46. Keep it secret

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"So che è un segreto, perché lo sento sussurrare dappertutto."

_William Congreve

Sarebbe stato da ipocrita affermare che il problema non esistesse, rifiutare una realtà che presenziava sotto i suoi stessi occhi, convincere sé stessa che la situazione non avrebbe avuto presto risvolti.

Eppure era quello che aveva fatto, terrorizzata dalle motivazioni che si celavano dietro quel simbolo e dalle eventuali conseguenze che esso avrebbe portato. Aveva ignorato la sua misteriosa comparsa per una settimana intera, ovviamente cercando in ogni modo di impedire che venisse scoperto da qualcun'altro.

Il tempo, sotto quell'aspetto, era stato complice nei suoi confronti attraverso un'ondata di freddo rilevante che le aveva permesso di coprirsi con maglie a maniche lunghe e, talvolta, giacche a vento. Tutto ciò non era affatto naturale a Salt Lake City quando si aprivano le porte della stagione estiva: di norma, in quel periodo dell'anno si era soliti incontrare un clima già abbastanza caldo grazie alle giornate di intenso sole.

Ma, fortunatamente, fino a quel momento non era stato così.

Aveva continuato a condurre la propria vita all'insegna della normalità, alzandosi alle sette della mattina e andando a scuola di corsa, tornando a casa al pomeriggio e terminando i compiti rimasti in sospeso, trascorrendo il restate tempo a disposizione con la famiglia e con gli amici. Evitava di rimanere da sola, consapevole che lo stato di solitudine avrebbe riportato a galla quello che ormai era divenuto un importante segreto. E probabilmente avrebbe avuto difficoltà a stare assieme a Rylan, perché l'intera situazione riconduceva inevitabilmente a lui.

Ma anche quello, per fortuna, non si era rivelato un problema, dal momento che il licantropo aveva dovuto svolgere del lavoro extra. Sapeva, però, che quegli straordinari in poco tempo gli avrebbero consentito di concedersi del tempo libero.

Tempo che avrebbe voluto senza dubbio passare insieme a lei.

E allora, in quel caso, come sarebbe stata in grado di mentirgli e, soprattutto, di mentire a sé stessa?

Tutto ciò era folle e sebbene fosse riuscita nell'intento di dimenticarsi del fatto, a furia di negarlo, lentamente stava iniziando a realizzare che non aveva via di scampo.

Doveva affrontarlo.

Per questo motivo si era ritrovata a sgattaiolare nello studio personale del padre e della madre nelle prime ore del pomeriggio, orario di cui solitamente i due approffittavano per fare una rilassante passeggiata nei boschi.

Aveva, se i suoi calcoli non erano errati, circa mezz'ora per dedicarsi alla ricerca che avrebbe potuto portarla a qualche risposta soddisfacente. Non un granché se considerava le enormi incertezze che vorticavano nella sua mente, ma se la sarebbe fatta bastare.

S'intrufolò all'interno dello studio dei genitori non appena i due misero piede fuori dall'abitazione, ringraziando mentalmente Ariane e Jonah per la loro occasionale assenza. Se fossero stati presenti in casa come di solito, il suo piano si sarebbe rivelato dieci volte più arduo da portare a termine.

Una volta entrata, si rese conto di non avere idea di cosa fare.

L'ufficio di Jackson e Davine era composto principalmente da un'imponente libreria e da vari scaffali fissati direttamente alle pareti, tutti straripanti di massicci e datati libri riguardanti la specie sovrannaturale.

Era davvero nei guai fino al collo.

Comincia dalla libreria.

Sospirando, già in partenza senza speranze, decise di affidarsi al suo spirito animale. Anche lui, dal momento della scoperta, era stato attraversato da una notevole preoccuazione.

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