delle ciocche di un colore indecifrabile e una timidezza dolcissima. Il suo nome era Demi. Si presentò non appena lo fece anche Nikki. All'apparenza sembravano delle bambine graziose e dolcissime, al contrario di lei, una bambina sempre triste a tal punto che le attribuirono il nome di Sad, triste, mentre al fratello Happy, felice, lui lo era sicuramente per qualche sostanza stupefacente. Il suo vero nome non era Sad ma Allison, sì Allison Blues. Non voleva farlo conoscere a nessuno, infatti tutti sapevano che si chiamava Sad,eccetto i suoi genitori e suo fratello che erano a conoscenza della sua vera identità. Il suo aspetto era indiscrivibile. Aveva lividi ovunque che ricoprivano la sua pelle nera. I suoi occhi erano di un verde che non emettono speranza bensì sofferenza e morte, sì la morte. Aveva sempre considerato il nero come il proprio colore preferito, forse perché rispecchiava molto la morte. Aveva dei capelli lunghi e ondulati mentre era alquanto bassa. Non aveva sogni, si forse uno ce l'aveva ma non voleva farlo sapere. Suo padre cominciò a picchiarla quando ancora non sapeva nemmeno parlare. Passò giorni vuoti, sofferenti a guardare Nikki e Demi che litigavano sempre, per qualsiasi cosa. Loro avevano provato più volte a farla parlare,ma fu invano. Voleva far sbucare dalla sua bocca tutte le orribili cose. Lei non era un'orfana. Lei aveva un padre ubriacone che aveva ucciso sua madre, è più doloroso nell'essere un'orfana. Le docili bambine raccontarono i loro sogni, inconsapevoli del fatto che avessero un sogno in comune.Potete trovarmi su :
Instagram: @rosserravalle
Twitter: @rosserravalle
Facebook: Rosa Serravalle
Snapchat: rosa.serravalle
Ask : rosaserravalle94
Aggiungo tutte💋
Un bacione e alla prossima .
-Ross
STAI LEGGENDO
I have a dream #Wattsy2018 (IN REVISIONE)
FanfictionCamminava a passi lenti,indecisi. Si sentiva oppressa in quella città sconosciuta, si sentiva sola. In quella città estranea ci viveva,ma era come se fosse invisibile. Scappava ogni volta che le si paravano davanti problemi. Scappava perché altrimen...