-Brava, Diletta, non tenere tutto dentro e sputalo fuori.
Disse Tommy con premura, come se stesse parlando ad una bambina. Era lì, davanti al lavello della cucina, accanto alla povera Diletta che non faceva altro che stare male e vomitare. Vedendo quella sofferenza gli si stringeva il cuore e per questo tentava di tranquillizzarla come più poteva. Con la mano libera tentava di tenere indietro i capelli e a volte le accarezzava la schiena con movimenti lenti e circolari, mentre con l'altra mano gli stringeva la sua, tentando di infondergli coraggio, anche perché le manette non gli permettevano di muoversi come desiderava. La presa della ragazza era forte, come un animale affamato che gli masticava la mano, ma a lui non gli importava dato che era abituato a tutto questo.
Tommy sopportava bene l'alcol, poteva bere molto senza che gli venissero strani effetti ed é per questo che non capiva mai suo fratello; a Kam bastava un niente ed era più pazzo di un barbone alcolizzato a cui avevano permesso di bere gratis in una vinoteca.
Era incontrollabile e naturalmente lui lo doveva controllare. Poi era inevitabile che il giorno dopo lo aiutasse a smaltire tutta la sbornia, con lo stomaco che gli si rivoltava contro e che lo portava a rigettare tutto il veleno nel water. Ogni volta era accanto a lui a massaggiargli la schiena e Kam, fra un conato e l'altro, lo ringraziava chiamandolo angelo custode e gli prometteva che non avrebbe mai più bevuto. Ogni volta non manteneva la promessa ed era sempre la stessa storia.
Questa volta era diverso.
Questa volta era Diletta a soffrire e di certo non stava smaltendo una sbornia. Tommy non sapeva cosa fare e cercava di calmarla il più possibile con quelle carezze sulla schiena.
Si sentiva impotente di fronte a quella ragazza che soffriva ed aspettò che finisse.
Da sola aprì il rubinetto per sciacquarsi con cura il viso e la bocca. L'acqua fredda e limpida scorreva forte, pronta a cancellare quello che era appena successo, ma ormai Tommy era troppo segnato per poter dimenticare così facilmente. Piano piano collegò i piccoli pezzi; il fatto che fosse così magra, che non mangiasse a colazione ed ora quest'altra prova che evidenziava tutto il resto...
-Diletta... Sei bulimica?- Le chiese a bassa voce come se non dovesse farsi sentire da nessuno.
Lei chiuse l'acqua e il silenzio ritornò. Fissò Tommy, così vicino a lei, serrò la bocca e sgranò gli occhi. Tommy l'aveva offesa? Si era forse confuso? A quel pensiero si sentiva il solito idiota.
-Oh... Ho sbagliato? Non ne so molto di queste cose... Si dice... Oh mamma non ricordo... Dislessica? No, che idiota! É tutt'altra cosa. Ah, si! Anoressica forse...? Sinceramente non lo so... Scusami Diletta.- Più parlava e più il suo tono di voce si affievoliva, fino a diventare un sussurro. Si sentiva sempre più stupido.
Come risposta Diletta rimaneva in silenzio, accennando ad un piccolo ghigno all'angolo della bocca, per poi sospirare e riguardare il lavello con una sorte di tristezza, come se in un tempo ormai passato quel rubinetto le avesse fatto del male.
Quel silenzio lo stava uccidendo, non lo poteva sopportare a lungo.
-Con me ne puoi parlare, puoi stare tranquilla che...
-Con te ne posso parlare?! Stai scherzando!
Urlò Diletta interrompendolo bruscamente. Quel cambiamento di voce lo spaventò talmente tanto da fargli serrare le labbra.
-Sei il peggiore!- si voltò verso il viso incredulo di Tommy. -Ti fingi tanto carino e remissivo, proprio come un bambino. "Tranquilla Diletta, con me puoi sfogarti! Tanto che ti avrò mai fatto? Ti ho solo occupato casa e presa in ostaggio!" Te e tuo fratello siete degli esseri ignobili, dovete andarvene via subito!
