Capitolo 23 ✔

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Prendemmo un gelato prima di salutare Johnny e darci l'appuntamento per l'indomani, ero euforica e avevo quasi totalmente dimenticato il vero motivo per il quale mi ero incontrata con Alex quel pomeriggio. Avrei preferito fosse così anche per lui che, invece, pareva non gli sfuggisse mai nulla.

Non ci avviammo verso la sua auto, così come avevo creduto, bensì proseguimmo il viale verso il Colosseo. Nessuno dei due aveva parlato per tutto il tempo del tragitto, lui forse attendeva che aprissi il discorso senza alcuna spinta da parte sua mentre io fingevo che non avessimo nulla su cui disquisire, mangiavo il cono con una lentezza disarmante così da potergli dire di attendere che finissi nel caso avesse avanzato qualche domanda.

Arrivammo dinanzi l'imponente struttura che, forse più di tutto, raccontava la storia di Roma e rendeva la città riconoscibile al mondo; il gelato ormai era finito ed era giunto per me il momento di fare i conti con le mie emozioni. L'adrenalina per l'incontro con lo zio di Alex era sfumata ad ogni passo fatto e il senso d'inquietudine avanzava inesorabile e spietato.

Ci fermammo dinanzi Meta Sudans, la fontana dei gladiatori, avevamo alle spalle il Colosseo e alla nostra sinistra l'Arco di Costantino, faceva caldo per essere un normale giovedì di fine settembre e di turisti che passeggiavano intorno all'Anfiteatro Flavio ce n'erano a bizzeffe.

Alex si sedette sul bordo della ringhiera che delimitava i resti della fontana io, più educata, mi ci appoggiai con i gomiti. Restammo in attesa ancora un po', sentivo il cuore in procinto di esplodermi nel petto ma ringraziai silenziosamente il ragazzo al mio fianco per avermi condotto in un luogo ricco di persone, questo mi avrebbe sicuramente obbligato a non crollare; pensare di destare l'attenzione di quella gente, farmi scorgere tremante o piangente, non era da me e non sarebbe accaduto neanche quella volta nonostante i ricordi stavano iniziando a bruciare sulla pelle.

«Allora... me lo vuoi dire cos'è successo?» Non ce la fece ad aspettare che fossi pronta, Alex non riusciva ad attendere i tempi degli altri, figlio dell'impazienza e della smaniosità, si era imposto di non porgermela quell'interrogativa ma c'era caduto un attimo dopo nella trappola della curiosità. Era stato delicato però, aveva usato un tono sottile e incurvato le labbra verso l'alto, come a dirmi di prendere coraggio e parlare che lui non avrebbe giudicato, che lui forse avrebbe compreso.

Era raro vederlo sorridere in quella maniera, senza alcuna parvenza di sarcasmo negli occhi, libero da ogni pensiero, da ogni difesa atta a non scoprirsi troppo.

Sospirai mentre con gli occhi vagavo tra le rovine del luogo. Immersa nel caos di voci e motori, di risa e clacson, c'ero io quasi totalmente spenta da riverberi di un passato che non voleva lasciarmi andare, che me lo faceva solo credere di essermene liberata ma ritornava sempre quando meno me lo aspettavo.

«Non è una cosa facile, sai?!» Ci provai anche io a sorridergli ma quello che ne venne fuori fu una strana smorfia, una di quelle che nascono spontanee quando le papille gustative rivelano qualcosa di acido e non c'era sapore più aspro, per me, di riportare alla luce quegli eventi così lontani ma che sapevano ancora farmi tremare il cuore.

Poi mi feci coraggio, non avevo scampo in fondo e prima glielo avrei detto prima avrei chiuso quella parentesi e sarei potuta tornare alla mia vita, quella dove gli anni della mia infanzia venivano chiusi nel cassetto più lontano della mente sperando, ancora una volta, che nessuno sarebbe andato a importunarli.

«No, in realtà non ne ho idea! Posso immaginare che non lo sia ma, se non mi parli, non ne avrò mai la certezza...» ribatté con un'alzata di spalle ma senza mai perdere quell'incurvamento delle labbra che serviva ad incitarmi ad andare avanti, a non farmi fermare proprio ora che avevo iniziato a mettere in fila qualche parola.

Hug Me - Siamo Chi Siamo #1 (Conclusa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora