"Non è colpa tua".
Ecco quali erano state le ultime parole che le morbide labbra di sua sorella avevano pronunciato davanti i suoi occhi, nella dolcissima lingua che aveva cullato la loro famiglia fin dal principio.
Ferita, indebolita dal sangue che defluiva rapidamente dal suo corpo, mentre il gemello la teneva con cura tra le braccia, la sua Beth aveva sollevato gli intensi occhi azzurri e gli aveva riferito forse quanto di più appropriato il suo carattere le avrebbe potuto suggerire in quel momento.
"Non è colpa tua".
Perché lei conosceva alla perfezione colui che aveva davanti. Non c'era forse individuo al mondo che conoscesse meglio di suo fratello Vladimir: lei sapeva che, se quella vicenda fosse finita male, il risultato sarebbe ricaduto interamente sulle sue spalle come un pesantissimo, soffocante macigno. Se fosse capitato qualcosa ad Erzesebeth, lui non sarebbe mai stato in grado di perdonarselo: dal primo momento in cui quell'orribile marchio era stato impresso sulla carne di lei, come un perpetuo memento dell'infamia della quale s'era macchiata (ma lo era davvero, si chiedeva?), lui non si era dato pace. Proteggere quel fiore delicato che era stata e che, forse, non era più da tanto tempo se non nella sua testa era diventata una sua responsabilità.Lui avrebbe dovuto tenerla al sicuro, custodirla.
Lui, che ora stringeva i pugni imbrattati del sangue che le aveva visto versare.Aidan s'impedì di seguire con lo sguardo le sagome di Samuel e William, mentre trasportavano Alex lontano da lui, perché sapeva che se si fosse concesso anche soltanto una sbirciata di troppo avrebbe abbandonato il suo dovere e li avrebbe seguiti senza accettare proteste da parte dell'amico.
Già il solo pensiero di doversi separare da lei, in un momento del genere, gli faceva contorcere lo stomaco dall'angoscia. Sarebbe stata bene, senza di lui?
No: era mai stata bene, senza di lui?Sollevò lo sguardo verso il ratto di fogna che aveva provocato quello sparo: si trascinava debolmente lungo le pareti di quel vicolo stretto, il suo profilo era delineato da un solo lato grazie alla luce che proveniva dai lampioni sulla strada principale.
Stava tentando di scappare, di salvarsi la vita che il proiettile gli aveva risparmiato. Ma Aidan non era lì per accogliere segnali di grazia divina o mostrarsi caritatevole. C'erano domande che esigevano risposte per le quali non era affatto disposto a transigere o contrattare.
Lo raggiunse, muovendosi ad ampie falcate, in una manciata di secondi. Era lento, quel verme, anche quando cercò di accelerare la marcia rischiò di scivolare a terra ed imbrattare ulteriormente di sangue un terreno che non era stato allestito per conoscerne. Lo afferrò per il bavero della camicia azzurrina che spuntava da sotto la giacca, avvertì lo schiocco del suo respiro smorzato dalla presa in fondo alla sua gola, poi il rantolo sommesso che produsse mentre si sentiva strascicare all'indietro.
«M-mi dispiace!» lo sentì balbettare, mentre girava gli occhi convulsamente quasi fosse stato sul punto di svenire lì, ai suoi piedi «Io non volevo...! Non volevo...!»
Lo scosse con violenza, per poi sbatterlo vigorosamente contro il muro del vialetto, a pochi centimetri da un grosso secchione nel quale ne avrebbe volentieri gettato il corpo senza vita, se avesse potuto dare sfogo a tutta la rabbia che aveva incapsulata nel suo animo. Ma doveva resistere. Aveva un compito da portare a termine.
«Chi ti ha mandato?» ruggì, spalancando le fauci e mostrando i denti aguzzi che le componevano. Quello tremò, sgranò gli occhi celesti, ma non vacillò. Rimase immobile a fissare un punto lontano, nel vuoto: lo osservò assottigliare la fessura tra le palpebre e inorridire di colpo, mentre con le pupille scattanti disegnava sagome vuote nell'aria.
Non ci volle molto a capire che stava rivivendo mentalmente la l'orrida scena che lo aveva visto protagonista poco prima. Perfino Aidan poteva vederla, prestando attenzione: lo scoppio improvviso, il rosso del sangue, il fragile corpo di Alex che precipitava verso il basso in una caduta che non si sapeva quand'era davvero cominciata e che forse non avrebbe mai avuto fine; non per lui, che era giunto sul posto in ritardo per salvarla, eppure in tempo per vederla morire.
Tragica, l'ironia della sua esistenza.
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Hypnophobia (#wattys2017)
Paranormal#13 in Paranormale il 22.06.2016 - Grazie di cuore! ♥ Derange one life. Set the world on fire. «Sam, sono io! Sono sempre io! » Dicono che sbagliando, si impara dai propri errori. Alex Black non ha mai impara...