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Youn aprì gli occhi. Non c'era una sola parte del suo corpo che non le faceva male. Si sentiva come se avesse dormito per tanto tanto tempo, come se fosse stata catapultata in una realtà tutta nuova ed estranea.
Non sapeva nemmeno lei come aveva fatto a sopravvivere, l'ultima cosa che ricordava era fuoco e fumo che la soffocava, l'oscurità che incombeva su di lei minacciosa e il rumore di passi che venivano verso di lei.
Cercò di mettersi seduta, adesso non era più sdraiata sull'asfalto, anzi era in un letto, candido e pulito, posizionato sotto una finestra.
La luce chiara e rinfrescante del giorno era offuscata da una tenda di cotone leggerio, ricamata al fondo con un motivo floreale.
Youn si tastò la fronte, era fasciata da alcuni pezzi di garza, il dolore non era più così forte da stordirla, ma pareva solo il dolore di un piccolo livido.
'Dove sono?' Si chiese guardandosi intorno.
Era una stanza così semplice, eppure per Youn sembrava familiare e accogliente.
'Il punto di inizio', ma definì, perché era così bianca che sembrava un foglio bianco non ancora scritto dalla storia che doveva ancora iniziare.
La porta della stanza si aprì ed entro un'anziana.
-Oh! Ti sei svegliata!- disse la signora, sorpresa.
-Mi scusi. Dove sono? Sono forse in una clinica?- chiese la ragazza. Si meravigliò di sentire la sua stessa voce dopo così tanto tempo.
L'anziana donna si avvicinò un poco, reggendo un vassoio con bende pulite e disinfettante.
-No, sei a casa nostra.- la donna si sedette su uno sgabello accanto al letto.
-Hai dormito per tre giorni, dopo averti medicata di preparo qualcosa da mangiare va bene?-
-La ringrazio, ma credo che dovrei tornare a casa mia.- disse Youn.
'Tre giorni? La mamma starà sicuramente impazzendo!'
-Ma tu sei a casa.-
-Non è casa mia questa...- insistette Youn.
-Tesoro con chi parli?- parlò una voce che proveniva dal di fuori della stanza.
Entrò un anziano, dell'età della signora entrata in precedenza.
L'aveva appena chiamata tesoro anche se sembrava un uomo freddo e fiero, con una faccia squadrata e la schiena dritta.
Quella figura austera un po' intimidiva Youn.
-Ti sei svegliata.- disse l'uomo.
Entrambi i signori le parlavano come se la conoscessero da sempre. Certo si erano presi cura di lei per tre giorni e forse si erano affezionati.
-Caro, perché non cambi tu le bende a Taeyoun mentre io le preparo della zuppa?- propose la donna lasciando il posto al marito.
Quando la donna se ne fu andata l'uomo si sedette incerto vicino a Youn.
-Taeyoun.- la chiamò.
-É il mio nome... come fa a saperlo?-
-Come potrei non sapere il nome della mia nipotina?- chiese l'uomo.
-Nipotina?-
-Sì, so che sei sconvolta, ma noi siamo i tuoi nonni paterni.- 
Youn aveva avuto un solo nonno materno, che ora vive son Cina. Era un uomo buono, ma purtroppo affetto da una malattia che non gli permetteva di camminare. L'aveva sempre trattata con gentilezza e l'aveva viziata con caramelle e libri da leggere. Taeyoun si era sempre chiesta della sua famiglia paterna, se aveva dei nonni, se sapevano della sua esistenza e se pensavano a lei.
-Tua madre si chiama Mei, e tu sei cresciuta ad Hong Kong.- continuò il vecchietto. Le descrisse un sacco di avvenimenti che solo un membro della famiglia poteva sapere. E Taeyoun si rese conto, anche se con fatica, che quei due vecchietti potevano sul serio essere i suoi nonni paterni.
-Tuo padre. Non ti ha mai perso d'occhio, ha sempre vegliato su di te.-
Era lui. Taeyoun ricordò quando l'ombrello le era scivolato dalle mani e un uomo era stato lá pronto a ripararla. E capì. Aveva cercato per anni la figura di un bambino che l'aveva salvata da un malintenzionato, quando in realtà dentro di sé, ciò di cui aveva bisogno era la presenza di un padre, capace di proteggerla.

Nella casa di Jiho fluttuava il profumo di sua madre. Limone e bucato pulito.
'Quel bastardo' aveva pensato il ragazzo tastandosi la testa sanguinante.
Lo aveva colpito molto forte sulla nuca, fino a farlo svenire sul pavimento del bagno.
Quando ripensò alla madre le lacrime cominciarono ad uscire e non si fermarono più, nemmeno quando arrivarono la polizia e l'ambulanza.
Jiho si era svegliato sul letto dell'ospedale più vicino di Seoul e aveva sostenuto una conversazione con la polizia.
-Tuo padre è stato incarcerato per corruzione alcune settimane fa.- spiegò un agente.
Jiho era sconvolto.
Ovviamente fu interrogato a lungo, e dovette spiegare il modo in cui era stato coinvolto da Bongsoo nel rapimento di Taehyung.
Tutto era incominciato quando a causa di un equivoco, Bongsoo aveva cominciato a ricattare Jiho, chiedendogli favori sempre più incresciosi. Era diventato il messaggero che portava notizie di Bongsoo al Mae o ad altre bande criminali. Quando Jiho aveva scoperto fortuitamente che Chungsin era la figlia biologica di Bongsoo, l'uomo  minacciò di ucciderlo e di incastrare suo padre. Così Jiho era stato allontanato da Seoul.
'Quando tornerà tutto come prima, spiegherò tutto questo a Youn e forse mi perdonerà...' pensò.

Jackson si trovava sul terrazzo della casa discografica.
-Ehi.- lo salutò una voce.
-Mark? Sei venuto a farmi una ramanzina? O a darmi qualche lezione di vita?- chiese sarcastico.
Il ragazzo fece una smorfia.
-No. Rimproverarti sarà compito di Jb. Sai ultimamente, ci manca un po' il vecchio Jackson. -
-Quello stupido, che fa cose stupide per far ridere tutti?- Sbuffò Jackson.
-Quello sempre allegro che mette di buon umore tutti e che incoraggia gli altri.- spiegò Mark.
Aveva sempre ammirato l'amico per la sua natura spontanea, Jackson riusciva ad essere se stesso, mentre Mark, aveva sempre l'impressione di essere nel posto sbagliato, quindi preferiva stare zitto.
-Ho pensato, che il motivo del tuo cambiamento potesse essere Taeyoun.- propose Mark.
-Non credo. Forse...L'ho trattata male e temo che lei adesso mi odi. Ho esagerato... esagero sempre.-
Mark restò in silenzio per riflettere.
-Dovrei trattare gli amici con rispetto.- aggiunse.
-Sì, gli amici, ma pensi davvero che Taeyoun sia una tua amica?- chiese Mark.
Faceva freddo, e Mark si strinse nelle spalle, riparandosi metá della faccia sotto la sciarpa di lana.
-Si che lo è... non dovrebbe esserlo?-
-Dico solo.- fece Mark con calma, -che sei fin troppo preoccupato e pensieroso per essere solo una tua amica. Inoltre temo di sapere il motivo per il quale l'hai respinta.-
-Io non l'ho 'respinta'. E poi come fai a sapere...-
-Jb, chiacchiera molto. Jackson andiamo!-
Mark gli sorrise.
-Stavo anche cominciando ad irritarmi vedendo come sei diventato freddo e arrabbiato solo perché hai litigato con lei!-
-Non parlarmi così.- protestó Jackson mettendo il broncio.
I due amici si misero a ridere.
-Cerca di mettere in ordine i tuoi sentimenti.- dichiarò Mark e se ne andò.
-S-Sen...senticosa?-
Jackson non osava nemmeno pronunciare la parola. Ma comunque non sarebbe più andato a disturbare Youn. Sarebbe stato meglio così.

Taeyoun uscì all'aria aperta. Sua mamma e Taehyung l'avevano raggiunta immediatamente, dopo aver saputo dell'incidente. Per poco mamma non si era presa un infarto.
Dopo una settimana a casa dei nonni paterni finalmente stava passeggiando nel giardino della villetta a schiera, quando finalmente lo vide.
Un uomo, con un largo cappello nero. Non indossava il solito giaccone nero, ma era vestito formalmente. Sembrava un uomo d'affari e non più un tizio losco appoggiato al palo della luce.
Aveva il colletto della camicia chiuso, ma da esso si intravedeva una lunga cicatrice sulla gola.
-Taeyoun.- pronunciò solo il suo nome e Youn era già in lacrime.
'Questo é il viso di mio padre,
Questa è la voce di mio padre,
Quelle sono le sue mani che non mi hanno mai dato carezze e quelle le sue ginocchia sopra le quali non sono mai stata seduta.
Ma questo è mio padre.' Pensò Youn.

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Beh ormai manca veramente pochissimo alla fine!!! Al prossimo capitolo !!! ♥️♥️

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MUL [Jackson Wang]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora