La paura può giocare brutti scherzi

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20/06

I giorni ricominciarono a scorrere ma qualcosa in me era cambiato, le mura che per tutti quegli anni mi avevano protetta mi sembravano ostili.


Non facevo a meno di guardarmi alle spalle, continuamente, ero guardinga, sospettosa e impaurita.


L'ansia, come un macigno pesava sul mio petto e non mi lasciava nemmeno dormire la notte, anzi, si manifestava tramite rapimenti riusciti e morti nei miei sogni.


Una settimana era passata e nonostante i provvedimenti presi e le barriere magiche innalzate ancora non mi sentivo al sicuro.


Non c'era bisogno che mi specchiassi per capire che ero un disastro, bastavano gli occhi di mio marito che ogni giorno assumevano un'espressione sempre più preoccupata.


Trovavo un po' di pace durante le sessioni d'esame ma quelle poche ore erano una magra disoccupazione dai miei pensieri, del tutto insufficiente.


Durante le notti che passavo insonni mettevo in rassegna tutti i fatti accaduti nella remota speranza di trovare un filo conduttore e con esso le risposte ma niente.



Quella mattina ero andata sul presto in infermeria da Madama Chips per un controllo della gamba.


Per l'anziana infermiera la guarigione procedeva bene ed entro un'altra settimana potevo ricominciare a spostarmi senza l'ausilio delle stampelle.


Cercai di dimostrarle la mia gratitudine con un sorriso ma quello che sfoggiai fu più un'espressione tesa, forzata, ben lontana dall'idea iniziale.


Quando uscii decisi di non tornare all'appartamento, volevo stare un po' da sola. Purtroppo il mio programma era opposto a quello del corpo studentesco che, ben felice di aver finito gli esami, gironzola per i corridoi del castello a gruppetti.


Non so come finì la mia ricerca della solitudine perché ero così presa dai miei pensieri che non mi accorsi di dove stavo andando.


Il mio corpo si spostava mentre la mia mente viaggiava chissà dove.


Solo la voce di Albus mi riportò alla realtà.


-Lily?- in quel momento mi accorsi che il sole aveva completato il suo giro e stava tramontando, illuminata dai colori caldi della sera riconobbi l'aula di astronomia.


-Lily che ci fai qui?- mi chiese nuovamente mio fratello mentre mi scuoteva dolcemente, dal tono sembrava preoccupato.


-Lily che hai? Stai male? Perché non rispondi?- sbottò ancora più allarmato.


Alzai lo sguardo da un punto indefinito per poi incontrare i suoi occhi smeraldini.


-Niente- risposi -Non ho niente-


-Lily ti stanno cercando tutti, stamattina sei uscita e da quel momento nessuno ti ha più vista. Dove sei stata per tutto questo tempio?-


-Qui-


-Qui?! Per tutto il tempo? Ma perché?-


-Albus lasciami in pace devo pensare-


-A che cosa?-


Rimasi in silenzio forse, se non avesse ricevuto risposta se ne sarebbe andato.


-Non vuoi rispondere? Va bene, vorrà dire che rimarrò qui in silenzio con te- si sedette vicino a me ed incrociò le braccia al petto.


Albus dopotutto era mio fratello e mi conosceva bene e, in quella circostanza, anche troppo.


-Sto pensando a tutto quello che è successo in questi mesi. Gli incidenti, gli attacchi, te, il rapimento, i sogni e quella dannata profezia- sbottai spazientita.

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