Avanzò verso di lui per continuare a sputare con cattiveria quelle parole e lui arretrò, non tanto per paura di lei, ma per quanto le puzzasse il fiato in quel momento. Quell'odore acre lo costrinse a coprirsi il naso e lei accorgendosi di ciò si tappò involontariamente la bocca. Le lacrime le uscirono fuori con la forza e la rabbia stava crescendo ancora e ancora in quel piccolo corpo.
-Ora basta! Si, va bene? Ero bulimica e mi puzzava sempre il fiato! Ora se permetti vado a lavarmi i denti.- Disse a denti stretti e voltandosi per poi bloccarsi di botto. -Ah, é vero! Mi avete tolto tutto, tutto quanto! Perfino lo spazzolino da denti, sia mai che con quello vi potrei fare del male. Quindi mi dispiace se mi puzza l'alito come una fogna!
-Diletta, calmati, non ti fa bene urlare in questo modo.
-Io urlo quanto mi pare in casa mia!- Strillò talmente tanto che Tommy aveva paura che qualcuno la sentisse dalla strada. Per istinto le tappò la bocca.
-Abbassa la voce!
All'inizio si divincolava. Davanti a lui, la ragazza si muoveva per liberarsi dalla sua presa, urlava con la voce ovattata, ma piano piano affievoliva sempre di più il suo tono, come se non avesse più fiato per continuare. Ferma e tranquilla, farfugliò qualcosa da sotto la sua mano che Tommy non capì. Gliela tolse, -Cosa hai detto?
-Tu sei peggio di tuo fratello... Siete due diavoli che mi torturano, questo deve essere per forza l'inferno. Si, é la mia punizione. Se solo potessi tornare indietro... Sarei partita con la mia famiglia e tutto questo non sarebbe mai successo.- Singhiozzò come una bambina, le lacrime che non si fermavano.
-Andatevene via, ti prego. Andatevene... O almeno mandate via me. Vi prometto che non dirò niente, non farò niente. Sparirò nel nulla... Sarà come se non fossi mai esistita...
Tommy l'abbracciò. Con il braccio destro avvolgeva le sue esile spalle mentre con il sinistro le stringeva la mano, imprigionate in quelle stramaledette manette. Il viso della ragazza si infossò sul suo petto, tentava di colpirlo con piccoli pugni e le lacrime gli avevano ormai bagnato la sua felpa verde, anzi, la felpa verde di Leonardo.
-Calma Diletta, andrà tutto bene...- e le diede un piccolo bacio sulla fronte. Era questo che gli aveva sempre insegnato sua madre; non far piangere le donne, abbracciale con delicatezza e falle capire che con te saranno sempre al sicuro, tranquillizzale. E infatti funzionava, Diletta piangeva ancora, ma non lo picchiava più. Dentro quell'abbraccio, rinchiusa ed immobile, stringeva la felpa verde che conosceva tanto bene.
Da quella felpa lei sentiva il profumo di suo fratello Leonardo. Era come se nulla fosse accaduto e il suo fratellone la stesse abbracciando tranquillizzandola e consolandola proprio come quando era piccola.
"Diletta."
Quasi poteva sentire la sua voce... Si, in quell'istante era lì con lei, ne era sicura. Quel momento la riportò indietro di due anni, quando lei si abbandonò a quel grosso ed affettuoso abbraccio fraterno, bisognosa di aiuto, l'odore dei pini a cui lei era tanto affezionata.
Diletta pianse ancora.-Mi dispiace...- disse fra le lacrime.
-Mi dispiace.
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Mystery / ThrillerDitemi, cosa ci hanno sempre insegnato i nostri cari genitori? Mai aprire la porta agli sconosciuti. Diletta, una ragazza nata in una fortunata quanto soffocante famiglia, non ha seguito questo consiglio, aprendo le porte della sua immensa casa. Gio...