W-Why are you st-staring at me?

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Justin

La mia schiena era posata contro il muro mentre sedevo sul letto, le mie gambe tirate contro di me così la mia fronte si sarebbe appoggiata alle ginocchia. Era da ormai un’ora che ero raggomitolato su me stesso, ascoltando il vento che soffiava contro le finestre della mia stanza fredda.

La mia testa sembrava esplodere e, sfortunatamente, non ero riuscito a trovare nessun antidolorifico per liberarmi di quel enorme mal di testa che al momento mi colpiva. La mia schiena era anche ammaccata a causa della durezza delle scale di cemento dalle quali ero stato spinto giù.

Sorprendentemente, non ero nemmeno svenuto. Avevo preso il mio zaino appena mi era stato possibile alzarmi. Dopo essere andato in infermeria per dire loro che non mi sentivo bene, ero potuto andare a casa. Ed ora eccomi qui, a non fare nulla se non pensare a ciò che era accaduto quella mattina.

Non era solo il mio corpo a fare male. La mia gola sembrava serrata stretta anche se nessuna pressione la stava assoggettando. Sentivo di dover piangere anche se avevo superato questa fase molto tempo prima. Ero solito tornare a casa piangendo per ciò che era successo a scuola e mia mamma sarebbe stata lì per confortarmi. Al momento, non c’era nessuno qui.

La casa era vuota e così era il mio cuore. Stavo iniziando a stancarmi così tanto di quel costante bullismo. Non avevo mai voluto andarmene via da Stratford così tanto prima d’ora.

E poi c’era Lily. Ovvio che c’era Lily. Non avrei mai potuto scordarmi di lei anche se avessi voluto. Avevamo avuto un contatto visivo prima che lei si allontanasse da me e Brad. Mi aveva lasciato solo, proprio come tutti gli altri studenti che ci avevano circondato.

Trovavano che le loro lezioni fossero più importanti del salvare uno studente dall’essere buttato giù dalle scale. Ero solo uno stupido, brutto nerd dopotutto. Un buon a nulla. Un ‘inutile pezzo di merda’, come a Brad piaceva chiamarmi.

Alzai il capo per dare una veloce occhiata all’orologio appeso su una delle pareti grigie della mia stanza; erano già le sette di sera. Il mio stomaco brontolava, così scesi lentamente dal letto, ignorando il dolore che mi stava attraversando il corpo.

Barcollai fuori dalla mia camera e mi avviai verso la cucina. Aprii il frigo e presi una pizza dallo scompartimento del freezer, prima di sbatterlo per chiuderlo. Dopo aver messo la pizza nel microonde ed essermi voltato, mi appoggiai contro uno dei banconi, fissando distrattamente fuori dalla finestra.

Gocce di pioggia ricadevano come una cascata lungo il vetro e solo allora mi accorsi che stava piovendo fuori. L’unico suono che riempiva la stanza era il ronzio del microonde e quello della gocce che colpivano le finestre.

Oh, come temevo di andare a scuola l’indomani. Sarei stato deriso e preso in giro, proprio come ogni giorno. L’unica differenza era che avevo paura ora. Paura che mi avrebbero fatto ancora del male. Ovviamente, Brad e Kevin avevano fatto tante cose per mettermi in imbarazzo, ma versarmi del caffè caldo dello Starbucks addosso e spingermi giù dalle scale aveva portato il bullismo a tutt’un altro livello.

L’improvvisa suoneria del mio vecchio Nokia interruppe il treno dei miei pensieri. L’unica persona che mi avrebbe mai chiamato era mia mamma, e mentre estraevo il telefono dalla tasca, non potei non domandarmi cosa ci fosse che non andava. Senza guardare chi fosse, accettai la chiamata.

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