15) Budapest

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Niall si sentiva tremendamente stanco, nonostante fosse la prima volta dopo tanto tempo che riusciva a dormire così profondamente. Si era svegliato da solo, con la sua mano che stringeva il lenzuolo. Non sapeva quando Harry fosse andato via quella notte. Di una cosa era sicuro, però: non aveva la minima voglia di alzarsi. La luce filtrava dalla finestra come tutte le volte. Era una sua abitudine da quando era bambino quella di lasciare le tapparelle aperte e che la luce illuminasse la stanza anche se lui dormiva. Il buio completo gli metteva ansia e dato che era capace di dormire per giornate intere non sopportava quel senso di stordimento e confusione quando non riusciva a capire se fosse già giorno o ancora notte. Voltò la testa verso il comodino. La sveglia digitale indicava le tredici e ventisette. Era ancora in tempo per pranzare, ma non ne aveva la minima voglia. Non si sarebbe alzato, quello era il programma. Ma poi la porta della sua camera si era aperta.
«Buongiorno, raggio di sole.» la voce di Harry era fin troppo pimpante.
«Il sole sarei io?» la sua voce era rauca e impastata ancora dal sonno. Si prese le coperte e se le portò fin sopra la testa.
Harry non si lasciò intimorire da quel comportamento del pilota. Afferrò le coperte e le tirò via, facendo lamentare il biondo.
«Sì, sei tu.» rispose, baciandogli la testa e poi la guancia.
«Bleah, togliti.»
In risposta sentì il braccio di Harry intorno al suo collo e le labbra dell'altro che gli tappezzavano il viso.
«Harry, dio mio!» tutto quel dimostrare affetto di Harry era in completo contrasto con i modi di fare di Niall.
«Come stai, dolce cuore mio?»
«Ma chi sei, mia madre?»
«Qualcosa del genere. Dimmi come stai.»
«Bene.»
Harry si allontanò un po', lo afferrò per le guance e disse: «Guardami! Come stai?»
Gli occhi di Niall erano spalancati, stupito dal suo amico. «Sto bene!» esclamò con sincerità.
Harry annuì, abbastanza convinto. «Benissimo, allora alzati e vai a pranzare.»
«Nooo!» Niall gli diede le spalle, girandosi sul fianco.
«Ecco, io lo sapevo! Allora non stai bene.»
Aveva pur sempre avuto un crollo mentale la sera prima, ma ogni volta che succedeva, per Niall era facile riprendersi. Anzi, dopo essersi sfogato si sentiva decisamente meglio, pronto per ricominciare con la sua barriera tirata su, ancor più di prima.
«Ma sto bene. Voglio solo dormire tutto il giorno e domani starò da dio... Che stai facendo?» chiese poi, guardando da sopra le coperte il suo amico, che era tutto intento a sistemare la roba di Niall nelle valigie. «Abbiamo deciso di partire direttamente stasera per Budapest.»
«Perché stasera?»
«Perché questa città fa schifo.»
E Niall annuì, alzandosi finalmente dal letto. Non poteva mica dargli torto.

«È già partita?» ripeté Niall incredulo, caricando le borse nel taxi che li avrebbe portati in aeroporto.
«Zayn le ha offerto una piccola fuga.» rispose Cheryl, ridacchiando.
«Zayn le ha offerto...» Niall ripeté come se avesse sentito male. «Ma che diavolo! Lei sta lavorando. Che modi sono? Se ne va così?»
Cheryl lo fulminò con lo sguardo. «Noi lavoriamo solo il sabato e la domenica. Poi se volessimo tornare a casa, potremmo farlo senza problemi.»
«Ma il contratto...»
«Il contratto non ci obbliga in nulla da questo punto di vista. E al posto di lamentarti, Niall, tu avresti dovuto pensarci prima.»
Niall, che aveva già aperto la bocca per ribattere, una volta sentita quell'ultima frase, la richiuse di colpo. Non potevano insinuare quelle cose senza neanche sapere! Va bene Harry, ma lei non si doveva permettere! Scosse appena la testa ed entrò nel taxi, sbattendo la portiera più forte del necessario.
Alexia se ne era andata? Meglio così! Niall avrebbe avuto un pensiero in meno, non si sarebbe dovuto sforzare di ignorarla e sarebbe stato tutto più tranquillo.

