1. Almost

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"Mia mamma diceva che le cose che perdiamo ritornano sempre da noi, in un modo o nell'altro."

_Luna Lovegood

I suoi occhi intensi scorrevano veloci sulla carta impregnata di inchiostro che teneva salda tra le mani. Con le dita accarezzava la rifinitura morbida del romanzo, era un po' spiegazzata e consumata in alcune parti, le pagine non erano più di un bianco puro, un segno evidente che quel libro si trovasse in biblioteca da più tempo di quanto si potesse presupporre.
Teneva le gambe accavallate sulla sedia, la schiena era leggermente ricurva verso il tavolo di legno, i capelli ondulati le ricadevano un po' sul viso, ma a lei non sembrava importare granché. Era troppo coinvolta nel mondo del suo romanzo, presente fisicamente ma la mente fantasiosa si collocava su tutt'altro pianeta.

Succedeva sempre così.
Lei amava quella sensazione che le offriva la possibilità di rifugiarsi in un altro mondo, più interessante e più curioso di quello in cui era solita vivere.

La città in cui aveva sempre vissuto insieme ai suoi genitori era di suo gradimento; lo Utah, caldo e accogliente, le infondeva quel senso di casa che lei adorava e dove aveva la fortuna di sentirsi protetta. Nel contempo, però, il luogo in cui abitava era troppo monotono, troppo comune ai suoi occhi ricolmi di interesse, desiderosi di nuovi avvenimenti.

Non succedeva mai niente di particolare, la gente preferiva racchiudersi in una banale bolla di quotidianità che alla ragazza suscitava esclusivamente una forte nausea. Era tutto eccessivamente tranquillo e quieto e nel momento in cui accadeva veramente qualcosa, un evento o un fatto insidioso che minacciava di frantumare la bolla di protezione della città veniva messo nello stesso istante a tacere.

Chantel detestava senza limiti quell'impegno disumano delle autorità superiori che esercitavano per mantenere i cittadini nell'ignoranza più rassicurante. Oltre a ritenerlo enormemente incorretto, lei desiderava conoscere gli accadimenti di tutti i giorni, anche i più tragici. Si distingueva perché a lei non bastava quella semplice routine con cui si caratterizzava ogni settimana dell'anno. No, Chantel voleva qualcosa che la facesse sentire viva, che la facesse volare ad ali aperte.

Desiderava che, un bel dì, quando oramai l'anzianità si fosse fatta sentire anche per lei, avesse l'opportunità di voltarsi indietro al passato vissuto e sorridere tra sè e sè, consapevole di aver trascorso la sua vita a pieno, senza trascurare neanche l'ombra di un briciolo della sua libertà. Eppure aveva la sensazione che, rimanendo in quella rivoltante bolla di noiosa monotonia che garantiva la sicurezza alla sua città, non avrebbe mai potuto assistere il suo sogno realizzarsi.

«Cara, mi dispiace interromperti, purtroppo stiamo per chiudere la biblioteca.» la signora Francis, la direttrice della biblioteca, conosceva Chantel da quando era ancora una piccola adolescente.

Proprio agli inizi di quel periodo così travagliato e confuso della vita, la ragazza aveva iniziato a visitare la biblioteca più grande della sua città, che non si trovava così distante da casa sua, per trovare qualcosa con cui scappare da quella comunità che non riusciva a condividere.
La ragazza serrò il libro, non prima di avervi lasciato in mezzo il segna-libro e si alzò dalla sedia su cui era rimasta accomodata quasi la metà del pomeriggio.

Succedeva di frequente che, appena metteva piede dentro la struttura, perdeva totalmente la cognizione del tempo. E poi, al suo ritorno a casa, era tenuta a sorbirsi le ramanzine acide dei genitori, rimasti in sovrappensiero per lei.

«No, non fa niente Francis. Scusami se ho disturbato, non ho notato l'ora.» Chantel si morse il labbro inferiore, riponendo il romanzo nello zaino. Indossò in fretta la giacca di pelle per ripararsi dal vento freddo che soffiava quella sera.

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