QUARANTACINQUE

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Era stata una giornata lunga. Più lunga di quanto pensasse, forse perché quello, a Castle, sembrava un giorno cominciato almeno 48 ore prima, forse perché le giornate senza di lei duravano di più e in pratica quella non era la prima che erano distanti, non in senso strettamente fisico.
Aveva aspettato fino all'ultimo secondo che lei uscisse da quella camera, perché sapeva che era sveglia, era troppo rigida per dormire ed aveva sentito il suo sguardo addosso mentre si vestiva e Dio quanto amava sentirlo. Però aveva fatto finta di niente, come lui del resto. Così era partito, senza il conforto di un abbraccio, senza catturare ancora il sapore delle sue labbra, il ricordo di un sorriso. Era partito senza il bagaglio più importante, i momenti di lei.
Aveva incontrato Andrew e Price in aeroporto, lo aspettavano direttamente alla lounge del T2 al JFK, declinò l'invito a bere un drink prima di partire. Erano le nove di mattina e di certo non avrebbe cominciato a bere a quell'ora!
- Andiamo Castle! Sei tu il festeggiato in questi giorni e sembra che ti portiamo ad un funerale! - Price gli diede una pacca sulla spalla in un atteggiamento così inusuale per come lo aveva sempre conosciuto in ufficio. Lui rispose solo con un mezzo sorriso poco convincente
Andrew prima di imbarcarsi lo prese da parte
- Problemi Rick? O solo malumore per l'alzataccia?
- Problemi. - rispose lui evasivo.
- Non puoi però presentarti così... - Castle lo interruppe subito.
- Andrew so come fare il mio lavoro. Con tutto il rispetto ho fatto incontri con stati d'animo che tu nemmeno immagini, con mia figlia piccola malata, con la mia prima moglie che mi aveva tradito e lasciato solo con una bambina... Non mi dire quello che devo fare, lasciami essere incazzato adesso, poi oggi pomeriggio per i media ti regalerò i miei migliori sorrisi e tutta la mia gioia di incontrare sconosciuti e scrivere dediche vuote.
Andò a sedersi su una poltrona aspettando il loro imbarco. Si rese conto che era stato ingiusto. Gli era sempre piaciuto incontrare i fan e i sorrisi che gli regalava erano sinceri, così come le dediche che scriveva. Da quando poi Kate gli aveva confidato quanto erano stati importanti i suoi libri dopo la morte della madre, aveva preso ancora più seriamente quella parte del suo lavoro, convinto che un sorriso ed un autografo, un momento in cui due sguardi si incontrano, per qualcuno può fare veramente la differenza ed aiutarlo a trovare la sua piccola porzione di felicità.

Il volo sarebbe stato breve, poco più di un'ora. Mise la borsa con il computer nella cappelliera, diede la giacca alla hostess e si tenne solo a portata di mano un taccuino e la penna. Da tempo non usava un taccuino, era uno di quelli che teneva i primi tempi quando seguiva Kate per "prendere appunti" ma ben presto smise di seguirla per quello ed anche di usare il taccuino.
- Sempre al lavoro scrittore? - gli chiese Andrew seduto vicino a lui, mentre Price si trovava nella fila davanti.
- No sto provando a buttare giù due righe per il discorso di domani.
- Beh non dovrei dirtelo però... preparane due di discorsi. - Castle si lo guardò interdetto. - il Grand Master Award lo consegneranno a te e al tuo amico Connelly.
- Sul serio? - Chiese Rick con finalmente un lampo di vita nello sguardo.
- Sì scrittore. Gran bel colpo vero?
- Wow! - Castle riuscì a dire solo quello, era visibilmente sorpreso e compiaciuto. Quel premio lo avevano assegnato a mostri sacri. La prima, in assoluto a riceverlo fu Aghata Christie e tutti i migliori fino a Ken Follett o Stephen King lo avevano ricevuto. Era un onore immenso per lui.

Il volo trascorse tranquillo, ma non riuscì più a scrivere una parola, quella notizia lo aveva realmente rallegrato tanto, più di quanto si immaginasse. L'unica cosa che gli dispiaceva era che la sua famiglia non fosse lì, con lui, per condividere la sua gioia. Kate. Soprattutto Kate. Era merito suo, anche se non lo sapeva, e non perché alla fine, anche se per le insistenze del sindaco, gli aveva permesso di seguirla ed ispirarlo. No, per tutto il resto. Quando per lui seguirla non sarebbe stato più necessario per scrivere e lei lo sapeva, ma glielo permetteva comunque e non solo nel lavoro, ma nella vita, per questo era merito suo.
Appena arrivato in hotel, Castle andò nella sua suite e come prima cosa mandò un messaggio a Kate. Avrebbe voluto chiamarla, ma non sapeva cosa dirle e, a dire il vero, non sapeva nemmeno se lei avrebbe voluto parlargli.
Il messaggio che le aveva mandato risultò freddo e quando lo rilesse se ne rese conto e gli dispiacque. Non voleva essere così formale, ma la scarna risposta di lei lo fece tremare. Quelle due lettere erano poco più di una notifica di lettura, se le fece bastare, non poteva fare altrimenti. Non era vero, e lo sapeva. Poteva chiamarla, poteva anche solo mandarle un altro messaggio per chiederle come stava: non lo fece e non solo perché stava ancora pensando a cosa fare quando Andrew bussò alla sua stanza, ma perché, forse per la prima volta, si sentiva inibito e si chiedeva se quell'insicurezza di fondo dipendesse solo da lei o anche da se stesso.
Il suo agente lo condusse nella SPA dell'hotel. Un massaggio rilassante era quello che gli ci voleva, secondo lui, ma in realtà Castle non si rilassò affatto, semplicemente perché non riusciva a riconoscere in quei tocchi sulla sua pelle gli unici che voleva sentire. Non erano quelle le mani che voleva che lo accarezzassero, che gli sfiorassero spalle e collo, che percorressero la sua schiena. Era un pensiero stupido, lo sapeva, non doveva paragonare le due cose, ma non poteva farne a meno. Tutto gli portava alla mente lei e quei 40 minuti che sembravano non finire mai, furono un'agonia ed Andrew se ne accorse quando si rincontrarono nella jacuzzi: aveva il volto ancora più contratto, segnato da una smorfia di dolore. Non aveva voglia di parlarne e lui non gli chiese nulla.
- Mi hanno detto che alla libreria sono già arrivate le tue prime fan - il suo agente provò a portare il discorso su qualcosa che potesse fare bene al suo ego.
- Sul serio? Ma sarò lì non prima di due ore!
- Beh vorranno essere sicure di rientrare tra quelle che potranno farsi autografare il loro libro. Ricordati, firmerai solo le copie di Driving Heat!
- Sì, sì ho capito. - Non gli piaceva quella cosa, lui avrebbe firmato anche un pezzo di carta per far contento qualcuno, ma capiva la logica del marketing, della Black Pawn e della libreria che lo ospitava.
- Ah Richard, poi per stasera dopo la libreria ho organizzato una cena con Price, così possiamo discutere di alcune cose riguardo i tuoi libri futuri e dopocena abbiamo appuntamento per un drink con il direttore marketing dell'hotel, siamo loro ospiti, lo sai no?
- Certo, certo, ok.
Andrew sapeva che Castle in quel periodo voleva essere lasciato il più possibile libero, così aveva deciso di approfittare di quelle giornate per riempire la sua agenda usando ogni minuto a disposizione.
Rick uscì dalla SPA in accappatoio, andò nell'adiacente salone di bellezza per farsi sistemare i capelli e poi in camera a cambiarsi. Decise di optare per un abbigliamento informale, jeans, camicia bianca e giacca nera, il massimo della semplicità, ma stava bene e il bianco faceva risaltare la sua abbronzatura di fine estate. Aveva lasciato volutamente la barba un po' più lunga, di un paio di giorni, e i capelli non troppo ordinati. Prese un paio di penne che doveva usare per contratto e le mise nel taschino interno, indossò gli occhiali da sole più per nascondere le occhiaie che erano ancora ben marcate sul volto che per un vezzo, il suo sorriso di circostanza ed uscì dalla stanza.

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