5 - Axel

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Apro lentamente gli occhi sbattendo a fatica le palpebre, mentre un'insormontabile mal di testa inizia a fare capolino insistentemente. Ma che ore sono?

Dalla strada provengono voci, chiacchere, risate, auto che vanno e vengono e l'inconfondibile ding del tram che ferma qui vicino. Mi volto verso la sveglia digitale posta sul comodino bianco, e i raggi del sole che filtrano attraverso le fessure della tapparella semichiusa mi feriscono agli occhi.

Calma Axel, pensa a ieri sera. Cos'è successo ieri sera?

Sam ha cantato una canzone. E ha iniziato a guardarmi negli occhi cantando quanto non riuscisse a smettere di pensarmi, che non vorrebbe mai vedermi felice accanto a qualcun'altra. Poi mi ha trattato di merda, allora ho capito che era solo una coincidenza.

Poi??

Poi Sam, di nuovo, mi ha spacciato per un maniaco che mette incinta giovani ragazze sudamericane e poi le abbandona, quindi mi ha liquidato e se n'è andata sculettando a servire gli altri clienti. Subito dopo è arrivato Nick... Nick! Quell'emerito idiota.

Grugnisco devastato dal post sbornia e mi copro gli occhi con un braccio. Ricordo fiumi di shottini, di vodka, e birra... birra come se non ci fosse un domani. Abbiamo anche fatto una partita a biliardo, ma credo di aver perso gettando la mia dignità nel water, insieme all'anima che ho vomitato molto probabilmente. Come ci sono arrivato a casa? Chi mi ha riaccompagnato?

Oh merda, l'auto...

Sposto a fatica il braccio dal viso e mi volto sul fianco sinistro per controllare l'ora: sono le undici e mezza. Waw, da quando dormo così tanto? L'anno scorso, a quest'ora, ero all'Old Steak che servivo ai tavoli e facevo il cameriere, mentre adesso cerco di capire chi sono e, soprattutto, dove diavolo sia la mia auto. Immagini della Chevrolet distrutta e accartocciata in un ammasso di rottami contro qualche albero, o muro, mi affollano la mente costringendomi ad alzarmi lentamente. Dio, ho la testa che gira più di una trottola. Emetto un basso sibilo portandomi la mano alla tempia sinistra e con la coda dell'occhio catturo il mio riflesso nelle due ante a specchio del guardaroba: le lenzuola grigio pastello mi coprono a stento lo stretto necessario, mentre i capelli sono improponibili. Sul bicipite destro, poco sotto al tatuaggio, c'è una scritta in rosso che recita una dedica davvero squallida di Nick. Alzo il lenzuolo riabbassandolo immediatamente: dove diavolo sono i miei boxer?

«Ma c'era del rufis dentro ai nostri alcolici?», che qualcuno di noi si sia perso ieri sera? Non ho minimamente voglia di mettermi a cercarlo per tutta San Francisco.

Lo squillo del mio cellulare mi distoglie dai pensieri, e alzo di scatto il capo verso l'enorme parete scorrevole fatta di enormi quadrati in vetro opaco. Grande stronzata! La testa prende a pulsarmi irrefrenabilmente, ma il cellulare non ne vuole sapere di smettere: lo squillo arriva dal soggiorno. Mi alzo a stento, coprendomi con il lenzuolo impacciatamente e scendo il gradino che divide il rialzamento sistemato a mo' di camera da letto all'interno dell'enorme openspace che costituisce l'appartamento. Trovo i miei jeans buttati sul tavolino, la camicia sul tavolo dell'angolo cottura e i boxer pendono dalla maniglia della porta del bagno. Ti prego signore, dimmi che non ho fatto sesso con una tipa dimenticandomene. Ho già avuto un'esperienza simile ed è stato orribile.

Afferro il cellulare e vedo sul display l'immagine di mia madre sorridente. Oddio...

«Pronto?» farfuglio accasciandomi sul divano.

«Tesoro, tutto bene? Ho provato a chiamarti altre due volte prima, ma non hai risposto...», sì mamma lo so, è che sono quasi in coma etilico. Farfuglio un "Buongiorno" assonnato e le dico che ero ancora addormentato. Intanto focalizzo il Cavalier, Sam, Nick... dov'è l'auto?

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