15 Capitolo

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Pulire, Diletta non doveva far altro in quell'enorme casa. Dopo aver mangiato con riluttanza e sistemato la cucina, sotto ordine di Kam, aveva preso la scopa per poi dirigersi nel salotto.

Spazzava via i pezzi del vaso che Kam aveva buttato a terra. Un vaso di sua madre, un pezzo raro di non so quale sua stramba collezione, che sinceramente nemmeno a Diletta le era mai piaciuto. Fin da quando sua madre l'aveva acquistato e messo lì vicino all'entrata del salotto, Diletta si spaventava ogni volta nel vederlo; era marrone scuro e rappresentava una testa con gli occhi chiusi, con la faccia schiacciata orizzontalmente e sulla fronte il becco che si allungava verso l'alto. Era sempre stato lì, a fissarla anche se aveva gli occhi chiusi e mai sua madre l'aveva utilizzato per metterci dei fiori o altro. Era come se lo avesse fatto apposta a metterlo lì, per fare dispetto a sua figlia. Ora era a terra in mille pezzi, la bocca allungata divisa in quattro parti e le orecchie quasi irriconoscibili, solo gli occhi chiusi si erano salvati. Se fossero stati aperti, l'avrebbero di certo fissata a lungo. In parte era felice di buttarlo dato che aveva sempre desiderato farlo, ma le circostanze erano tutt'altro che piacevoli per lei.
Facendo un giro della casa, non la ricordava così in disordine. Tre giorni fa, il giorno della sua fuga andata decisamente male, aveva sistemato tutto quanto, c'era solo da rimettere apposto la lavanderia e il bucato pulito. Ma in quel momento, le stanze non erano sistemate e Diletta capì che i due gemelli dormivano lì. Kam nella stanza dei suoi genitori e Tommy in quella di suo fratello Leonardo. Le due camere erano in disordine, vestiti a terra, letti disfatti e scarpe ogni dove. Kam le ordinò di sistemarle e come se quel giorno si fosse trasformata in Cenerentola, Diletta sistemò le stanze della sua famiglia; rifece i letti con le lenzuola ben lavate, sistemò le scarpe nelle scarpiera e arieggiò le stanze aprendo le finestre. Il tempo era volato, aveva passato tutto il pomeriggio a spazzare e lavare ed era già buio fuori.

Nessuna via di fuga, pensava mentre guardava la strada tanto lontana e nessuna persona che passava e che la poteva sentire. -Sono sola...

-Ora parli anche da sola? Allora sei proprio pazza.-  sentì alle sue spalle. Non c'era nemmeno bisogno di voltarsi per capire chi avesse detto parole acide come quelle. Kam era appena entrato nella sua stanza per contemplare il lavoro della servetta.

-Sei proprio brava a pulire Diletta, almeno sai fare qualcosa. Sono stati i servi a spiegarti come si fa?

-Non abbiamo mai avuto camerieri.- rispose Diletta guardando la strada sotto di lei. Avrebbe preferito schiantarsi al suolo sull'asfalto che parlare oltre con quel ragazzo.

-I nostri genitori ci hanno insegnato che i panni sporchi vanno puliti da soli.

-Oh, che vita disagiata che hai avuto...- la prese in giro facendo la voce piagnucolosa e la faccia triste.

-Povera bimba che deve pulire la sua camera principesca tutta da sola.

-Olio di gomito, dice sempre mia madre.- Diletta era come se non lo ascoltasse. Lui non era lì, non era nella stanza dei suoi genitori.

-Per avere l'anima limpida bisogna prima pulire la propria casa.- finì guardando ancora la strada...

Lo spavento le fece cacciare un urlo. Kam si era avvicinato a lei, era incollato al suo corpo. La schiena di Diletta era a contato con il suo petto e il respiro accelerato di lei si contrappose con la sua calma. Con quel peso dietro, aveva paura di cadere, di incontrare veramente l'asfalto e morire, ma dopo lo spavento iniziale, aveva paura di lui. Quel calore la spaventava, la presenza dietro di lei la terrorizzava. Le aveva afferrato il viso e costretto a girarlo verso di lui. Erano troppo vicini e i suoi occhi verdi erano gelidi e taglienti.

-Sai Diletta?- disse in un sussurro. La presa era ferrea sul suo mento, con la stessa facilità poteva anche romperle l'osso del collo.

-A me non interessa quello che dice tua madre, a me non interessa quello che dici tu. Devi fare quello che ti dico io e non perdere tempo a guardare fuori la finestra. Se voglio che sia tutto apposto, sarà tutto apposto, e quando hai finito, vieni da me e mi dici. "Tutto pronto padrone. Ho finito il mio lavoro." É chiaro?

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