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-Troveremo suo fratello, signorina.-
'Ho già sentito questa stronzata.' Taeyoun si mordeva le labbra convulsamente per impedirsi di gridare contro la polizia o contro chiunque le rivolgesse la parola.
'Sono tutte insulse speranze'. Sentiva la testa scoppiarle dopo una notte insonne.
Voleva solo riabbracciare il suo fratellino. Sua madre era stata schiacciata dalla disperazione, e Taeyoun non poteva contare su nessuno. Il dolore che provava all'altezza del cuore era insopportabile. Talvolta, quando rimaneva sola, il panico l'assaliva, ma le lacrime non volevano saperne di uscire. Non riusciva a piangere perciò si stringeva il petto con la mano fino a conficcarsi le unghie nella carne. Voleva che il suo cuore e il suo dolore sparissero.
Se fosse successo qualcosa al suo fratellino sarebbe morta.
Ovviamente sua madre non aveva accesso al conto bancario di Bongsoo e nessuno di loro poteva pagare il riscatto.
'Bongsoo... che cosa hai fatto?'
La lettera era chiara.
Volevano soldi e li volevano subito. Li volevano entro un tempo che loro non avevano o si sarebbero sfogati uccidendo il piccolo. Bongsoo si era indebitato fino al collo, con qualcuno che probabilmente non sopportava di non avere i propri soldi sotto il naso.

Il telefono nello studio di Bongsoo squilló.
La madre ormai dormiva in quella maledetta stanza sperando di ricevere una chiamata confortante. Teneva tutti i telefoni e i cellulari disponibili sparsi su quel tavolo di vetro. Si concedeva solo di bere caffè e non mangiava nulla.
Dopo due giorni senza il suo bambino, l'aspetto della donna sembrava quello di un fantasma.
La signora Ji rispose.
-Taehyung...- disse con la voce strozzata. Non era lui ovviamente.
Il suo viso si rabbuiò.
Youn si precipitò nella stanza.
-Mamma...-
-È per te...- disse la donna delusa.
Normalmente Youn aveva smesso di rispondere al suo stesso cellulare, ma non poteva rifiutare il telefono che la madre le porgeva.
-Pronto.-
-Youn? Youn! Sono Jackson.-
Lei trattenne il fiato. Non aveva voglia di sentirlo ma si sforzò di non attaccare.
-So che non vuoi parlare, ma devo parlarti. È importante. Penso che tu debba sapere quello che ho da dirti, posso venire da te?-
-Jackson ...io... non so... davvero...-
-Fidati di me Youn. Chiudi gli occhi e fidati solo di me, capito? Io sono dalla tua parte.-
Taeyoun si sentiva ancora più debole di quanto già non fosse.
-Va bene... quando... quando arrivi?-
-Sono già sotto. Aprimi.-

L'unica stanza in cui si sentiva a suo agio era la camera da letto. Taeyoun si sedeva sul letto del fratello e abbracciava il suo peluche preferito, un rinoceronte azzurrino come il cielo pallido di Seoul. Lì si sentiva come se lui fosse in casa dietro di lei pronto a farle qualche scherzo.
Jackson invece sì era seduto di fronte a lei sul letto della ragazza e si guardava intorno spaesato.
Sembrava proprio più la camera di Taehyung che di una ragazza di 19 anni. Tranne che per i libri. Spesse enciclopedie e libri di narrativa ricoprivano una parete. La stanza era piena di oggetti diversi, giocattoli sparsi per terra per lo più, ma anche quaderni, matite e pennarelli senza il tappo. Nulla aveva un ordine preciso e anche i letti erano un po' disfatti.
La ragazza chiese a Jackson di dirle quello che doveva.
Il ragazzo si schiarì la voce.
-Prima di tutto, lo scontrino che abbiamo trovato era di un negozio di animali, specializzato in gabbie per volatili. Ieri invece siamo andati in quel posto....Volevamo andarci con te, ma dopo quel che è successo è meglio se resti a casa. Jb ed io siamo andati nell'indirizzo indicato nei fogli che avevamo trovato... forse un po' mi aspettavo di trovare quel che, effettivamente, abbiamo visto.
Jb ha quasi rischiato di farsi scoprire. Ha scattato delle foto con il cellulare.-
Porse quindi il telefono a Taeyoun.
Sembrava un seminterrato, a giudicare dalle finestre piccole e poste in alto. Lampadari che emettevano una luce verdastra è innaturale decoravano la stanza, mentre al centro erano posizionati tavoli rotondi da gioco.
-Gioco d'azzardo.- lo disse con disprezzo.
-Mi sembra di essere in uno stupido film anni 60.- disse con rabbia.
-Non solo.- ammise lui.
Taeyoun cominció a scorrere le foto.
Le tavolate di gioco d'azzardo erano solo una facciata.
Non sapeva come i due ragazzi ci fossero riusciti, ma dalle foto poteva capire chiaramente che in quell'ambiente giravano traffici di prostitute.
-Non posso crederci... Bongsoo...-
In una foto si vedeva il suo patrigno con uno sguardo preoccupato. Guardava impaziente un uomo seduto ad uno dei tavoli da gioco.
-Pensiamo c'entri la mafia coreana.- commentó il ragazzo.
-Bongsoo... con la Gangpeh?-
Youn scosse la testa. Non poteva crederci nemmeno se lo avesse visto dal vivo.
-Non possiamo farle vedere alla polizia... sai come funziona. Se c'è di mezzo la Gangpeh probabilmente verranno insabbiate le prove. La mafia coreana viene sempre lasciata stare. E poi teoricamente nessuno deve sapere che ci trovavamo lì.-
La ragazza fece scivolare il telefono sul letto, non voleva più guardarlo.
-Tae...Taehyung... tre giorni fa mi aveva chiesto di giocare con lui, ho sempre giocato con lui dopo la scuola. Ho sempre voluto vederlo ridere mentre giocavamo. Ma quel giorno... gli ho detto che non potevo perché dovevo andare da te...-
Disse stringendosi al peluche.
-E il giorno dopo... lui... il mio fratellino...-
Trattenere le lacrime la faceva tremare tutta.
Jackson in quel momento si alzò. Youn non se ne accorse nemmeno. Andó accanto a lei, le mise una mano sulla spalla.
-Se ti senti in colpa per non aver giocato con lui, non pensarci nemmeno. Tu sei sua sorella e lui non proverà mai rancore per te. Tu lo ritroverai. Ma troverai la forza per farlo solo se adesso tu piangi.-
Taeyoun non si aspettava quelle parole. Solo se adesso tu piangi.
Piangi. Quella parola si conficcò nel cuore di Youn come una scheggia di vetro.
Finché il sangue che ne scaturiva non divenne lacrime. E pianse.
Pianse fiumi di lacrime tra le braccia di Jackson.
Con lui vicino poteva finalmente piangere e smettere di trattenersi.

MUL [Jackson Wang]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora