Capitolo 26 - A Grotesque Eye

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«Apple Pie
«Come?»
«Apple Pie!» insistette Alex, con la testa sostenuta da entrambi gli avambracci comodamente intrecciati sul tavolo a mo' di cuscino improvvisato «Non è male come nome».
Sam si voltò a guardarla, la sua espressione lasciava ben intendere tutta la confusione immerso nella quale si pronunciò: «Vorresti chiamarti... torta di mele?».
Intercorsero tre o quattro secondi di totale, imbarazzato silenzio.
«Certo che no!» leggendogli la sorpresa negli occhi, la donna non poté fare a meno di ridacchiare sommessamente «Mi riferivo al cane!»
«Oh, ecco».
Lo osservò sospirare, debolmente sollevato.
«Mi sembra un nome appropriato.» proseguì.
«Appropriato per un cane?»
«Scommetto che a lui piace.»
Osservò l'interlocutore scuotere appena il capo, le labbra fine delicatamente distese in un sorriso divertito. Alex si prese una piccola pausa dal discorso per assaporare quel momento: era così raro vedere Samuel tanto rilassato, che la sua sola immagine era sufficiente a restituirle un'indescrivibile senso di pace. Se avesse potuto, avrebbe catturato quell'istante imprigionandolo in una fotografia.
«Non ci credi? Guarda e piangi!» riprese poi, sporgendosi lievemente verso il basso per scorgere il muso della bestiola docilmente accovacciata sotto il tavolo; soltanto oltre il suo corpo allungato, una folta coda pelosa si agitava in un frenetico scodinzolio.
«Apple Pie!» chiamò, con convinzione. Il cane sollevò il muso e le lanciò un'occhiata attenta, curiosa.
«Apple Pie!» insistette la cameriera, al che il cane si alzò sulle quattro zampe e, dopo un energico abbaio, si avvicinò giocoso alla cosiddetta padrona già pronto a regalarle un allegro bagno di leccate, tutt'altro che igienico.
«Hai visto?» esclamò vittoriosa lei, mentre con entrambe le mani accarezzava il muso dell'animale «Gli piace Apple Pie: ha risposto».
«E con ciò?» ribattè Sam, che del canto suo non si mostrava per nulla impressionato «Risponderebbe anche a me, se poi gli accarezzassi il muso in quel modo.»
«Incassa la sconfitta, femminuccia!»
«Sconfitta: come no!» accartocciò il naso dritto in un'espressione contrariata.
«Cosa c'è, Jackson?» lo provocò allora Alex, dispettosa «Vuoi che accarezzi il muso anche a te?». Lo sguardo tagliente del poveretto che ne risultò fu più che sufficiente a scatenare la risata libera di lei, la quale si dispiegò nell'aria come un lenzuolo.

«Ma poi, perché proprio Apple Pie?».
Una protesta che a chiunque sarebbe apparsa più che sensata.
Eppure, Alex fissò silenziosamente il suo interlocutore, rimanendo senza parole per un lasso di tempo che dovette apparire molto più lungo di quanto realmente fosse. Quando recuperò la parola, il suo viso diafano era distorto in una smorfia esterrefatta.
«Come sarebbe a dire "perchè"?» vociò, acuta «Pronto? Torta di mele! È una cosa che piace a tutti. A chi diamine non piace la torta di mele?».
L'altro scrollò con naturalezza le spalle, tornando a rovistare nel frigo all'interno del quale cercava gli ingredienti per la loro colazione: uova, del bacon, succo di frutta all'arancia.
«Io non ne vado pazzo.» confessò infine, estraendo tutto l'occorrente e richiudendo l'anta.
Alex, del canto suo, seguì tutto lo spostamento degli alimenti con lo sguardo, per poi rintracciare gli occhi di Sam e scoccargli un'occhiata di rimprovero.
«Mi stai dicendo che non ti piace la torta di mele?»
«Ti sto dicendo che ho altre preferenze.»
«Non sei umano!»
«Infatti: sono un agente federale.»
«E con ciò?».
Dalle labbra di Sam fuoriuscì un gorgheggio sommesso. Stava ridendo sotto i baffi.
«Non lo sai? Siamo noti alieni e divoratori di anime.» la canzonò, estraendo una padella da un mobile in basso e puntandogliela contro per un istante, prima di indirizzarla verso il piano cottura e cospargerla di un sottile strato d'olio da frittura.

«Se assaggiassi la mia torta di mele, divoreresti solo quella.» a quest'affermazione, seguì una reazione che Alex non si aspettava affatto: genuino stupore. Ecco cosa lesse, inciso a caratteri cubitali sulla fronte di Samuel, che non appariva più solo divertito; no: era sinceramente meravigliato.
«Perchè, tu sai cucinare?» sbottò alla fine, con il lodevole tatto di un pachiderma nano pronto a calpestare una sottilissima lastra di cristallo «E da quando?».
La poveretta spalancò la bocca, senza parole; fortunatamente, ne trovò qualcuna ben presto, quantomeno per permettersi di rispondere: «Ma se lavoro in un diner!»
«Come cameriera»
«E con ciò?»
«Consegni i piatti già pronti!»
Un'altra stoccata che puntava dritta al suo orgoglio: Alex si portò ambo le mani ai fianchi, mostrandosi ovviamente offesa.
«Anni trascorsi tra la cucina di casa mia e quella dell'Holiday: credi che non abbia imparato niente?»
Lo sentì ridere, stavolta di gusto.
«Come mandarne a fuoco una, magari.»
«Malfidato!»
«Bene! Allora accomodati: la padella è tutta tua.»
Sam spalancò le braccia in un ampio e teatrale gesto d'accoglienza che non poté evitare ad Alex un energico: «Sfida accettata, agente Jackson!»

Hypnophobia (#wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora