Capitolo 40

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Entrarono i poliziotti, uno disse

- Cotke accenda la luce - lui ubbedí e accese la luce. Il scenario era terrificante. Il piccolo corpo di Alessio giaceva sulle sue coperte che un tempo erano bianche pure e che adesso erano macchiate dal peccato più grande, i suoi occhi erano rimasti chiusi, forse l'avevano ucciso mentre dormiva, la ferita sulla testa continuava a sanguinare e io mi chiedevo quanto tempo ci sarebbe voluto per fermarlo, la sua manina era appoggiata all'altra manina, quasi volesse pregare, quell'anima così bianca e casta soppressa dalle persone che avrebbero dovuto proteggerlo. Sentivo piangere Jasmine e intanto io mi scappò un sorriso, un sorriso immezzo a tutte quelle lacrime che si erano impadronite del mio viso senza che io me ne accorgessi, quel sorriso lo feci perché quella donna infondo mi faceva pena, viveva solo per i soldi, non aveva altro motivo per vivere, solo i soldi, ma sei certa che prima o poi avrebbe capito che i soldi possono solo aiutarti a mantenere in vita il tuo motivo di vita, lo possono migliorare certo, lo possono rendere più felice ma non lo sostiueranno mai.

- È stata quella sciagurata della mia figliastra, era solo gelosa, io ero in camera mia con mio marito, non c'era nessun'altro in casa, ho sentito un rumore, sono uscita dalla porta di camera mia e ho visto Giulia che preparava le valigie, continuavo a chiederle cosa stava facendo - si fermò per continuare il suo finto pianto - parlavo a bassa voce per non scegliere mio marito, lei è scesa in salotto, io l'ho inseguita no volevo che se ne andasse senza una spiegazione, poi.... ho visto quel sangue e il mio bambino era per terra sulle sue coperte ormai morto, chiamai subito la polizia....il mio Alessio, il mio piccolo Alessio -
Jasmine continuava con il suo finto pianto

- Signorina la dichiaro in arresto per l'omicidio di Alessio Smith, può avvalersi del diritto di stare in silenzio -

- Lei può pure arrestarmi signore signore, posso stare in carcere anche tutta la vita, possono adirittura ricoverarmi in un ospedale psichiatrico, ma io so che non l'ho ucciso -

- Signorina mi segua perfavore sarà il giudice a stabilire se quello che ha detto è la verità -

- Aspetti solo un istante, vorrei dire le ultime cose e queste due persone che tanto rivedrò solo quando devo testimoniare contro di me e poi non le vedrò più -

- D'accordo signorina dica pure -

- Marco non riavrai mai più le tue proprietà... ti sei sempre sbagliato, quei documenti che hai rubato a mia madre erano una falsa, credevi d'avvero che bastava mettermi in prigione e darmi la infermità mentale per riprendere le tue proprietà? Mia madre ti aveva data quella falsa con scritto che le proprietà di suo padre erano tue ma al compimento del mio diciottesimo compleanno sarebbero appartenute a me, credeva che così le proprietà di mio nonno sarebbero state al sicuro perché credeva che tu mi volevi veramente bene, non le ha lasciate veramente a me perché aveva paura che tu mi raggirassi e che poi io le avrei lasciate organizzare da te, in realtà quelle proprietà sono di mia madre, non hai più nulla papà come non hai più nulla tu Jasmin -

In quel momento entró Andreas, mentre piangeva e chiedeva di lasciarlo passare

- Signore non la possiamo lasciar passare -

- Sono suo fratello - Urlò e spostò il poliziotto mentre valicó le striscie che davano il divieto

- No Alessio....no...chi è stato...- urlò è poi vide le manette sulle mie mani e piangendo disse - No Non sei stata tu vero Giulia? Giulia sei innocente vero? Giulia tu non saresti mai state capace di farlo -mi diceva guardandomi negli occhi poi si distolse dal mio sguardo e rivolgendosi ai poliziotti disse
- lasciatela non è stata lei, avete sbagliata, lei gli voleva bene -

Gli sorrisi, Andreas mi credeva e ciò mi dava coraggio

Gli accarezzai il volto coperto delle lacrime e gli dissi a voce bassa - aspettami Andreas tornerò quando sarà fatta giustizia al piccolo Alessio, i veri colpevoli stanno già pagando tranquillo, sarà la vita a punirli - Gli diedi un bacio a stampo veloce, senza preoccuparmi di chi avevo intorno

- adesso dobbiamo proprio andare signorina - disse il poliziotto

- andiamo - dissi io piangendo

Uscì e tutti i giornalisti si rivolsero contro di me, non mi importava di quelle telecamere ma solo dello sguardo di Andreas che non mi abbandonò per un solo secondo. Lui mi credeva e questa era la prova che lui mi amasse, finalmente un raggio e luce in tutto questo buio, sorrisi. Mi mancava il mio sorriso.

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