«Abbiamo avuto dei disguidi sia l'anno scorso che due anni fa. Siamo sempre stati in competizione, ecco. Ma nulla di veramente serio fuori dalla pista, in realtà.» stava spiegando Zayn, mentre continuava ad accarezzare la mano di Alexia con la punta delle dita. Stavano seduti in una piccola tavola calda appartata di Budapest. Avevano già ordinato e aspettavano solo che li servissero.
«Non sei un tipo che porta rogne. Al contrario di Niall.»
Zayn rise. «Già, su questo hai ragione.»
Alexia non voleva ammettere che ogni loro argomento di conversazione derivava da Niall.
«L'anno scorso non ricordo che abbiate avuto scene di scontro eclatante, però.»
Zayn annuì. «L'anno scorso Horan era definito l'irraggiungibile. Si parlava di lui e di lui soltanto, non importava degli altri anche se erano correlati a lui. Quest'anno sembra che le cose siano diverse, visto che non sta facendo un'annata assolutamente perfetta come quella dell'anno scorso.»
«Sì, era sempre sul podio in effetti. Mio fratello ne è innamorato infatti, soprattutto per questo motivo.»
Zayn annuì a malincuore. «Ma guarda adesso, nell'ultima è arrivato addirittura settimo.»
Alexia fece una smorfia, perché si era sentita così male quando Niall era arrivato alla fine della gara in quella posizione, nonostante fosse contenta per Zayn.
«Gli sta bene, almeno ogni tanto capisce anche lui che cosa si sente e fa meno lo sbruffone.»
Ciò che provò per Zayn in quel momento erano le cose più sbagliate che potesse provare: fastidio e antipatia.
Quando in realtà sarebbe dovuta essere dalla parte del moro e avrebbe dovuto provare altri sentimenti a causa del modo in cui la trattava sempre quello stronzo di Niall.
In quel momento, una cameriera mise loro davanti i pancake che avevano ordinato e i loro caffè. Alexia la ringraziò appena, Zayn la ignorò e tornò a parlare, subito dopo che la cameriera se ne fu andata: «Soprattutto dopo che stava per colpirmi prima della gara.»
Quella frase buttata lì in modo quasi casuale, ma in realtà per nulla casuale, fece spalancare gli occhi della rossa. «Che stai dicendo?»
Zayn annuì. «Probabilmente era solo nervoso per la città in cui stavamo, visti gli eventi dell'anno scorso. Ma il suo amico lo ha fermato in tempo, non preoccuparti. Sai che caos sarebbe esploso... e se devo essere sincero, credo che in parte fosse pure per te.»
Alexia era sempre più confusa. «Per me?»
«Sì, era palese che lo infastidisse il fatto che io gli abbia rubato qualcosa che ritiene suo.»
Alexia non poté che ribollire nel sentire quella frase. «Io non sono sua. Non sono di nessuno. Diavolo, non sono un oggetto!»
Zayn le fece un piccolo sorriso comprensivo, poi abbassò lo sguardo prima di chiedere in modo innocente: «Che rapporto avete tu e Niall?»
«Non abbiamo nessun rapporto. Niall è Niall, punto.» Vero. O forse sbagliato? Che rapporto avevano? Erano amici? Forse no. Erano semplicemente datore di lavoro e dipendente, se così potevano definirsi. «Sì, sei totalmente dipendente da lui ormai, visto che ti riempie la testa continuamente.» la sbeffeggiò una vocina nella sua testa.
«Cos'altro ti ha detto?» chiese, mentre la rabbia era rimasta ormai l'unico sentimento che provava. Se Niall voleva stare fuori dalla sua vita come sembrava aver fatto ultimamente, che almeno lo facesse bene.
«Che probabilmente mi consideri solo un giocattolino di cui ti stancherai e che presto butterai per trovarne un altro.»
E quella fu effettivamente la goccia che fece traboccare il vaso.

Ad Alta Velocità ||Niall Horan||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora