QUARANTUNO

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Andrew aspettava Castle in quello che ormai era il suo secondo ufficio come piaceva chiamarlo l'agente: la lounge del W Hotel a Union Square. I divani scuri puntellati da cuscini da i colori vivaci, le ampie vetrate con la vista sulla piazza rendono quella hall non eccessivamente molto accogliente e più spaziosa di quanto non lo sia in realtà, ma l'ambiente tranquillo ed informale è l'ideale per questo tipo di incontri e Andrew ormai è di casa lì. Quando Castle arriva il suo agente aveva appena finito di sorseggiare un cappuccino e tutte le volte tra i due nasceva una piacevole discussione tra le differenze tra cappuccino e latte macchiato, su come dovesse essere la temperatura e la schiuma. Erano anche queste le cose che Rick apprezzava di lui e che lo avevano portato a sceglierlo come suo nuovo agente. Era un tipo interessante, con il quale si poteva chiacchierare anche non di lavoro e che sapeva, come lui, godersi la vita. Ordinarono due long drink e degli stuzzichini e mentre attendevano Andrew aprì la sua 24 ore mettendo davanti a Castle dei prospetti.
- Mi dispiace averti dato così poco preavviso - disse il suo agente - ma è un'opportunità che mi è capitata proprio poco fa. - Rick guardò la carta intestata e riconobbe subito il logo nero e bianco che campeggiava in alto. - La migliore penna per il miglior scrittore. Mi hanno contattato questa mattina. È una buona pubblicità anche per entrambi: loro arriverebbero ad un pubblico più vasto pubblicizzando il loro ultimo prodotto, una nuova linea più easy senza diminuire gli standard di qualità ovviamente e tu saresti associato ad un marchio estremamente prestigioso, perché è solo il primo che voglio legare alla tua immagine Rick!
Castle lo aveva assunto per questo, no? Curare la sua immagine, i suoi interessi, fare in modo che la sua vita pubblica fosse incanalata nei giusti binari pubblicitari senza sconfinare nel suo privato del quale diventava sempre più geloso e quello che lui gli stava proponendo non era una cosa buona, era ottima. Qualcosa che Paula in tutti gli anni non aveva mai saputo proporgli, non andando oltre le mere serate mondane e la pubblicità che derivava dal gossip, "perché il tuo pubblico è quello" così le ripeteva, lui non ne era convinto, sapeva che poteva fare di più, ma i profitti arrivavano in modo fin troppo facile ed erano alti, e quel genere di vita non gli era mai dispiaciuta e nemmeno quell'etichetta che gli era stata messa, anzi lo lusingava. Prima, non adesso. Dopo gli ultimi eventi anche la sua immagine era andata ben oltre quella delle riviste scandalistiche e Andrew aveva visto in questo un modo per tracciare una linea netta tra quello che era stato e che sarebbe stato in futuro del Richard Castle pubblico, che poi in effetti era anche quello che voleva fare lui nel suo privato, con le decisioni che aveva preso e stava prendendo.
- Cosa dovrei fare? In termini pratici intendo.
- Un paio di photoshoot e la registrazione di un video promozionale qui, a New York, nelle prossime settimane, ed un paio di party che dei quali saranno sponsor dove, ovviamente, ti dovrai presentare. Poi naturalmente firmare tutte le copie dei tuoi libri usando la loro penna.
- Dove sono questi party e soprattutto quando? - Era questo che gli premeva i dove e i quando.
- Ecco, il primo dei due è due giorni dopo la consegna degli Edgards. Ho già parlato con Price, e per lui sarebbe ottimo se il giorno dopo il party di Boston tu potessi partecipare anche a quello a Los Angeles.
- Cosa? A Los Angeles? - Rick strabuzzò gli occhi. Los Angeles era a 6 ore di volo da casa. Da Kate.
- Sì Rick. Lo so cosa avevamo detto, ma è una opportunità splendida, devi solo prolungare di un paio di giorni il tuo viaggio, l'altro sarà qui a New York, quindi non avrai problemi. So che hanno in piedi anche una trattativa con un altro scrittore, tuo competitor, ma gli ho chiesto di non fare niente fino all'una di oggi. Cosa mi dici? - Andrew era sicuramente un tipo molto entusiasta, che sapeva come convincere le persone, anche uno come Castle che all'idea di prolungare la sua assenza da casa e da Kate soprattutto, era estremamente riluttante.
- Andrew, devi promettermi che non ci saranno altre improvvisate per i prossimi mesi, ti ho spiegato la mia situazione.
- Solo questo Rick. E' un impegno che mi sono preso in prima persona. - Gli porse una penna e gli indicò dove doveva firmare il contratto. Rick lo fece. - La penna puoi tenertela, ti servirà - Andrew sorrise e in quel momento arrivarono i loro drink con i quali brindarono alla felice conclusione dell'affare. L'agente finì in fretta il suo bicchiere, prese le carte le rimise nelle ventiquattrore e salutò Rick dicendo che doveva andare a inviare la copia del contratto e fare delle telefonate per sistemare il tutto.
Castle rimase solo su quel divano a guardare New York correre al di là dell'ampia vetrata della hall. Turisti, per lo più. Girava e rigirava la penna tra le dita, mentre sorseggiava il suo drink mangiando qualche tartina. Non si aspettava quella proposta e non da quella casa così importante. Era un'offerta economicamente molto vantaggiosa ed alla fine aveva firmato senza leggere nemmeno tutto il contratto, il suo avvocato l'avrebbe ucciso per questo, ma non era la cosa che in quel momento lo preoccupava di più. Lo aveva fatto senza dire nulla a Kate, a sua moglie. Avrebbe dovuto prolungare la sua assenza, ma non era solo quello che lo preoccupava, era la consapevolezza che, in un altro momento, prima di firmare, si sarebbe preso almeno cinque minuti per farle una telefonata ed avvisarla, chiedere il suo parere. Sapeva che lei gli avrebbe sempre risposto "E' la tua carriera Rick, devi decidere tu", ma il fatto di consultarla, sempre, per lui era naturale. E quel giorno non lo aveva fatto. Aveva pensato a lui tutto il tempo, a cosa quella scelta avrebbe comportato, anche come giorni in più che doveva starle lontano, sarebbero stati solo un paio in fondo, ma non si era sentito in dovere, nemmeno per un attimo di chiamarla e chiedere il suo parere. Questa sua mancanza lo tormentava adesso e si sentiva terribilmente in colpa.
Erano passate un paio d'ore dalla fine dell'incontro con Andrew. Aveva bevuto un atro paio di cocktail senza più riuscire a toccare cibo, aveva lo stomaco chiuso e la cosa peggiore era che sapeva esattamente perché. Aveva avuto modo di pensarci tutto quel tempo e l'unica risposta plausibile era quella che non voleva darsi, perché sarebbe stato portare di nuovo a galla quel conflitto che aveva dentro e che cercava sempre, in tutti i modi, di sopire.
Non era ubriaco, reggeva bene l'alcool, ma quello che aveva in circolo più i suoi pensieri lo stavano portando in uno stato mentale che lo destabilizzava, arrivando a conclusioni che non voleva darsi.

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