Capitolo 4: Senza di te.

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Esco di corsa dalla villetta di Alis, dopo essermi accertata della mancanza di alcuni suoi vestiti -sperando li abbia portati con sé-. Corro lungo il fiume, sul ponte, sotto il ponte, ai lati del ponte, verso il prossimo ponte, ma non la trovo. "Ora che ci penso non ho idea di dove potesse essere l'incontro con quella squilibrata... Ma non posso aspettare Alis a casa, o sarebbe troppo tardi" continuo a correre senza meta, riflettendo sul fatto che se si dovesse togliere i vestiti lo farebbe in un luogo deserto. O meglio, non lo farebbe affatto. Ma se quella pazza la costringesse? No, non posso permetterglielo. Attraverso il fiume passando per un ponticello pedonale in ferro, a mezzo chilometro dalla villetta, che porta direttamente a un vasto terreno coltivato.
Granoturco, alto un paio di metri, tutto di fronte a me. Un nascondiglio perfetto. Prima di entrare in quel labirinto di piante decido di lasciare una scia di sassi, per ritrovare l'uscita in caso mi perdessi -almeno gli animali non mangiano i sassi, come capitato ad Hansel e Gretel con le briciole-. Ne raccolgo in grande quantità sul sentiero a lato del campo, li infilo in tasca e nel fagotto fatto con la maglia. Poi entro. Aguzzo la vista e l'udito, per trovare qualche segno di vita in quel labirinto, ma per i primi minuti di cammino non trovo altro che foglie, terra e granoturco. Continuo a casaccio, facendomi piccola piccola e sbirciando da dietro le foglie appuntite per diversi minuti, o forse ore. Quando sento un suono.

-Alis..?
Cala il silenzio.
Sento il cuore nel petto accelerare i battiti. C'è qualcuno. C'è qualcosa. E mi sta puntando, nascosto nel verde. Un forte rumore di zampe sul terreno e tra le piante coltivate mi fa sobbalzare. Lascio cadere i sassi dal fagotto e comincio a correre, cacciata da chissà quale animale in quel dedalo di granoturco. Le foglie acuminate mi lasciano lievi graffi sulle gambe e sulle braccia, ma non importa, non posso lasciarmi prendere, devo fuggire. Comincio a notare qualche rivolo di sangue caldo scivolare dalle ferite ad imbrattarmi i vestiti, quando infilo la scarpa in una radice e cado pesantemente sulla terra umida e fresca. Provo ad alzarmi, ma il dolore al ginocchio è lancinante. "Sto per morire... Sto per morire e nessuno lo saprà mai.."
-Che cavolo ti è preso?!
Mi ripeto, urlando.
-Non potevi trovare un altro posto?! Non potevi buttarti da qualche ponte o sotto una macchina?!
Il rumore dell'animale affamato si fa sempre più vicino, mentre una lacrima mi riga volto.
-Dimmi che cavolo ti è preso?!
Silenzio.

-Scusa, ti stavo solo seguendo..
Risponde col fiatone l'animale di fronte a me. Si china ad osservare la ferita sul mio ginocchio, prima di togliersi la maglia e fasciarmelo. Ora che è in canottiera posso vedere tutti i tatuaggi sul suo braccio destro, comprese le ali di drago, muoversi in armonia coi muscoli in tensione, intenti a legare la stoffa.

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