Capitolo 44

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Passarono circa due settimana, ero ancora ricoverata all'ospedale per via della mia malattia, durante la prima settimana la malattia non si era fatta sentire molto mentre durante la seconda sono peggiorata davvero molto, non avevo nessuno al mio fianco, vedevo dottori e infermiere uscire ad entrare nella mia stanza senza nemmeno farmi una domanda, senza nemmeno chiedermi come stavo, mi facevano una puntura ogni giorno e poi se ne andavano, ma non lo potevo di certo biasimare, loro credevano di aver a che fare con una assassina, ma questo mi importava bene poco visto che stavo aspettando la sentenza che di certo mi avrebbe dato gli arresti domiciliari per via della mia età e per via delle mia condizioni di salute. Però nonostante tutto io in quel momento non mi sentivo una malata, un assassina o una ragazza che non aveva un motivo valido per vivere, perché sapevo che avrei dovuto resistere per lei, per mia madre, era sicura che un giorno o l'altro tutto questo sarebbe finito e che io sarei andata via con lei, a Milano, avremmo avuto un piccola casa in cui vivevamo solo noi due, avrei finito finalmente gli studi e sarei diventata avvocato. Sarei entrata a casa ogni giorno, le avrei sorriso, l'avrei vista negli occhi, avremmo passato tutta la nostra vita come madre e figlia, mi avrebbe aiutato a scegliere il mio vestito da sposa e mi avrebbe detto che qualsiasi cosa sarebbe accaduto lei mi sarebbe stata vicino. Avevo ancora sul mio viso il calore delle sue mani, speravo che quel calore che mi stava bruciando dentro, che i ricordi e i rimorsi stavano alimentando la fiamma, sarebbe diventato una circatrice. Un segno indelebile tracciato da lei.

Ad un certo punto vidi entrare un medico, uno nuovo che non avevo mai visto, che si fermó sulla porta a fece entrare due uomini, poi uscì subito. Ero ancora scossa per la medicina, sempre molto forte, che mi avevano ignettato poco prima. Ero sdraliata e stanca ma mi sedetti all'improvviso quando realizzai che quei due uomini erano mio padre ed Andreas.

- Cosa ci fate voi qui ? Andate via o mi metto ad urlare -

- Oh si certo Giulia ti ascolteranno, come hanno sempre fatto, no? - disse mio padre sedendosi su una poltrona vicino al mio letto

- Andreas esci e controlla che nessuno venga a disturbarci - continuò lui con tono fermo.

Andreas ubidí gli ordini del padre come un cane e io provai schifo in quel momento.

- Allora cara Giulietta.... voglio essere breve.... dove si trova tua madre? -

- Strano ho una madre? Sbaglio o sei tu quello che mi diceva che ormai era morta e che la sua morte era meritatissima -

- Giulia non scherzare con me... Non voglio perdere tempo dimmi dove è -

- Perché dovrei? Vuoi uccidere pure lei? Magari vuoi dare la colpa del suo omicidio al primo che passa per la strada -

- Giulia stai giocando con il fuoco, non ti conviene, dimmi dove è oppure...-
Disse puntandomi una pistola

- Non mi fai paura... Non mi potrai fare niente... sai benissimo che se mi uccidi verranno a prenderti e scopriranno quei documenti....-

Ritirò la pistola

- Su questo tua madre è stata molto furba, non ti uccideró con questa pistola....-

L'ho visto in quel momento, così attentamente e decisi di dimenticare per un secondo la strada della legalità, volevo dirgli tutta la verità, quella che mia madre non era riuscita a dirgli quel giorno, solamente che le forze mi stavano abbandonando, mi sembrava di rivivere lo svenimento di mia madre in quella aula, nemmeno lei sapeva il motivo di quel sentirsi male, ma alla fine riuscii a capirlo grazie alle ultime parole di mio padre

- Finalmente stai cedendo cara Giulietta... come ti stavo dicendo prima non ti uccideró con questa pistola ma con quello che ti sta distruggendo la vita,devi sapere che quando tua madre era incinta lei doveva prende un banale farmaco, lei però non poteva sapere che dentro quel banale farmaco avevo messo un'altra medicina, anch'esso banalissimo per tutti tranne che per le donne incinta, l'ho portata da un dottore pagato da me per dirle che era malata. Sì certo avevo preparato ben due vendette, il primo consisteva nel ucciderti direttamente con quel farmaco, tua madre sarebbe impazzita dal dolore e avrebbe preso degli antidepressivi dove io avrei messo della droga e poi l'avrei fatta curare da un centro psichiatrico, in modo tale da riavere la mia azienda e l'avrei abbandonata lì, tua madre però smise di prendere quella medicina quindi tu ti sei beccata ma malattia ma sei riuscita maledettamente a vivere, ero costretto a fare il mio piano di riserva, l"ho fatto e ora finalmente tu sei davanti a me e sono contento che non sei morta nel ventre di tua madre, perché vederti negli occhi e vederti morire così lentamente mi rende più soddisfatto -

- Stai mentendo - dissi con un filo di voce

Lui rimase con la testa girata verso la finestra

- tu non mi stai vedendo negli occhi e sai il perché? Perché potresti essere il più arrabbiato il più cattivo, la persona con la sete di vendetta più grande, ma c'è qualcosa dentro di te che ti dice che stai commettendo l'errore più grave della tua vita, che dopo avermi uccisa non ti resterà più nulla... - Si girò verso di me e mi guardò attentamente, mi fissava negli occhi e vidi che una lacrima stava per scendere, decisi che non sarei morta finché non gli avrei detto la verità

- Marco tu non capisci che sei mio.... -

- Papà ho scoperto dove si trova -

Disse Andreas irruendo improvvisamente nella mia stanza

- Dove è -

- Sta entrando a casa.... Church Street -

Mio padre caricó la pistola e la mise nella tasca interna dal giubbotto, capii le loro intenzioni

- Nooooo...... Non farlo ti supplico..... perfavore non portarmela via...... papà -

Dissi urlandomi e tentando di correre verso di lui con le ultime forze che avevo, Andreas mi strinse per non farmi correre via, quella stretta che una volta era una composizione di amore, oggi era solo vendetta.

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