Capitolo 22 ✔

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Oltrepassai la porta di casa ancora sgomenta per quel che era accaduto; avvertivo la pelle delle guance tirare e gli occhi gonfi per via delle lacrime nate a causa di un ricordo che mi ero imposta di tenere lontano. Lasciai le chiavi nella ciotola posta sulla consolle dinanzi all'entrata e mi diressi in tutta fretta nella mia stanza.

Ringraziai il cielo che Den non ci fosse, vedermi in quelle condizioni l'avrebbe fatta uscire di testa e io preferivo tenerli per me quei momenti di fragilità; aveva lezione fino al tardo pomeriggio quel giorno poi si sarebbe intrattenuta qualche ora in compagnia di Edoardo e, dato che era passato da poco mezzogiorno, avrei avuto tutto il tempo per riprendermi e dimenticare quella disastrosa mattinata.

Solo in quel momento, quando ripescai il telefono nella mia borsa, mi resi conto di un messaggio di Serena dove mi avvertiva di non passare al locale perché le pulizie erano stare rimandare al pomeriggio. Troppo tardi, tesoro...

Avevo perso tempo senza concludere nulla, peggio, l'avevo perduto per far scorgere ogni mia debolezza proprio alla persona meno opportuna.

Non mi piaceva mostrarmi fragile, non in quel modo almeno, non a causa di un uomo che, da bambina, chiamavo padre. Io volevo dimenticarli quegli anni, volevo buttare il passato alle spalle e guardare avanti, ma sembrava che la vita si divertisse a tendermi sgambetti del genere, pareva aspettasse di veder sbocciare in me il germoglio di una sicurezza, la quale mi spingeva a credere che ci stessi riuscendo a obliterare le parti scomode di un'esistenza ormai lontana, per tranciarlo di netto senza esitazioni e gettarmi nuovamente nell'oblio dei ricordi.

Strano a dirsi ma non ce l'avevo con Alex, per quanto fosse assodata la sua leggerezza non poteva sapere cosa avrebbe causato in me quello scherzo.

Avevo trovato tanti difetti in quel ragazzo però, non mi spiegavo come, sembrava che la cattiveria non ne facesse parte. Era sicuramente fastidioso ma il fatto che mi dileggiasse spesso non mi aveva mai spinta a credere che volesse farmi del male.

Sembrava ci frequentassimo da una vita, invece non erano neanche due settimane, cosa potevo pretendere? Non sapeva nulla di me, non era informato sul mio passato né, tantomeno, poteva distinguere quali miei timori stuzzicare e quali, invece, lasciare a prendere polvere nell'angolo più remoto della mente. Ero certa, però, che semmai avesse avuto anche solo la percezione di quel che sarebbe successo non mi ci avrebbe mai chiuso in quell'armadio, ne ero certa perché l'avevo visto lo spavento tracciare i tratti del suo viso nel momento in cui si era reso conto del mio stato.

Alex feriva quando veniva punto nell'orgoglio, attaccava per difesa scoccando frecciatine intinte di livore e distacco capaci di penetrarti la pelle e rabbuiarti l'animo, ma non andava mai oltre. Non possedeva quella cattiveria che sapeva distruggerle le persone; lo avevo appurato io stessa stretta tra le sue braccia e cullata con l'intento di frenare i tremiti della paura. Lo avevo capito scorgendolo seguirmi, a metri di distanza, per accertarsi che stessi bene. Lo stavo acclarando in quel momento osservandolo, da dietro la tenda della mia stanza, seduto su di un gradino dall'altra parte della strada, con il cellulare tra le mani, perplesso e stordito per via di quel che aveva visto.

Mi sentivo ridicola e non sapevo come avrei fatto a guardarlo nuovamente negli occhi ora che gli avevo donato l'arma vincente da potermi scagliare contro ad ogni nostro battibecco. Perché, malgrado fossero state poche le volte in cui ero riuscita ad avere l'ultima parola, non mi ero mai considerata inferiore a lui, ma da quel momento in poi avrei sempre provato l'apprensione di vedermelo sbattuto in faccia quell'asso nella manica.

Lo vidi digitare qualcosa e, un istante più tardi, il display del telefono che avevo gettato sul letto s'illuminò.

Alex: Sono confuso...

Hug Me - Siamo Chi Siamo #1 (Conclusa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora