SEI

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Castle se n'era andato subito dopo aver finito di mangiare. Aveva parlato qualche minuto fuori dalla stanza di Kate con Jim per aggiornarlo velocemente su quella giornata. Gli raccontò della crisi avuta dalla figlia quando le aveva detto che erano sposati e per questo oggi aveva evitato di dirle anche del bambino. Jim consigliò a Castle di andarsi a riposare: malgrado non lo volesse far vedere, stava accusando la stanchezza fisica ed emotiva della giornata. Rick sapeva che aveva ragione e se ne accorse soprattutto quando, arrivato nella sua stanza si spogliò e si tolse le bende che coprivano la sua cicatrice. Gli faceva male, più del solito, e si era gonfiata. Si medicò come meglio poteva e prese degli antidolorifici, poi si buttò sul letto sperando di riuscire a dormire qualche ora in più della notte precedente.

Anche Kate, nella sua stanza, era stanca ed affaticata, sebbene non si fosse mossa dal suo letto. Le faceva piacere, però, passare un po' di tempo con suo padre che era molto più sereno della sera precedente. Kate si preoccupava per lui, sapeva quello che aveva passato dopo la morte della madre ed aveva temuto che in quel periodo in cui lei era stata in pericolo di vita, lui avesse potuto ricadere nelle vecchie tentazioni. Le aveva giurato di no e gli credeva. Le chiese come era stata quella giornata con Rick e Kate si trovò imbarazzata nel rispondergli, perché non ci aveva ancora pensato nemmeno lei. Piacevole. Gli rispose così, era vero, ma sapeva che non era stato solo quello. Era stata emotivamente intensa e faticosa. Suo padre insistette per rimanere lì con lei quella notte, come la precedente, ma fu irremovibile, non c'era bisogno, aveva tutta l'assistenza di cui necessitava. Si lasciò abbracciare da Jim prima che andasse via, che la tenne stretta a se per molto più tempo di quanto lei ricordasse avesse mai fatto.
Una volta sola prese il libro di Castle, provò a leggerne qualche altra pagina, ma i suoi occhi erano troppo stanchi per riuscirci. Si abbandonò al buio ai suoi pensieri. Suo padre e Castle erano due uomini così diversi, che nessuno avrebbe detto potessero avere qualcosa in comune, tanto era riservato e taciturno uno quanto esuberante e loquace l'altro. Eppure quando li aveva visti insieme sentiva che i due avevano una forte sintonia, avevano fatto squadra, per lei.
Non riusciva ad immaginare cosa i due avessero passato in quel periodo in cui lei era rimasta in coma, come si fosse sentito suo padre, all'idea di vederla lì, in pericolo, lottare per vivere. Gli era rimasta solo lei, era tutto ciò che gli rimaneva della sua famiglia. Stette male solo al pensiero, ricordando cosa era diventato suo padre dopo la morte di sua madre, l'amore della sua vita. Il suo pensiero volò a Castle: si sarà sentito così anche lui nel vederla lì, inerme, per settimane? Era questo quello che li legava, un rapporto così forte come era stato quello dei suoi genitori, tanto da annientare suo padre quando sua madre era stata uccisa e spingerlo in un baratro dal quale non riusciva a risalire? Provò invidia per quella se stessa che era riuscita a farsi amare così tanto da quell'uomo ed era mortificata per non ricordare di amarlo. Era stato ferito anche lui e nonostante questo, appena dimesso, si preoccupava di andarla a trovare tutti i giorni, benché lei fosse priva di conoscenza. Pensava a quanto doveva aver sperato nel suo risveglio e alla delusione provata nel sapere che lei non si ricordava di suo marito. Castle era suo marito, faticava a ricordarselo, era una notizia che ancora non era riuscita a metabolizzare. L'idea del matrimonio era qualcosa di lontanissimo nella sua mente, pensava, anzi, che non si sarebbe mai sposata e forse, nemmeno mai realmente innamorata, non di quell'amore che aveva visto solo nei film e negli occhi dei suoi genitori. E negli occhi di Castle. Quel giorno aveva visto come Castle la guardava e ne era ancora turbata. Come poteva essere lei l'oggetto di uno sguardo simile? Aveva sempre pensato che non sarebbe mai stata in grado di lasciarsi andare completamente in una relazione fino a quando non avesse risolto il caso di sua madre, che l'aveva prima ossessionata, poi, invece, semplicemente fatta chiudere in se stessa quando aveva deciso di rinunciare, per non soffrire ancora. Ora sapeva che tutto era finito eppure non riusciva a trovare, nella sua mente, conforto in questo. Era tutto finito, ma per lei era come se non lo fosse, perché non lo aveva mai vissuto e come poteva guarire un male che non c'era più ma del quale portava dentro ancora tutti i sintomi?
Sentiva di nuovo quella stretta al petto che stava prendendo il sopravvento. Provò tirarsi un po' su ed accese la luce. Sul comodino c'erano l'anello di sua madre e le fedi che aveva lasciato Castle. Vide anche il cellulare e lo prese cominciando a guardare le foto. Avevano quasi tutte gli stessi soggetti, lei e Castle. Insieme, felici, si vedeva dagli sguardi. Non le sembrava se stessa quella che osservava, né per la fisionomia, né per quello che faceva. Non era da lei ridere e lasciarsi andare così. Sembrava spensierata. Sembrava veramente felice, come non lo era più da anni, come forse non lo era mai stata. Continuò a sfogliare intrufolandosi nella vita di quella lei che non sapeva essere lei e si trovò in un video sdraiata in un letto di quella che probabilmente era la loro camera, appena sveglia, mentre rimproverava Castle di ridarle il telefono e di smettere di riprenderla e sentiva la voce di lui pronunciare frasi dolcissime mentre lei arrossiva e si nascondeva con il lenzuolo. Questo lo trovava molto da lei, invece. Sorrise di se stessa, riconoscendosi finalmente in qualcosa. In breve capì che la maggior parte dei video li aveva fatti Rick prendendo il suo telefono, così come le foto dove erano insieme. Erano una bella coppia, pensò alla fine, quella lei e lui lo erano, ma continuava a vedere quella persona come qualcuno di diverso da lei. Aveva sempre la sensazione di spiare la vita di qualcun altro, ma anche la curiosità di conoscersi. Cliccò sull'icona dei messaggi ed il primo nome era ovviamente quello di Castle, le sembrava veramente, guardando quel telefono, che la sua vita, fino a poche settimane prima, ruotasse tutta intorno a lui. Cominciò a leggere, andando a ritroso, i loro messaggi. Sorrideva imbarazzata di se stessa nel leggere quello che gli scriveva e provò uno strano batticuore nel leggere le risposte di Castle rendendosi conto che quelle parole erano per lei, non stava leggendo della vita di qualcun altro, ma subito fu assalita di nuovo dalla tristezza di non riuscire a ricordare nulla di tutto quello e di quanto le sarebbe piaciuto provare quella splendida sensazione di essere innamorati. Così innamorati. Invece dentro di se sentiva solo il vuoto che non riusciva a colmare con i ricordi che non le appartenevano, li sentiva estranei. Posò il telefono e provò a dormire cercando di convivere con il dolore fisico ed emotivo. Era frustrata che non le dessero nulla per aiutarla a dormire nè delle dosi di antidolorifici più forti.
Pensò di chiedere a Castle, il giorno seguente, di usare il suo appeal per convincere dottori e infermieri a darle qualcosa di più forte per alleviare i dolori che sentiva. Si rese conto di aver dato per scontata la presenza di Castle il giorno successivo, non doveva abituarsi a lui, non doveva dipendere da lui, non doveva dipendere da nessuno se non da se stessa, come sempre.

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