Quando Alexia era tornata a casa alla fine della festa di apertura della Syco, la piccola abitazione era decisamente silenziosa e buia. Né suo padre né suo fratello stavano lì ad aspettarla. Il che era strano. Per di più era venerdì sera e i suoi fratelli non avevano scuola il giorno dopo. Salì al piano di sopra e dopo essersi struccata e aver indossato qualcosa di comodo, si diresse verso la camera di Elaja. Aprì la porta piano e trovò tutto al buio, così la richiuse e tentò con Kara. Sua sorella era sveglia e stava leggendo un libro distesa sul letto.
«Hey.» la salutò Alexia con un piccolo sorriso.
«Com'è andata la festa?»
Alexia si sedette sul letto, dopo che la diciassettenne aveva poggiato il libro sul comodino e le aveva fatto un po' di spazio.
«Molto noiosa.»
«Non ci credo.» borbottò Kara, sollevando gli occhi al cielo.
«A parte Niall Horan ubriaco che stava per cadere dal palco durante il suo discorso. Ottimo inizio per lui, devo dire.»
Kara si portò una mano sulla bocca, cercando di non ridere.
«Papà ed Elaja stanno già dormendo?» chiese poi la rossa.
Kara abbassò lo sguardo e annuì. Soltanto dagli occhi della sorella capì che qualcosa non andava. «Cos'è successo?»
L'altra esitò.
«Kara, dimmelo.»
La ragazza più piccola sospirò. «Subito dopo che sei andata via, Elaja è uscito di casa. Ha detto che sarebbe mancato poco, doveva solo incontrare Phil.»
«È andato di nuovo giù ai Go Kart?» chiese immediatamente Alexia, con la preoccupazione nella voce.
Kara annuì. «Ha sforato l'ora di cena ed è tornato di nuovo un po' ammaccato. Lui e papà hanno litigato pesantemente.»
«Merda.» Alexia si alzò e senza aggiungere altro uscì dalla stanza, per raggiungere quella di suo fratello. Accese la luce senza alcuno scrupolo, rivelando la figura di Elaja che fino a qualche attimo prima dormiva. Adesso aveva una mano sugli occhi e si lamentava per la luce improvvisa.
«Dimmi perché.» Alexia raggiunse il letto e gli tolse le coperte di dosso. Gli afferrò il viso con una mano e osservò il livido già scuro sullo zigomo.
Elaja si lamentava e cercava di allontanarsi dalla sorella. «Cos'altro ti fa male? Cosa ti sei fatto sta volta?»
«Lasciami stare.» si lagnò il ragazzo, tirandosi a sedere contro la testata del letto. Gemette quando il suo braccio colpì involontariamente il legno duro.
Alexia sospirò. «Quante volte te lo devo dire di non salire su quei cosi? È pericoloso e ne sei la dimostrazione, dato che torni sempre con nuovi mali fisici! Vuoi farci morire di infarto?» adesso stava praticamente urlando.
«Solo perché Jace è uno stronzo! Mi sfida e poi mi punta cercando di mandarmi fuori strada e oggi ha colpito volontariamente la mia macchina solo perché stavo davanti a lui. Ho sbattuto sul volante, ma...»
«E tu non puoi rifiutare una stupida sfida? Elaja, per l'amor di dio! Dovresti stare lontano da quel ragazzino.»
«Potresti smetterla di urlare? Ho capito. Papà mi ha fatto una testa enorme prima.» disse a voce bassa. «Mi dispiace, va bene?» terminò poi, con voce tremante e gli occhi bassi.
Alexia guardò suo fratello e le si sciolse il cuore. Si sedette accanto a lui e lo circondò con le braccia, attirandolo a sé. Elaja affondò subito il viso nel suo collo.
Lei iniziò ad accarezzargli i capelli. «Non voglio che ti succeda nulla, piccolo. Soprattutto non ora, a breve starò lontana e voglio che farai il bravo.»
Elaja annuì contro la sua pelle, crogiolandosi delle carezze di Alexia, che dopo qualche minuto di silenzio, disse: «Hai vinto almeno?»
Ed Elaja si mise a ridere. «Certo, come sempre.»La prima cosa che Niall fece quando si svegliò il giorno dopo la festa, fu vomitare anche l'anima nel bagno della sua camera. Aveva un mal di testa da far paura e la luce lo infastidiva. Un post sbornia con i fiocchi. La sera prima aveva decisamente esagerato. Non ricordava praticamente nulla, eccetto sprazzi del suo inutile discorso verso la fine della serata, in cui diceva di amare tutti e che quell'anno avrebbe vinto il campionato come l'anno precedente proprio in onore di tutti i presenti. Si chiese perché nessuno glielo avesse impedito.
Quando finalmente si alzò dal pavimento, si lavò i denti e tornò in camera, solo per morire di paura. Harry e Louis erano seduti sul suo letto, poggiati alla testata del letto e lo fissavano. «Buongiorno, tigre.» lo prese in giro Louis.
«Potevate almeno venirmi a tenere i capelli.» borbottò irritato Niall, guardandosi intorno. Fece una smorfia. La sua camera era un disastro e quella visione, per lui che era un maniaco dell'ordine, era alquanto orribile.
«Se avessi avuto i capelli lunghi, magari.» si giustificò Harry.
«E la puzza di vomito arrivava fino a qui e non era affatto invitante. Che ti serva da lezione. La prossima volta ci penserai due volte prima di bere in quel modo.» aggiunse Louis.
«Chi sei tu? Mia madre?» lo derise il biondo, raccogliendo tutti i vestiti che il giorno prima aveva lanciato per terra. In realtà non sapeva neanche se si fosse spogliato da solo o se lo avessero aiutato, come fosse tornato a casa e con chi. Ringraziò il fatto che la sua auto era rimasta nel garage, altrimenti Liam o Louis avrebbero dovuto guidarla al suo posto. O peggio ancora, sarebbe dovuta rimanere lì in quel parcheggio per tutta la notte.
I due rimasero in silenzio e Niall uscì dalla stanza borbottando: «Ho bisogno di un'aspirina.»
Strada facendo, abbandonò i vestiti nel cesto dei panni sporchi e raggiunse la cucina, dove raccattò qualcosa per fare colazione. Louis si sedette sullo sgabello dell'isola davanti a lui, mentre Harry preparava il caffè.
«Avete dormito qui?» chiese Niall, cercando finalmente delle spiegazioni.
Louis annuì. «Abbiamo spedito Liam al suo appartamento e abbiamo riportato nostro figlio a casa assicurandoci che non dormisse in giardino e si congelasse il culo, o qualcosa di peggio.» con quella frase Louis rispose quasi alla domanda di Niall di poco prima, quando lo aveva paragonato a sua madre.
«Ci hai perfino chiesto di dormire nel letto con te ieri notte.» quella frase detta da Harry mentre dava loro le spalle, intento a lottare con la macchinetta del caffè, lasciò un dubbio nella mente del pilota, che con gli occhi bassi borbottò: «Non è vero», pensando che il riccio lo stesse prendendo in giro, ma in realtà non poteva neanche esserne sicuro. Conosceva Harry da tutta una vita e ancora non capiva quando scherzasse o meno, perché usava sempre lo stesso tono e gli stessi sorrisi per tutto. O quasi.
Louis scoppiò a ridere. «Andiamo, Niall. Datti una mossa. Abbiamo un impegno.»
«Che impegno?» chiese il biondo, con il cervello ancora un po' annebbiato.
«Come fai a scordarti una cosa così importante?» chiese Harry, mettendogli una mano sulla testa e piazzandogli una tazza di caffè davanti, insieme ad un'aspirina. Niall non lo ringraziò nemmeno.
«Liam è già al quartier generale più o meno da quando è sorto il sole.» ironizzò il più grande dei tre e Niall finalmente collegò. Quartier generale era il loro modo di definire la sede principale della Syco, lo stabilimento più importante, all'interno della quale Jane era lì ad aspettarlo.
Gli occhi del pilota si illuminarono e iniziò a mangiare più in fretta.
«Basta che non ti strozzi, Niall. Jane non va da nessuna parte.» disse Harry, ma Niall non ne era poi così sicuro.
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Ad Alta Velocità ||Niall Horan||
FanfictionAlexia Valery lavora come modella dall'età di sedici anni. È abituata a quella vita da riflettori, nonostante dietro il suo lavoro si nasconda una vita privata molto tranquilla, dove il centro del suo mondo resta la famiglia: suo fratello, sua sorel...