Amanita

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I tritoni e le sirene da traino li avevano abbandonati davanti alle Simplegadi, approfittando del buio. La nave era nuovamente ferma e non potevano passare. Erano tutti troppo esausti per prendere decisioni nel cuore della notte, quindi avevano deciso di rimandare tutto all'indomani.

Amanita non vedeva l'ora di appoggiare la testa sul cuscino, ma appena lo fece e chiuse gli occhi, si sentì strappare via. Riaprì di scatto gli occhi e si ritrovò sempre nella cabina di una nave, ma era diversa, pareva uno yacht o uno di quei transatlantici da crociera che si vedono nei film. Non era sicura di essere in un posto reale, perché le sembrava di vedere tutto come appannato.

La cabina in cui si trovava era elegante e bellissima, ma c'era qualcosa di inquietante. Muovendo un passo, per poco non inciampò nella moquette tigrata.

- Sembra la cabina di qualche vip- pensò, guardandosi attorno.

Le vetrate davano direttamente sui ponti inferiori e in lontananza si vedeva il mare. Sgranando gli occhi, Amanita capì che era la baia di Long Island. Da come il sole brillava e si riverberava sulle finestre, era chiaro che doveva fare molto caldo, fuori, eppure lei venne di colpo percorsa da un brivido che le ghiacciò il sudore, come se la temperatura si fosse abbassata. Qualcosa, in fondo alla stanza, emanava quel gelo antico e penetrante. Voltandosi, la ragazza vide qualcosa avvolto da un telo scuro, su un palchetto. Le dimensioni erano quelle di una specie di cassa lunga più o meno tre metri. Sul tavolo del bar era appoggiato un oggetto luccicante. Amanita si avvicinò e vide che era un ciondolo argentato a forma di falce.

- Il simbolo di Crono- mormorò.

Come se qualcuno l'avesse chiamata, si voltò di scatto. Sul divano alle sue spalle era posata un'arma particolare, ma che aveva già visto prima: la lama era metà di acciaio e metà di bronzo celeste. Era Vipera.

Scuotendo il capo, le cadde l'occhio sul calendario appeso alla parete. Quando lesse l'anno, per poco non cadde a sedere.

- Porco Tartaro!- imprecò- Ma sono tornata indietro di più di vent'anni!-

L'impellente necessità di uscire da lì la sopraffece. Tentò di raggiungere la porta della cabina, ma delle voci la distrassero. Balzò indietro e pensò di nascondersi, ma la porta venne aperta e un bestione alto due metri e dal petto irsuto entrò. Incredibilmente, non la notò minimamente.

- Credo di sì, l'ho messo qui- grugnì, parlando con qualcuno alle sue spalle.

Si avvicinò al bancone e recuperò il ciondolo. Mentre se lo metteva in tasca, nella cabina entrò Luke Castellan. Non era esattamente come Amanita lo ricordava, o meglio, di aspetto apparentemente sì, soltanto che era decisamente... malvagio. A parte l'essere vestito come un modello e avere i capelli più corti, il suo sguardo non era meno gelido di quella cosa sotto il telo scuro. Nemmeno lui sembrò notarla.

- Chiunque tu sia che mi stai facendo questo, portami via subito, non voglio vedere- disse Amanita, pestando i piedi con fare irritato- mi hai sentito? Non voglio vedere, non voglio sapere... non voglio stare qui! Ti prego, fammi andare via!-

Quasi gridò l'ultima frase. Luke si voltò di colpo nella sua direzione, come se l'avesse udita, per poi andare semplicemente a versarsi un drink, abbaiando un ordine al suo tirapiedi. Amanita lo osservò qualche secondo, poi si sentì di nuovo strappare via e si risvegliò di soprassalto.

- Amanita, va tutto bene? Non riuscivo a svegliarti-

La voce di Luke− il Luke del presente, il suo Luke, la fece voltare di scatto. Istintivamente balzò indietro. Il figlio di Ermes alzò un sopracciglio, confuso. Amanita scosse il capo e gli gettò le braccia al collo.

Riley Jackson e gli Dei dell'Olimpo [CONCLUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora