14 Capitolo

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"Affatto, anzi, perché non riprendi la macchina e non vai a schiantarti su qualche albero? Hai un intero bosco su cui scegliere dietro casa mia."

Voleva tanto rispondere Diletta, ma si limitò ad un neutrale silenzio.
Kam, il così detto gemello cattivo se così si poteva definire con un banale stereotipo, era ritornato dall'inferno per tormentarla ancora. La fissava, fin troppo, era come se le leggesse l'anima; tutti i suoi peccati erano nudi di fronte a lui e li osservava compiaciuto.

-Sto aspettando Diletta, o si, o no, basta anche un cenno del capo se hai perso la lingua... Anche se con mio fratello non sembrava che avessi difficoltà a parlare.- Sorrise malignamente.

Davvero si aspettava una risposta quel farabutto? Diletta distolse lo sguardo sulla mano che lui stava toccando, che stava tenendo con tanta cura come se fosse un fiore delicato. Cosa si aspettava? Cosa doveva rispondergli? Si, mi sei mancato? Così si sottometteva per l'ennesima volta a quell'essere? Oppure no, non mi sei mancato? Correndo così il rischio di farlo arrabbiare? Sul suo polso la spessa linea rossa, ricordo delle manette, era un monito a stare attenta, poi il suo sguardo scese sul suo braccio, su quel vestito azzurro che ancora stava indossando dal giorno prima. Il taglio che Kam gli aveva fatto si era riaperto e stava uscendo un po' di sangue che macchiò la stoffa. Quel contrasto fra l'azzurro del cielo e il rosso del suo sangue la confuse ancora di più.
Il malore che prima aveva provato, che l'aveva costretta a stendersi sul divano per paura di svenire si riaccese, era ritornato più prepotente che mai.

-Io non... Io non lo so.- Sbiascicò con le parole.

-Come non lo sai? Sei così stupida che non sai quello che vuoi? O sei furba nello stare zitta?-

Diletta non capiva perché la stava trattando in quel modo. Con la testa in subbuglio e con di nuovo la nausea aveva il bisogno di stendersi ancora.

"Tommy... Tommy può aiutarmi."

Si, Tommy era un bravo ragazzo. Era riuscito a calmarla in un momento di crisi, di tranquillizzarla. Lui la aiutava a stare meglio, infatti l'aveva portata sul divano e si era seduto accanto a lei. Si, era un bravo ragazzo, ascoltava tutto quello che lei diceva, la consigliava, la aiutava.
Alzò lo sguardo per cercarlo, per la stanza i suoi occhi vagarono alla ricerca di quel ragazzo tanto gentile. Ma vide solo una sua copia.
Era davanti a lei che sorrideva, ma non come un angelo come si aspettava, ma come un diavolo che la giudicava.

"Vattene via..." Gli voleva dire, "Vattene via, voglio l'altro."
Il suo desiderio si avverrò.
Tommy ritornò tutto allegro in salotto con in mano una busta di caramelle.

-Kam! Ti sei ricordato delle liquirizie, grazie ancora.

Kam lasciò la presa della ragazza e si voltò verso suo fratello. Stroncò quel momento con, -Dovere.- e si allontanò andando in cucina.

-Non le mangiare tutte adesso o ti rovinerai l'appetito.-

-Va bene Kam.

Tommy guardò Diletta che era rimasta immobile appoggiata al muro e si avvicinò preoccupato.

-Ti senti di nuovo male? Ti accompagno a sdraiarti?

Quanto avrebbe voluto sorridere al santo che la stava accompagnando sul divano. Era la seconda volta che la aiutava, la seconda volta che poteva sentire il profumo di suo fratello vicino a lei. Era forse arrossita? No, impossibile. Al massimo era diventata bianca come i pavimenti che stava calpestando.

-Tieni, mangia una liquirizia, con gli zuccheri ti sentirai subito meglio.- disse, forse preoccupato dal pallore sul viso di Diletta, per poi cambiare idea.

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